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Messina Denaro, procuratore Trapani: “Avesse parlato sarebbe stato deflagrante”

(Adnkronos) – “Ha giocato su più tavoli, Matteo Messina Denaro. Fino alla sua morte. Avrebbe potuto approfittare del ruolo e dell’idea di essere portatore di grandi segreti, idea vera o presunta che sia. Ma, certamente, se lui avesse parlato sarebbe stato deflagrante”. A parlare con l’Adnkronos è il Procuratore capo di Trapani, Gabriele Paci, che in passato ha rappresentato l’accusa nei processi che hanno visto imputato lo stesso boss mafioso. “Fino a quando gli serviva parlare della guerra ha fatto la guerra – dice ancora il Procuratore – poi, quando è cambiato il ‘padrone'”, cioè il boss Totò Riina, “Messina Denaro è diventato l’uomo della sommersione e degli affari, e ha cambiato pelle”. Ricorda che Messina Denaro “ha fatto carriera sulle ginocchia di Riina, una sorta di ‘pupillo’. Poi, quando Riina è stato arrestato ed è arrivata l’era di Bernardo Provenzano, si è sintonizzato perfettamente con l’dea di Provenzano. Insomma, a seconda di chi comandava si è adeguato in modo perfetto”.  

“La sua forza gli proveniva non solo dall’essere stato il pupillo di Riina ma anche dai rapporti che gli trasmette il padre, un uomo legato ad ambienti della massoneria deviata trapanese”. E ricorda quando Riina, nelle intercettazioni in carcere criticava Messina Denaro. Lo rimproverava di pensare solo agli affari e di infischiarsene dei problemi del suo capo. Si aspettava, forse, un atteggiamento diverso dal padrino latitante che fedele finora lo era sempre stato. “A me dispiace dirlo questo… questo signor Messina (Matteo Messina Denaro ndr) – sbottava Riina – questo che fa il latitante che fa questi pali eolici, i pali della luce, se la potrebbe mettere nel c.. la luce ci farebbe più figura, ma per dire che questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, fa luce, fa pali per prendere soldi ma non si interessa…”. 

Insomma Riina si sentiva tradito dal suo delfino. E il Procuratore Gabriele Paci spiega che “il passaggio di testimone” o “meglio, l’mportanza del personaggio” si coglie “tutta nel contatto che Riina aveva con Saro Naimo, un ex mafioso di altissimo livello” che poi ha collaborato con i magistrati. “Lo consideravano l’interfaccia di Riina negli Stati Uniti – dice il Procuratore – Riina gli disse prima di essere arrestato: ‘Se mi succede qualcosa, devi parlare con Matteo’. Non è una investitura formale, ma sostanziale”. Ma chi è Saro Naimo, oggi qusi 80enne? Bisogna fare un salto indietro, nel 1993, per spiegare la sua figura. All’epoca Matteo Messina Denaro e Leoluca Bagarella pensavano che fosse ancora possibile riprendere, con l’aiuto degli Usa, la strada indipendentista per la Sicilia. Utilizzando il nuovo veicolo politico che stavano organizzando, ossia il movimento politico Sicilia Libera. Una vicenda emersa proprio durante le indagini per la cattura di Messina Denaro. Sarebbe stato proprio Naimo l’uomo che avrebbe dovuto portare negli Usa, su ordine di Messina Denaro, il desiderio dei mafiosi siciliani di rendere indipendente dall’Italia. 

Naimo nel 2018 era stato ascoltato dalla Corte di Appello di Caltanissetta al processo a Messina Denaro, per la strage di via D’Amelio. E rispondendo proprio alle parole dell’allora Procuratore aggiunto Gabriele Paci ricostruì l’idea indipendentista di Cosa nostra. Anche il pentito Vincenzo Sinacori aveva già fatto riferimento alla richiesta rivolta da Messina Denaro a Naimo. E Naimo lo ammise in aula.  

“Messina Denaro mi era stato presentato proprio da Riina, ci incontrammo in un vigneto a Mazara, mi disse che io e Matteo dovevamo diventare intimi”, raccontò in aula. “Messina Denaro mi portò i saluti di Luchino (Leoluca Bagarella ndr), si mostrò dispiaciuto per l’arresto di Riina, dicendomi che ci avevano tolto un padre, un povero cristianeddu e poi esordì con la sua proposta, chiedendo il mio aiuto“. Un altro dei misteri che Messina Denaro porterà con se nella tomba. 

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