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Lo scivolone di Biden, il solito Trump: il meglio e il peggio del dibattito Usa

(Adnkronos) – Il primo dibattito tra Joe Biden e Donald Trump si conclude nella disperazione degli staff e degli elettori democratici: se il presidente in carica doveva tranquillizzare sulla sua tenuta fisica e mentale, i 90 minuti in diretta sulla CNN (ma in realtà a reti unificate) sono stati un disastro. Biden aveva una voce rauca e tremante – secondo i suoi, stava riprendendosi da un raffreddore – ha balbettato, si è perso nei concetti ed è riuscito a sferrare pochi colpi sui tanti punti deboli del suo rivale. Soprattutto nella parte iniziale, i suoi 81 anni sono stati evidenti, tanto che persino la vice-presidente Kamala Harris ha dovuto ammettere che si è trattato di un “avvio lento”. Sul finale Biden ha portato a casa qualche punto, ma forse era troppo tardi: la sensazione degli spettatori (si preannunciano grandi ascolti) era già univoca, e c’è chi tra i donatori e nel suo partito, come Nadia Ahmad, membro del Democratic National Committe, chiede che il presidente faccia un passo indietro per lasciare che il partito scelga un altro candidato.  

Trump, dal canto suo, ha offerto uno spettacolo già visto: un mix di spacconaggine, qualche bugia (i moderatori avevano deciso che il fact-checking non era compito loro), ma anche qualche battuta memorabile, come quando Biden si è impappinato sul tema della salute e ha chiuso una frase dicendo “We beat Medicare”, abbiamo sconfitto (o picchiato) l’assicurazione sanitaria federale, e Trump ha colto l’occasione per dire “Sì, l’hai picchiata a morte”. 

Non sono molti. È riuscito a sferrare buoni colpi parlando del 6 gennaio 2021, giorno dell’assalto a Capitol Hill, e a sottolineare la responsabilità di Trump, “per tre ore gli hanno chiesto di intervenire e per tre ore non ha fatto nulla”. Mentre Trump difendeva gli assaltatori, che la sua più radicale considera patrioti, Biden ha avuto gioco facile a chiamarli criminali.  

Sull’aborto, uno dei temi più forti per Biden, è partito bene ma poi si è incartato parlando di un caso spesso citato da Trump, ovvero Laken Riley, una donna che sarebbe stata uccisa da un migrante senza documenti. E l’immigrazione è invece una delle questioni su cui Trump stravince nei sondaggi.  

Gli attacchi personali sono stati colpi bassi ma inevitabili: Biden ha ricordato che “c’è solo un pregiudicato su questo palco”, che Trump ha fatto “sesso con una pornostar mentre la moglie era incinta” (in realtà Melania aveva già avuto il figlio Barron all’epoca del caso Stormy Daniels), e che il suo rivale ha “la morale di un gatto randagio”.  

La raucedine, la voce balbettante, i concetti lasciati a metà, le frasi a volte incomprensibili. L’intera performance è stata al di sotto delle aspettative, come confermato anche dai suoi collaboratori. In uno dei momenti più imbarazzanti, si è incartato in un ragionamento senza arrivare a un punto, il suo tempo è finito, il suo microfono è stato chiuso e Trump ha potuto dire “Davvero, non so cosa abbia detto alla fine di quella frase. Ma credo che neanche lui sappia cosa ha detto”. Un altro problema è stato lo “split-screen”: mentre Trump parlava, Biden aveva un espressione poco vigile, con la bocca aperta, gli occhi che vagavano. È mancato quel sorriso che quattro anni fa sfoggiava mentre il suo avversario diceva le cose più improbabili.  

Biden non brilla, Trump non sfonda: com’è andato il confronto tv
 

L’ex presidente è riuscito, quasi sempre, a giocare la partita che volevano i suoi collaboratori. Non ha esondato come nel primo dibattito del 2020 (stavolta i moderatori potevano chiudere i microfoni, in caso), e pur in assenza di pubblico è riuscito a veicolare il suo messaggio: la presidenza Biden “è la peggiore di sempre”, l’economia e il costo della vita erano migliori quando lui era alla Casa Bianca, e ha potuto sottolineare le volte in cui Biden ha dimostrato la sua fragilità. Sull’immigrazione, il suo punto forte (tanto che Biden ha dovuto approvare recentemente una norma molto restrittiva per cercare di recuperare punti), è riuscito a imprimere negli spettatori i concetti chiave della sua campagna: “le politiche del presidente sono ridicole, folli e stupide”, e hanno portato a una “ondata di crimine” nel paese.  

Oltre a quando si è parlato del 6 gennaio, della sua condanna per i soldi alla pornostar Stormy Daniels e della causa civile vinta da E.Jean Carroll per molestie sessuali, sul tema interruzione di gravidanza ha perso qualche punto ed è stato costretto ad ammettere di essere a favore della pillola abortiva (cosa che non sarà gradita alla parte più conservatrice del suo elettorato). Ovviamente ha rifilato una serie di fatti esagerati o proprio falsi, chiamato Biden un “Manchurian candidate” manovrato dalla Cina, ma se per un elettore democratico o indipendente si tratta di fatti perlopiù manipolati, falsi o smentiti, per i suoi sostenitori era come ascoltare un cantante che fa tutte le hit preferite a un concerto.  

Questo è stato un dibattito record: mai si era fatto così presto nella corsa alla presidenza. In genere si aspettano le convention con le investiture ufficiali, ma stavolta il risultato era così scontato che è stato il campo di Biden a chiedere di farlo subito. E a questo punto c’è chi si chiede perché abbiano voluto mandare il candidato allo sbaraglio: forse perché al discorso sullo Stato dell’Unione aveva offerto un’ottima prova e speravano potesse ripeterla, forse perché facendolo così presto gli elettori avrebbero avuto tempo di dimenticare una performance debole. Purtroppo per loro, si parlerà di questo dibattito, e dell’inciampo di Biden, per settimane. Il secondo e ultimo confronto si dovrebbe svolgere a settembre, ma prima ci sono le convention: il 15-18 luglio quella repubblicana a Milwaukee, Wisconsin; il 19-22 agosto quella democratica a Chicago, Illinois. Da qui ad allora il coro di chi chiede a Biden un passo indietro sarà assordante. 

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