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Ennio Barbuto 1975 - 2024
Morire di depressione: il caso di Ennio Barbuto

Morire di depressione: il caso di Ennio Barbuto

 

Lunedì 19 agosto, Ennio Barbuto non ce l’ha fatta: la depressione che lo affliggeva ha avuto la meglio, lasciando profondo dolore nella famiglia e nell’intera Comunità. Il punto sui disturbi della salute mentale e sui servizi

 

MONTRÉAL – Lunedì 19 agosto sembrava una tranquilla e normalissima giornata lavorativa fino a quando abbiamo ricevuto una chiamata scioccante: Ennio Barbuto è stato trovato morto a casa sua. Non ci potevamo credere. Una persona gentile, a modo, altruista e soprattutto ben voluta da tutti. Personalmente, ho avuto modo di conoscerlo lo scorso febbraio, quando mi ha raccontato con sentita partecipazione di suo padre, venuto a mancare l’anno prima, per ricordarlo in uno dei miei articoli. Da allora, si è instaurata una relazione di amicizia genuina e disinteressata, che mi ha permesso di conoscere meglio Ennio e anche la sua splendida famiglia. Non mi sarei mai immaginato che, a distanza di 7 mesi, avrei dovuto scrivere un altro pezzo per salutarlo.

 

Era una persona che conoscevano in molti nella Comunità italiana di Montréal e dintorni. Certamente la sua popolarità è stata favorita dal diffuso ricordo positivo del papà, del quale ha condiviso la passione per la musica. Ma Ennio aveva una propria caratterizzazione personale, un proprio modo di relazionarsi, che gli ha permesso di essere l’anima di numerose feste e di trasmettere spensieratezza e momenti felici alle persone che si ritrovavano a godere della sua compagnia. Non è stato, infatti, un caso se in numerosissimi hanno inviato messaggi di cordoglio e hanno partecipato commossi alle veglie e ai funerali, per manifestare la loro vicinanza affettiva ai familiari.

 

Ennio Barbuto e sua madre Dina Magaletto

 

Quello che molte persone non sapevano, però, è che Ennio soffriva di depressione ricorrente, un grave disturbo dell’umore. Ne era consapevole e, per questo, si rivolgeva ai servizi di salute mentale per le cure psicofarmacologiche, che, unitamente alla sua forza di volontà e alla sua resilienza, gli hanno consentito di rialzarsi, allorché “il male oscuro” lo affliggeva. A partire dalla fine di maggio, ha avuto una nuova crisi e la sua situazione si è molto aggravata. Ma lui ha continuato la sua personale battaglia, con la tenacia di sempre, rivolgendosi a diversi servizi specialistici senza ricevere – secondo quanto espresso dai familiari – l’adeguata attenzione clinica alla sintomatologia da lui riferita, con sottovalutazione e minimizzazione delle sue richieste d’aiuto. La sofferenza psichica acuta è terribile e subdola: Ennio ha messo fine alla sua esistenza a soli 49 anni, lasciando nello sconforto più totale la compagna Anna, i due figli Franco e Rosalia, la madre Dina, le due sorelle Elena e Silvia e il suo compagno Alberto.

 

Ma perché abbiamo deciso di scrivere questo articolo? Oltre a rendere omaggio ad un caro amico e grande sostenitore de Il Cittadino Canadese, vogliamo trarre spunto da questa tragedia, che ha sicuramente una sua dimensione privata, per porre una lente di ingrandimento su quella sociale in considerazione della sempre più allarmante rilevanza del fenomeno della depressione e, più in generale, dei disturbi mentali. Sono circa 300 milioni le persone colpite nel mondo, motivo per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica questo disturbo psichico come la prima causa di disabilità a livello globale e “malattia del secolo”. Sempre l’OMS configura il rischio di sviluppare un episodio depressivo nell’arco della vita di circa il 15% della popolazione mondiale e valuta, inoltre, che circa il 60% dei suicidi trovi la sua origine in un disturbo depressivo. L’OMS denuncia la carenza dei servizi di salute mentale in tutti i paesi del mondo, anche se non manca la sensibilità sul problema. Il The Canadian Journal of Psychiatry, nello scorso mese di maggio, ha pubblicato le linee guida cliniche aggiornate del Canadian Network for Mood and Anxety Treatments (CANMAT) sulla depressione. Il documento evidenzia l’importanza del coinvolgimento del paziente e dei familiari nelle decisioni di cura e di fornire approcci terapeutici personalizzati secondo le esigenze, le preferenze e la storia del trattamento della persona.

 

Purtroppo, persistono ancora diffusi pregiudizi sociali e stigma nei confronti delle persone affette da disturbi della salute mentale. Prevalgono di frequente atteggiamenti di chiusura ai rapporti sociali tendenti persino a considerare l’istituzionalizzazione quale soluzione del problema. Si tratta di una mentalità inaccettabile che rischia di rendere vani e inutili i progressi fatti finora. Questa situazione alimenta un senso di vergogna tra le persone che hanno all’interno del proprio nucleo familiare un malato mentale.

 

Continua a crescere la percentuale di canadesi che necessita di assistenza in materia di salute mentale (cfr Statistics Canada https://health-infobase.canada.ca/datalab/mental-illness-blog.html), a cui  il sistema pubblico non riesce a dare adeguate risposte in quanto sottofinanziato, con scarso personale e, a volte, pure inadeguato. Limitate anche le risorse finanziarie per la ricerca. Tra il 2015 e il 2019, i finanziamenti medi delle sovvenzioni individuali sono stati i più bassi tra i paesi sviluppati studiati dal rapporto internazionale 2020 intitolato The Inequities of Mental Health Research Funding. Il quadro non è sostanzialmente cambiato negli anni successivi più recenti, aggravandosi ulteriormente. 

 

“Ennio amava la sua vita, la famiglia e tutte le persone che gli volevano bene. Non avrebbe mai compiuto un gesto del genere. È stata la malattia ad ucciderlo!”.  Così si è espressa Dina Magaletto, la mamma, addolorata per la morte prematura del figlio. “Più volte Ennio, recentemente, ha chiesto aiuto, andando in diversi ospedali psichiatrici, ma è stato soltanto imbottito di pillole e sballottato da un istituto ad un altro. Nessuna di queste istituzioni – ha aggiunto – si è presa la responsabilità di fare degli accertamenti più approfonditi. Piuttosto sono stati sminuiti i suoi sintomi e il fatto che avesse già tentato il suicidio”. Ha anche sottolineato “la difficoltà di poter parlare con uno psichiatra” e come “in più occasioni è stato perfino maltrattato e deriso dal personale ospedaliero”. Dina ha concluso il suo sfogo dicendo che “Ennio, consapevole del suo problema, ha chiesto un appoggio esterno, quello degli esperti, ma il sistema di salute mentale lo ha prima deluso e poi abbandonato”.

 

Ennio ha riempito i cuori di tanti e ha portato gioia in tutte le persone che lo hanno incontrato. Rimane forte nella Comunità il ricordo di questa bella persona.

 

Noi de Il Cittadino Canadese esprimiamo il più profondo cordoglio e la più sentita vicinanza ai familiari.

 

 

THE ENGLISH VERSION FOLLOWS BELOW

 

 

Dying of Depression: the case of Ennio Barbuto

 

On Monday, August 19, Ennio Barbuto passed away, succumbing to the depression that had afflicted him, leaving deep sorrow in his family and the entire community. Here is an update on his mental health struggles and the services available

 

MONTRÉAL – Monday, August 19… it seemed like a quiet and normal workday until we received a shocking call: Ennio Barbuto was found dead at his home. We couldn’t believe it. He was a kind, well-mannered, altruistic person, and, above all, well-liked by everyone. I had the opportunity to meet him last February, when he shared with heartfelt sympathy about the death of his father — who had passed away the year before — asking me to mention him in one of my articles. Since then, a genuine and selfless friendship developed, allowing me to get to know Ennio and his wonderful family better. I never imagined that, seven months later, I would be writing another article to say goodbye to him.

 

Ennio was a well-known figure in the Italian community of Montreal and its surroundings. His popularity was undoubtedly bolstered by the positive memory of his father, with whom he shared a passion for music. However, Ennio had his own unique qualities and a special way of relating to others, which made him the life of numerous parties and allowed him to create joyful moments for those around him. It was no coincidence that many friends sent messages of sorrow and attended his funeral to show their emotional support for his family.

 

What many people did not know, however, is that Ennio suffered from recurrent depression, a serious mood disorder. He was aware of his condition and regularly sought mental health services for psychopharmacological treatments, which, along with his willpower and resilience, enabled him to fight against the darkness when it overwhelmed him. Unfortunately, starting from the end of May, he experienced a new crisis, and his situation worsened significantly. Despite his ongoing struggle, he continued to seek help from various specialists but, according to his family, did not receive adequate clinical attention for the symptoms he reported, which led to further underestimation of his requests for help. Acute mental suffering is devastating and insidious: Ennio died at only 49 years old, leaving his partner Anna, his two children Franco and Rosalia, his mother Dina, his two sisters Elena and Silvia, and his partner Alberto in total despair.

 

Why did we decide to write this article? In addition to paying homage to a dear friend and great supporter of Il Cittadino Canadese, we want to use this tragedy — which certainly has a personal dimension — to highlight the urgent need for increased social awareness regarding the alarming prevalence of depression and, more broadly, mental disorders. Approximately 300 million people worldwide are affected, prompting the World Health Organization (WHO) to classify this mental disorder as the leading cause of disability globally, thus designating it the “disease of the century.” The WHO also states that about 15% of the world’s population will experience a depressive episode at some point in their lives, and estimates that approximately 60% of suicides stem from a depressive disorder. The WHO emphasizes the lack of mental health services across all countries, despite a growing awareness of this issue.

 

Last May, The Canadian Journal of Psychiatry published updated Clinical Guidelines on depression from the Canadian Network for Mood and Anxiety Treatments (CANMAT). The document underscores the importance of involving patients and their families in treatment decisions, promoting therapeutic approaches tailored to individual needs, preferences, and histories.

 

Unfortunately, widespread social prejudice and stigma against those with mental health disorders persist. Often, attitudes of isolation prevail, with institutionalization seen as a solution to the problem. This mentality is unacceptable and risks undermining the progress that has been made. Such circumstances increase feelings of shame among families with mentally ill members.

 

The percentage of Canadians requiring mental health care is constantly growing (see Statistics Canada: https://health-infobase.canada.ca/datalab/mental-illness-blog.html), but the public system struggles to provide adequate responses due to underfunding, understaffing, and sometimes inadequate services. Financial resources for research are also limited. Between 2015 and 2019, average individual grant funding was the lowest among the developed countries studied in the 2020 international report “The Inequities of Mental Health Research Funding.” The situation has not substantially improved, and has even worsened further.

 

“Ennio loved his life, his family, and all the people who loved him. He would never have done something like this. It was the disease that killed him!” This is what Dina Magaletto, his mother, said, grieving over her son’s premature death. “Ennio asked for help several times recently, going to various psychiatric hospitals, but he was merely prescribed pills and bounced from one institution to another. None of these facilities took the responsibility to conduct more in-depth assessments. His symptoms and previous suicide attempts were belittled.” She emphasized his difficulty in communicating with psychiatrists and how, on several occasions, he was even mistreated and mocked by hospital staff. Dina concluded her statement by saying that “Ennio, aware of his problem, sought external support from experts, but the mental health system first disappointed him and then abandoned him.”

 

Ennio filled the hearts of many and brought joy to everyone who met him. His memory remains strong within the community.

 

We at Il Cittadino Canadese express our deepest condolences and heartfelt support to his family.

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One thought on “Morire di depressione: il caso di Ennio Barbuto

  1. Abiamo conosciuto Franco Barbuto e per tanti anni veniva a casa per dari i corsi di guitara à nostro figlio Domenico…
    Franco era un specialista professore di guitare.
    Che Dio possa consolare il cuore della mamma…
    Noi abiamo perso nostro figlio di 45
    anni in California…
    Pultropo il vacino del covid ha ucisso nostro figlio…
    Ci marchera tutti i giorni della nostra vita….
    I nostri sincere condoleanze alla moglie …la mamma e tutta la famiglia…
    Preghiamo per il vostro dolore.
    Un abbraccio…

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