(Adnkronos) – C’erano talmente tante persone stipate nella stiva della imbarcazione partita dalla Turchia e poi naufragata davanti alle coste di Crotone, almeno 150 migranti, che due scafisti “che gestivano la folla” di migranti “ci facevano salire per respirare per poi farci scendere sotto la barca”. A raccontarlo agli investigatori, come risulta sui verbali del provvedimento di fermo visionato dall’Adnkronos, è uno dei superstiti ascoltato ieri nel Cara di Capo Rizzuto, dove sono ospitati i sopravvissuti al naufragio di domenica mattina. L’uomo ha riferito quanto accaduto agli inquirenti che indagano sulla tragedia costata la vita a 64 persone, con decine di dispersi. Sono tre gli scafisti arrestati.
L’uomo fa anche una descrizione di uno degli scafisti arrestati e tradotti ieri in carcere: “Era un turco che aveva un tatuaggio sullo zigomo destra”, “non guidava ma dava ordini agli altri componenti dell’equipaggio. Lui era sempre seduto”. “Poi c’erano due pakistani, uno che era quello che ha gestito lo spostamento da Izmir alla prima barca”, dice il superstite sentito dalla Polizia giudiziaria.
“DOPO PARTENZA BARCA HA AVUTO UN’AVARIA AL MOTORE, IL CAPO ERA UN TURCO TATUATO”
Un altro superstite racconta: “Ho lasciato la Siria nel 2015 per raggiungere la Turchia dive ho vissuto per otto anni. Ho vissuto in una città della Turchia lavorando come pavimentista e muratore. Dopo tanti tentativi andati a vuoto per arrivare in Italia in cui sono stato arrestato, in questa ultima occasione, tramite Facebook ho contattato tale Abo Naser, palestinese conosciuto tramite un amico il quale ha organizzato questo viaggio”. “La partenza era da Izmir – racconta ancora come si legge nei verbali visionati dall’Adnkronos – Per arrivare a Izmir mi trovavo in una casa a Istanbul dove io e altri siamo stati nascosti per una notte. Arrivato di notte a Izmir su un camion con altre 130 persone, ho incontrato un pakistano che poi si è imbarcato sino all’arrivo in Italia. Questa persona mi è rimasta impressa perché ha sorpreso mio nipote filmare con il cellulare e lo ha rimproverato, al punto che io ho litigato con lui”.
“Da qui ci siamo incamminati per circa tre ore in un bosco sino ad arrivare presso una spiaggia. Ci hanno raccolto tutti in un punto ed abbiamo aspettato un po’ fino a quando qualcuno ha fatto arrivare la barca con un segnale luminoso. E’ arrivata una prima imbarcazione e siamo stati fatto salire. Iniziato il viaggio, dopo alcune ore la barca ha avuto una avaria ed il personale e l’equipaggio ha fatto arrivare una seconda imbarcazione sulla quale siamo stati fatti salire”. La seconda imbarcazione “è arrivata con quattro persone a bordo”. “La seconda imbarcazione era guidata da un turco e da un siriano. Ricordo che il siriano era di corporatura robusta ed era anche un meccanico. Poi c’era anche un altro turco che aveva un tatuaggio sullo zigomo destra che non guidava ma dava ordini a tutta l’imbarcazione. Mi è sembrato una sorta di capo perché dava gli ordini agli altri. Poi c’erano due pakistani”.
“LA BARCA SI È SPEZZATA, GLI SCAFISTI SONO SCAPPATI SU UN GOMMONE”
“Circa quattro ore prima dell’urto della barca è sceso nella stiva uno dei due pakistani e ci ha detto che dopo tre ore saremmo arrivati a destinazione. Lui si è ripresentato un’ora prima dello schianto dicendoci di prendere i bagagli e prepararci a scendere che eravamo quasi arrivati. All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato”. “La gente nella stiva iniziava a soffocare e a salire su – racconta ancora un altro superstite nei verbali visionati dall’Adnkronos- Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito senza più riscendere sotto c’erano circa 120 persone tra donne e bambini”.
A quel punto, gli investigatori gli chiedono cosa hanno fatto gli scafisti. Ecco la risposta: “Ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato di mettere in salvo mio nipote”.