(Adnkronos) –
“Era una notte del giugno 1981 e per me era la notte prima degli esami di maturità”. Una notte che per il virologo Roberto Burioni, instancabile paladino anti-fake news, fu importante per più di una ragione. Non solo per il rito di passaggio che la prova in sé rappresentava, ma soprattutto perché, insieme a un gruppo di amici, cascò in un tranello e capì “quanto sia facile far credere una sciocchezza a chi desidera con tutto il cuore che quella sciocchezza sia vera”. Il medico, docente di Microbiologia e Virologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, lo racconta ricordando all’Adnkronos Salute l’aneddoto con cui nel 2018 ha aperto il suo libro ‘Balle mortali’.
Quella notte, dopo che “avevo studiato per mesi attendendo con timore il momento finale”, scrive Burioni, “ero naturalmente terrorizzato. Pensavo al giorno dopo, alla commissione nella quale sedeva, come membro esterno, il temibile professor Lovati che era stato preceduto dalla notizia della sua draconiana severità”. Quella notte “avrei dovuto dormire, ma non riuscivo a dormire. Avrei voluto studiare, ma non sapevo cosa studiare. A un certo punto, verso le 10, squillò il telefono: era uno dei miei compagni di classe che mi diceva che, tramite complicati traffici, avevamo in anticipo i titoli delle tracce della prova di italiano che avremmo dovuto svolgere il giorno dopo. Immediatamente ci precipitammo a casa di uno di noi, dove passammo tutta la notte a preparare i temi utilizzando quei titoli che, naturalmente, il giorno dopo non uscirono”.
Andò comunque bene, anzi benissimo. “Fummo promossi con ottimi voti – prosegue il virologo – e la maturità rimase, almeno per me, solo una sbiadita memoria”. Tranne che per una domanda esistenziale: “Come fu possibile che un gruppo di studenti composto da ragazzi intelligenti e preparati potesse abboccare a occhi chiusi a una sciocchezza come quella dei temi sfuggiti in anticipo al ministero? Ci buttammo a capofitto su quei titoli e nessuno di noi si pose il minimo dubbio sulla loro veridicità: perché?”. Con la risposta Burioni ci intitola l’introduzione del libro: “Gli uomini credo volentieri a quello che desiderano sia vero”.
Così come i Galli narrati da Giulio Cesare nel ‘De bello Gallico’, benché “forti e coraggiosi”, presero per vera la falsa notizia della debolezza dei Romani e si gettarono in “un attacco dissennato che li portò a una catastrofica sconfitta”, allo stesso modo Burioni e suoi amici, “ormai soli di fronte all’esame di maturità”, vollero credere a un aiuto ancorché inverosimile, a “qualcosa che ci facesse sentire meno vulnerabili. Arrivarono i falsi titoli dei temi e, come i Galli, ci credemmo. Ecco l’insegnamento della maturità” per il virologo.
Un ricordo “molto vivo – evidenzia – perché quello che alla maturità è seguito, ovvero diventare medico, mi ha messo in contatto con persone che desideravano qualcosa nella maniera più intensa possibile. Chi teme per la propria vita non desidera che guarire e questo desiderio non può essere paragonato a nessun altro”. Come recita la Bibbia, “tutto quello che possiede l’uomo è pronto a darlo per la sua vita”. Non solo, “è disposto a credere a qualunque bugia in quei momenti”.
“Ho visto persone intelligentissime, scienziati brillanti, medici di grande esperienza – assicura Burioni – perdere di colpo tutta la loro sapienza e la loro lucidità di fronte al dolore e affidarsi a ciarlatani che raccontavano tranquillizzati menzogne. Praticoni senza scrupoli” due volte colpevoli, perché “le bugie raccontate a chi è malato, o anche a chi solo crede di esserlo, sono terribili”. Crudeli e a volte fatali. “Le bugie, si dice, hanno le gambe corte. Ma quando riguardano la salute – chiosa il medico – corrono abbastanza velocemente da raggiungere chi le crede e ucciderlo”.