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Memorie di viaggi di Paolo Ruiz. Costarica

Arenal, Poàs e Irazù, i tre vulcani più noti della Costarica, sono un’attrazione irresistibile per il turista amante dell’esotico e di vulcanologia. Nella ricerca dell’emozione che aveva suscitato la vista della lava sull’Etna, non poteva mancare l’esplorazione dell’America centrale che va dal Pacifico al Mar dei Caraibi.

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In questa zona convergono 5 placche tettoniche, croste terrestri galleggianti sul magma all’interno della terra, e il loro movimento causa terremoti e eruzioni, che, come abbiamo visto in articoli precedenti, modificano la geografia delle terre. Una di esse, la Cocos, è stretta in una morsa gigantesca che ha causato una spaccatura profonda 6,662 m. Sembra anche che 65 milioni di anni fa un meteorite gigante sia caduto proprio nel golfo del Messico polverizzando un’area di 200,000 chilometri quadrati e l’effetto dell’esplosione è ritenuto da alcuni scienziati causa dell’estinzione dei dinosauri.

Arrivando a San Josè, capitale della Costarica, si è subito colpiti dalla vivacità dei costumi e dall’andamento rilassato della gente, tipico dei paesi del Sud, dove il sole e la temperatura mite danno un’impronta particolare alla loro vita: atmosfera festiva, mercati rumorosi e colorati dai più svariati articoli di merce e di frutta, artisti di strada e danzatori di merengue e balli Sud-americani. Le spiagge del Pacifico sono estese lungo tutta la costa e caratterizzate da fondali bassi.

I parchi nazionali sono la più grande ricchezza per la nazione e per il mondo intero. Più di 10,000 piante e alberi sono rifugio per una grande varietà di animali esotici.

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Un’escursione al Parco Manuel Antonio mi ha mostrato la bellezza e la fragilità della natura. La nebbia dell’umidità condensava sule foglie e gocce d’acqua sembravano cristalli appesi ad un immenso candelabro verde che aspettava solo i raggi del sole per accendersi. Ho chiuso gli occhi per assaporsare meglio quella ricchezza naturale, ma invece di sentire il respiro degli alberi, ho visto le ciminiere delle industrie, il fuoco del gas bruciato incessantemente per cercare di eliminare residui pericolosi, i forni delle acciaierie, la plastica delle bottiglie buttate dietro i muri, come per nasconderle all’azione del tempo. Ho visto ciò che stiamo facendo alla terra ed ho sentito alcune gocce cadere sulle mie mani. Forse era il pianto degli alberi.

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