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Miele, Struffoli, Mostaccioli e Torrone: residui di antichi rituali

Le tradizioni natalizie italiane sono moltissime; ogni regione e persino ogni villaggio vanta le sue. Lunga sarebbe la lista di leccornìe regionali italiane tipiche. Perciò, volgarizzando, mi limiterò a citarne solo alcune tipiche, che hanno origini in tempi remoti, addirittura preromani. Il motivo del mio interesse verso alcuni particolari dolci regionali è dovuto alla loro origine simbolica poiché costituiscono tracce di antichi rituali, offerte propiziatorie e credenze religiose dei popoli italici. Un patrimonio culturale e religioso, particolare ad una società, anzi ad una civiltà, quella contadina. Vi è che la storia della nostra Penisola, sin dall’antichità più remota, è stata permeata da valori i cui simboli derivano da una civiltà agreste, georgica e bucolica.

 

Stando a queste considerazioni, è legittimo dedurre, in senso largo, che in genere i nostri dolci natalizi tradizionali, nella loro peculiarità, allorché esaltano l’ACINO, la FARINA, la FRUTTA e il MIELE, costituiscono i residui, oggi desacralizzati, di sacre celebrazioni, di offerte alle divinità tutelari del mondo antico precristiano. Iniziamo dal MIELE, elemento di base delle leccornìe antiche (lo zucchero non esisteva), considerato come un elemento sacro (l’ambrosia degli Dei) e detentore del potere di purificare e di conservare. Infatti, grazie al miele, molte cose si mantengono immuni da putrefazione (il corpo di Alessandro Magno fu immerso nel miele, al fine di poterlo riportare in Macedonia). Il nettare è dolce al palato ed è colto dai fiori dall’ape, animale anticamente simboleggiante la Sapienza divina. La leggenda racconta che uno sciame d’api depose un favo di miele sulle labbra del neonato Platone. Cosa simile accadde al piccolo Ambrogio ed alla piccola Rita da Cascia divenuti poi Santi. Anche Achille e Pitagora furono nutriti col miele ed ebbero il dono dell’eloquenza (melliflui). In Grecia le sacerdotesse che celebravano i misteri della Grande Madre erano chiamate Melissai (dalla dea Melissa per metà ape). Gli iniziati mitraici si purificavano le mani cospargendole di miele. Col miele veniva inoltre purificata anche la lingua da ogni falsità.

 

E arriviamo al secondo dolce: i famosi STRUFFOLI. L’origine degli struffoli, oggi celebre dolce natalizio napoletano, è antichissima. Era ed è costituito da palline sferiche di pasta fritta cosparsa di miele, antica imitazione delle palline dei fiori della mimosa e della loro quintessenza: il miele. Originariamente costituiva l’offerta annuale alla divinità primaverile, Flora-Aprilia. Per sincretismo religioso, il cristianesimo e il folclore ne ha fatto un dolce natalizio. Forse la traccia della trasposizione sincretica di questa celebrazione dall’equinozio primaverile al solstizio invernale, la troviamo quando il corpicino del Bambino Gesù viene definito: “roccia che dà miele”. Fatto sta che gli struffoli sono diventati dolce tipicamente natalizio. Per arrivare all’origine degli struffoli, bisogna andare a ritroso nel tempo fino ad arrivare alla fondazione di “Paleopolis”, meglio conosciuta come Partenope (Napoli), dal mito della sirena Partenope (la vergine). Ma chi ha inventato gli struffoli? Gli struffoli sarebbero nati per mano dei fondatori dell’antica Paleopoli, i quali, con un impasto di acqua e farina ridotto in piccoli pezzi, frissero in olio bollente e cosparsero di miele.

 

Infatti, è dal greco che deriva il nome “struffolo”, precisamente dalla parola greca “strongulos’’, cioè arrotondato, volendo anche ricordare il seme di grano o di orzo, simboli strettamente legati a Demetra e al pitagorismo. I fondatori di Neapolis (Napoli) erano soliti offrire alla loro divinità Partenope (la Grande Madre Vergine) un vassoio colmo di struffoli (strongulos), cosparsi di biondo miele, volendo ricordare la metamorfosi del chicco da poco seminato. Più tardi i romani continuarono il rito offertorio alla dea vergine, Diana Tifatina. È curioso che ancora oggi, presso le famiglie tradizionali campane, gli struffoli si lasciano sulla tavola apparecchiata la notte di Natale, a disposizione dello spirito dei defunti, poiché i “semi di pasta’’ addolciti dal miele simboleggiano il cibo dei vivi e dei morti di ogni famiglia.

 

Altro dolce augurale sono i popolari MOSTACCIOLI. Questi biscotti sono a forma di rombo ed esaltano miele e noci macinate. Venivano preparati nell’antica Roma a partire dal 17 dicembre per celebrare le Saturnali (le nostre Novene) e il “Natalis Solis Invicti”. Il curioso nome non deriva da mostacci, cioè baffi, ma dalla parola latina mostum, cioè mosto, ingrediente presente nell’antichità. Il TORRONE. Molte città, tra cui Cremona, vantano l’origine di questa squisitezza. Fatto sta che a Benevento la tradizione del torrone risale all’epoca sannita. Secondo Tito Livio, il torrone era già comune nella Roma antica. Sembra che la parola “torrone” derivi dal verbo latino “torrere”, tostare, abbrustolire, con riferimento alla tostatura delle mandorle e nocciole. La lista dei dolci natalizi sarebbe lunga, perciò mi sono limitato al miele e all’origine di alcuni dolci che considero siano alla base dell’arte pasticciera italiana tradizionale. Intanto, nel segno augurale di queste primizie natalizie, auguro a tutti fervidi auguri e un propizio anno nuovo in prosperità e salute! 

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