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Mulcair non convince:
scatto Trudeau

IL PUNTO di Vittorio Giordano

mulcair-trudeau--2015

Harper incassa ma non arretra, Duceppe ‘morde’, Mulcair perde quota e Trudeau viaggia col vento in poppa: questo lo scenario – ancora ‘cangiante’, ma forse prossimo a cristallizzarsi – all’indomani dell’ultimo dibattito, che ha visto i leader dei principali partiti affrontarsi senza peli sulla lingua, a due settimane dalle elezioni federali (19 ottobre). Uno ‘status quo’ certificato anche dall’ultimo sondaggio realizzato da Nanos Research per CTV News e Globe and Mail, e pubblicato domenica scorsa, 48 ore dopo la disputa televisiva. Le intenzioni di voto confermano una tendenza che ormai dura da un paio di settimane: Liberali al 35,3%, Conservatori al 31%, Neodemocratici al 24,3%, Verdi e Bloc al 4,5%. Per quanto riguarda il Québec, l’NDP è sempre avanti, ma solo col 32,9% dei consensi (in precipitoso calo rispetto 50% di inizio settembre), mentre i Liberali inseguono al 27,3%, staccando i Conservatori (18,2%) e il Bloc quebecois (17,9%). Una considerazione su tutte: l’NDP è in caduta libera, soprattutto in Québec. Il ‘disinnamoramento’ della Belle Province nei confronti dei Neodemocratici è una realtà sotto gli occhi di tutti. Ma sarebbe semplicistico spiegarlo con la posizione (a dir poco temeraria) di Mulcair a favore dell’uso del niqab nei luoghi pubblici (come in occasione della cerimonia di giuramento per la cittadinanza). Un punto di vista azzardato che ha creato più di un mal di pancia tra i militanti e gli stessi candidati, ma che (da solo) non può giustificare la fine rovinosa della forza propulsiva di un partito fino a un mese fa sulla cresta dell’onda (anche in Ontario). Le ragioni della fine della ‘luna di miele’ con gli elettori, soprattutto quebecchesi (il cui consenso rappresenta la cartina di tornasole dello stato di salute del partito anche a livello federale), sono molto più profonde. Il Québec è da sempre una Provincia “recalcitrante” nel contesto canadese (di stampo britannico). Tre gli indizi che fanno una prova: la lingua e cultura francese, la spinta secessionista (per ora sopita) e l’inclinazione politica a sinistra. Per questo motivo, il Québec ha sempre cercato di fare quadrato nei rapporti con Ottawa: ecco spiegato perché alle elezioni del 2011, passato di moda il Bloc e la sua chimera indipendentista (due i referendum respinti), i quebecchesi hanno deciso di schierarsi compatti dalla parte dell’NDP di Jack Layton, partito in grado di controbilanciare lo straportere conservatore. Una scelta strategica, netta e incondizionata, a favore di uno schieramento politico che fungeva da preciso ‘vettore identitario’. Oggi questo “patto” si è spezzato: l’onda arancione di 4 anni fa sta per frantumarsi in mille rivoli e affluenti. E, a guadagnarci, sono tutti gli altri partiti: il redivivo Bloc di Duceppe, così come lo stesso Harper, che in fin dei conti rappresenterebbe pur sempre una garanzia su sicurezza ed economia. Ma, a fare incetta di voti, sarebbe soprattutto Justin Trudeau (favorito dalla somiglianza dei programmi e dei due bacini elettorali): i quebecchesi lo percepiscono sempre meno come “figlio di papà” e sempre più come un leader coraggioso e originale. La sua freschezza giovanile, il suo linguaggio semplice e immediato, il piano fiscale che prevede la riduzione delle tasse per la classe media a svantaggio dei più ricchi (quel famoso 1% che guadagna più di 200 mila $), la riforma delle istituzioni con il voto obbligatorio e l’introduzione del proporzionale, il no all’acquisto dei caccia F-35, l’abrogazione della recente legge sulla cittadinanza e gli investimenti massicci nelle infrastrutture “finanziati” da 3 deficit di bilancio, hanno colpito nel segno. Si può discutere sul merito dei provvedimenti, ma nessuno può rimproverare Trudeau per carenza di contenuti. Anche se il PLC è il partito più ‘antico’ e quello che ha guidato il Paese più a lungo, Trudeau incarna quel cambiamento su cui l’NDP sembra essersi incartato e che può contendere seriamente il potere ad Harper. Una percezione che potrebbe portare i quebecchesi a sottoscrivere un nuovo “patto”. Questa volta con i Liberali.

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