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Liste d’attesa, Schillaci: “Spero in un visibile miglioramento già in autunno”

(Adnkronos) – Liste d’attesa, “spero che già dall’autunno potremmo avere un visibile miglioramento del problema”. Così il ministro della Salute Orazio Schillaci nel suo intervento all’evento ‘Prendersi cura dell’Europa: innovazione, inclusione e ricerca’ all’interno del Forum in Masseria (Manduria), promosso da Bruno Vespa. “Altro aspetto che voglio citare del decreto sulle liste d’attesa è che dal 2025 ci sarà il superamento del tetto di assunzione per gli operatori sanitari che è un qualcosa inserito 20 anni fa in un contesto economico diverso e che nessun governo ha mai tolto e noi lo faremo. Ci stiamo lavorando dai primi mesi del Governo, questo per dire che non è un decreto fatto per motivi elettorali”.  

“L’86% degli italiani ha ben accolto il decreto legge sulle liste d’attesa. E’ un provvedimento a cui teniamo particolarmente perché andrà a risolvere quello che è un problema annoso e doloroso dei cittadini. Mi fa piacere anche osservare che è stato colto in maniera acuta quello che è lo spirito del decreto e i provvedimenti chiave, quanto sia importante avere a disposizione uno strumento che non c’era come la piattaforma di monitoraggio. A che punto siamo? C’è un cronoprogramma che sta andando avanti con tutta una serie di decreti attuativi del ministero della Salute e alcuni con il Mef e altri con le Regioni, che si dovrebbe concludere tra 2 mesi”. Sul fatto che le regioni abbiamo mosso delle critiche al decreto, “le regioni hanno visto l’articolo 2 del decreto, dove è previsto un organismo di vigilanza che però già esiste e risale al 2005 – ha chiarito il ministro -, ma mai è stato messo in funzione, non vogliamo prendere spazi delle Regioni, ma fare gioco di squadra”.  

“Ognuno deve fare la sua parte, il Covid ha dimostrato la fragilità dei sistemi sanitari nazionali in tutto il mondo” ha detto il ministro Schillaci. “Quello che è mancato in Italia è stata la medicina e l’assistenza territoriale, penso che si debba armonizzare e non dividere. Ognuno può fare la sua parte. Le farmacie durante il Covid hanno dimostrato di poter fare una parte importante e si sono rivelate anche molto ben viste dai pazienti e dai cittadini. Ci sono i medici di base e ci sono i laboratori di analisi, c’è tutta la parte del Pnrr dedicata alla medicina territoriale. Se vogliamo ammodernare il Ssn, come per le liste d’attesa, c’è bisogno del contributo di tutti e nessuno può in qualche modo tirarsi indietro. Capisco le rivendicazioni di tutti e delle categorie però se si vuol fare il bene del Ssn si deve trovare il modo di armonizzare. Il territorio va rivalutato e chi ha più capacità è giusto che le metta a disposizione”. 

“Stiamo pensando a una piattaforma, sulla scia di quella che sarà realizzata per il monitoraggio delle liste d’attesa, per sapere quanto è il problema della salute mentale in Italia” dice il ministro. “Vogliamo avere una migliore cognizione della salute mentale nel Paese e dei disturbi che sicuramente” sono diventati un po’ meno latenti “durante il Covid”. “Ci preoccupa che oggi ci sia una crescita importante tra i giovani e gli adolescenti. Però nel disegno di legge che accompagna il decreto legge ci sono dei fondi ‘ad hoc’ per la salute mentale e c’è un grande dialogo con il Mef affinché una parte precisa del Fondo sanitario nazionale che poi verrà ripartito tra le regioni venga proprio dedicato ad affrontare i problemi della salute mentale”. 

La revisione della legislazione europea del farmaco proposta dalla Commissione Europea, “anche se parte da intenti nobili – ovvero di avere una legislazione nuova e più moderna con una maggiore accesso ai farmaci – noi come Italia abbiamo detto che la risposta non può essere quella di diminuire la durata dei brevetti”. “Non è questa la risposta perché ci sono dei competitor fortissimi come gli Usa e la Cina e non possiamo più continuare come negli ultimi 10 anni altrimenti le aziende vanno a investire in altri continenti. Io credo che l’Europa sarà nei prossimi 6 mesi chiamata a prendere una posizione su questo e ci sono altre grandi nazioni che condividono il nostro percorso, abbassare la protezione dei brevetti dei farmaci non può essere l’unica risposta. L’Europa deve tornare a essere attrattiva”. 

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