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Meloni all’Onu: “Tempi difficili, Italia pronta a fare la sua parte”

(Adnkronos) –
In tempi difficili, “l’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte”. E’ la conclusione dell’intervento della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, all’Assemblea generale dell’Onu. “E’ un tempo difficile quello nel quale siamo stati chiamati a governare le nostre Nazioni. Tutto intorno a noi sembra cambiare, tutto viene messo in discussione, e le poche certezze che pensavamo di avere non sono più tali. Il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. Nella tempesta, possiamo dimostrare di essere all’altezza del compito che la storia ci ha dato. Dimostrarlo ai cittadini che governiamo, dimostrarlo ai nostri figli”, dice Meloni.  

“Dimostrarlo a noi stessi, forse soprattutto a noi stessi, perché come diceva un grande patriota italiano, Carlo Pisacane, protagonista di quel Risorgimento che fece dell’Italia una Nazione unita, ‘ogni ricompensa la troverò nel fondo della mia coscienza’. Affrontare i problemi piuttosto che rinviarli, avanzare piuttosto che indietreggiare, preferire ciò che è giusto a ciò che è utile, questo è il nostro compito, difficile ma necessario. L’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte”, dice. 

 

“Affermiamo il diritto dello Stato di Israele di difendersi da attacchi esterni, come quello orribile del 7 ottobre scorso, ma allo stesso tempo chiediamo ad Israele di rispettare il diritto internazionale, tutelando la popolazione civile, anch’essa vittima in gran parte di Hamas e delle sue scelte distruttive”, dice la premier soffermandosi sulla crisi in Medio Oriente 

“E seguendo lo stesso ragionamento sosteniamo, ovviamente, anche il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato. Ma affinché questo possa vedere presto la luce è necessario che i palestinesi lo affidino a una leadership ispirata al dialogo, alla stabilizzazione del Medio Oriente e all’autonomia”, aggiunge.  

“Gli Accordi di Abramo hanno dimostrato la possibilità di convivere e cooperare vantaggiosamente sulla base del mutuo riconoscimento. Se questa è la prospettiva sulla quale tutti dobbiamo lavorare, e lo è, oggi l’imperativo è raggiungere, senza ulteriori ritardi, un cessate il fuoco a Gaza e l’immediato rilascio degli ostaggi israeliani. Non possiamo più assistere a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell’Est del Libano, con il coinvolgimento di civili inermi, tra cui numerosi bambini”, dice Meloni. 

 

“Non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte al diritto dell’Ucraina a difendere le sue frontiere, la sua sovranità, la sua libertà”, dice ribadendo la posizione dell’Italia sul conflitto tra Ucraina e Russia. “È un’epoca molto complessa quella nella quale viviamo, e il carattere comune delle sfide del nostro tempo ci impone di ragionare in un modo completamente nuovo. La ferita inferta al sistema internazionale fondato sulle regole dalla guerra d’aggressione russa all’Ucraina sta avendo effetti destabilizzanti molto oltre i confini nella quale si consuma, e come un domino sta contribuendo a riaccendere, o far detonare, altri focolai di crisi”, evidenzia. 

“I sistemi politici democratici affrontano insidie inedite. La frammentazione geo-economica cresce con conseguenze con le quali tutti dobbiamo fare i conti, soprattutto le Nazioni più fragili. Il cammino per la riduzione delle emissioni ambientali è ad un bivio, stretto tra approcci ideologici e scarsa solidarietà, soprattutto dei principali emettitori di gas a effetto serra. La scarsità di acqua e di energia incidono sempre più profondamente sullo sviluppo, sulla sicurezza alimentare e sulla stabilità sociale di intere comunità. L’utilizzo strumentale della fede religiosa diventa fattore di tensione o, peggio, fattore di persecuzione: sono milioni nel mondo le persone che soffrono a causa della loro professione di fede, e al primo posto come vittime ci sono i cristiani”. 

 

Quindi, il contrasto all’immigrazione illegale. “Il nostro obiettivo, di fronte di decine di migliaia di persone che affrontano viaggi disperati per entrare illegalmente in Europa, è garantire prima di tutto il loro diritto a non dover emigrare, a non dover recidere le proprie radici semplicemente perché non hanno altra scelta”, afferma. “Una disperazione sulla quale lucrano organizzazioni di criminali senza scrupoli sempre più potenti e ramificate. Proposi un anno fa, da questo stesso podio, di dichiarare una guerra globale ai trafficanti di esseri umani, e sono felice che quell’appello non sia caduto nel vuoto, e che in primis a livello G7 si sia trovata l’intesa per dare vita ad un coordinamento internazionale per smantellare queste reti criminali. Ma bisogna fare di più”, dice. 

 

Meloni ricorda la “svolta che l’Italia ha impresso ai propri rapporti con l’Africa. Abbiamo reso operativo, a livello bilaterale, il nostro piano di investimenti per l’Africa, il Piano Mattei, con progetti pilota in nove Nazioni del continente, creando partenariati strategici con ognuna di esse”.  

“Abbiamo strutturato sinergie operative con il Global Gateway dell’Unione Europea e la Partnership for Global Infrastructure and Investment del G7. Abbiamo costruito strumenti finanziari nuovi con la Banca Africana di Sviluppo e con la Banca Mondiale, per permettere l’afflusso di risorse pubbliche e private. Abbiamo immaginato soluzioni innovative, come l’Apulia Food Security Initiative, per rafforzare la produzione agricola e la sicurezza alimentare, o l’Energy for Growth in Africa, per sostenere la produzione e la distribuzione di energia pulita. Abbiamo deciso di sostenere progetti strategici per l’Africa, come il corridoio di Lobito. Abbiamo fatto tutto questo senza mai smettere di coinvolgere e confrontarci con i nostri interlocutori africani. Perché il nostro intento non è imporre, ma condividere. E, insieme, scegliere priorità, settori di intervento, ambiti di azione”. 

“Dove potevamo essere un valore aggiunto, lì abbiamo offerto il nostro punto di vista e la nostra collaborazione. Con progetti concreti che già stanno dando i loro frutti. In Algeria – illustra -, dove renderemo fertili 36 mila ettari di terreno desertico per la coltivazione e costruiremo una filiera locale di trasformazione e produzione. In Kenya, con lo sviluppo di una filiera di biocarburanti che arriverà entro la fine del 2025 a sostenere fino a duecentomila piccole imprese agricole. In Etiopia, con un vasto intervento di recupero ambientale dell’area del lago Boye, nell’ovest del Paese”. 

“Perché, voglio ribadirlo ancora una volta, il nostro obiettivo, di fronte di decine di migliaia di persone che affrontano viaggi disperati per entrare illegalmente in Europa -dice- è garantire prima di tutto il loro diritto a non dover emigrare, a non dover recidere le proprie radici semplicemente perché non hanno altra scelta”. (dall’inviata Ileana Sciarra) 

 

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