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L’uomo forte al comando non piace

IL PUNTO di Vittorio Giordano

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Alla fine ha vinto Valérie Plante, un’antropologa prestata alla politica, una donna come tante; fino a un paio di mesi fa una perfetta sconosciuta, la tipica donna della porta accanto: semplice, spontanea e sorridente. Un’outsider dalle idee nuove, coraggiose e innovatrici. L’anti-politica fatta persona. Una boccata di aria fresca per i montrealesi che, esasperati da un città sempre più un cantiere a cielo aperto (il cono arancione è ormai più popolare dello Stadio Olimpico, come simbolo della città), hanno colto la palla al balzo per sbarazzarsi di un Sindaco che negli ultimi tempi è apparso sempre più eccentrico ed egocentrico, con la propensione a concentrare su di sé il potere e l’attenzione. Un uomo solo al comando, questa la percezione generale; sicuramente competente ed esperto, dotato di esperienza e contatti. Un Sindaco determinato, un politico di lungo corso, intraprendente e affidabile. Ma che, col passare del tempo, si è fatto prendere la mano dalla sua stessa leadership, sempre più carismatica, sempre più inflessibile, sempre meno conciliante. Fino al punto di prendere sottogamba la sua stessa rielezione, data per scontata. Un errore che Coderre ha pagato a caro prezzo. Ecco perché, al netto della novità-Plante e del suo programma ricco di spunti, a perdere è stato soprattutto Denis Coderre. Convinto di farcela ‘a prescindere’ (i sondaggi di inizio campagna elettorale davano la Plante in ritardo di 14 punti), il Sindaco uscente si è adagiato sugli allori conducendo una campagna elettorale tutto sommato blanda e sufficiente, più rivolta al passato che al futuro, più protesa a celebrare le realizzazioni degli ultimi 4 anni che a proiettarsi verso il 2021. Coderre è stato troppo impegnato a continuare a fare il Sindaco, a sbrigare gli affari correnti, a pianificare i prossimi incontri internazionali: non c’era tempo per chiedere ai cittadini un secondo mandato. Ha continuato, imperterrito, a fare il Sindaco a tempo pieno, a parlare da ‘primus inter pares’, recalcitrante a rimettersi in gioco. Del resto la storia di Montréal parla chiaro: solo Sarto Fournier, nel 1957-1960, sconfitto da Jean Drapeau, non fu riconfermato alla guida della città per un secondo mandato. In altre parole, altri 4 anni al Comune era l’unico scenario possibile e immaginabile. Salvo poi capire, col passare della campagna elettorale, che Valérie Plante stava cavalcando un’onda crescente e che i montrealesi stavano per voltargli le spalle. Perché le elezioni non sono mai una formalità. L’eccessiva sicurezza si è trasformata, quindi, in allarmante incertezza. E così, negli ultimi giorni, quando i sondaggisti hanno certificato una lotta serrata, Coderre si è buttato a capofitto nel ring della campagna elettorale. Ma la fretta e la paura, si sa, sono cattive consigliere. E infatti l’approccio non è stato dei migliori: Coderre è apparso quasi sempre sulla difensiva e intento a confutare il programma dell’avversaria, piuttosto che a spiegare i propri punti di forza. Una campagna ‘contro’ che, paradossalemte, si è rivelata un autogol che ha spianato la strada alla Plante. È stata la presunzione di una vittoria facile a condannare Coderre ad un tracollo assordante e fragoroso. A battere Coderre, prima ancora che Valérie Plante, è stato lo stesso Denis Coderre. Che è rimasto se stesso, suo malgrado, fino alla fine: lascerà la politica municipale, non farà il leader dell’opposizione al Comune di Montréal. Senza le luci della ribalta, Coderre esce di scena: se non è lui l’attore-protagonista, preferisce farsi da parte. Dimenticando che in politica, come nella vita, bisogna anche saper perdere.

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