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“Il bisogno principale è quello che il professor Cavicchi ha espresso nel suo libro ‘La scienza impareggiabile’, e cioè la sostituzione nell’impianto concettuale della medicina che è così fisso dagli albori fino ad oggi – noi abbiamo un impianto concettuale di derivazione positivista e neopositivista, quindi che si rifà all’800 alla medicina sperimentale- il professore all’interno di questo impianto concettuale ha sostituito l’attenzione per lo studio della malattia con lo studio del malato. Questo non significa che la malattia non deve essere presa in considerazione più, deve essere studiata sempre più appassionatamente, ma deve essere affiancata allo studio della persona che soffre. Questo è una prima strategia per cercare di migliorare il declino della nostra medicina, il professore ha aggiunto anche un quarto modulo in questo impianto concettuale: il medico che decide le prassi, cioè come agire. Il medico che decide come agire è un medico che ha autorevolezza ma anche discrezionalità: quindi un medico che deve rifarsi alle evidenze scientifiche possibilmente studiando e sapendole scegliere in maniera critica, discernendo un po’ quelle che sono più valide da quello che invece valido non è. Ma soprattutto un medico che abbia il coraggio di essere anche discrezionale nelle decisioni terapeutiche o nelle decisioni di percorso diagnostico, perché senza questa discrezionalità il medico non sarò più libero, non sarà più una professione intellettuale ma sarà poco più di un lavoro manifatturiero cioè è più organizzato secondo un’azienda manufatturiera. Ricordiamo la nostra produttività che deve essere sempre alta, i tempi di esecuzione delle prestazioni che devono essere sempre ridotti. Ma come si fa ad avere una buona prestazione clinica contenti ridottissimi? La qualità non corrisponde alla quantità. Quindi il recupero della singolarità della persona che soffre, quindi lo studio del malato e il recupero di un autorevolezza professionale da parte del medico secondo il professor Cavicchi e secondo me è proprio la strada giusta da percorrere per cercare di ripensare la nostra medicina è la nostra professione”.
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