Due cinguettii del Primo Ministro François Legault, che il 7 aprile scorso ha rilanciato un articolo del sociologo e giornalista Mathieu Bock-Coté sul Journal de Montréal dal titolo “Elogio del nostro vecchio fondo cattolico”, hanno seminato il panico tra gli ultràs più duri e puri del laicismo ideologico e integralista. “Il Cattolicesimo ha inoltre generato una cultura della solidarietà che ci distingue a livello continentale”. E ancora, rispondendo a chi gli rinfacciava la sua “crociata” anti-religiosa con l’approvazione della Legge 21 sulla neutralità dello Stato, ha precisato: “Bisogna distinguere tra laicità e il nostro patrimonio”. Impeccabile. Due Tweet di uno spessore intellettuale formidabile. Innanzitutto, è innegabile che le radici del patrimonio storico-culturale quebecchese siano giudaico-cristiano-cattoliche. La provincia è stracolma di strade e città che portano nomi di Santi.
Così come le radici del patrimonio storico-culturale dell’Arabia Saudita o dell’Iran sono indiscutibilmente musulmane, la prima di corrente sunnita e la seconda sciita. Punto. Nel merito, poi, Legault ha pienamente ragione: lo Stato è, e deve restare, laico (ci mancherebbe altro!), soprattutto nelle sue figure apicali, ma la società quebecchese (ovvero quell’identità o coscienza collettiva che si forgia di generazione in generazione) è intrisa di valori cristiani e, nella fattispecie, cattolici. Valori che si distinguono, per esempio, da quelli incarnati dalla dottrina sociale del protestantesimo, storicamente più diffuso nel Canada inglese e negli Stati Uniti. Quel protestantesimo secondo cui il successo materiale costituisce un segno della “benedizione di Dio”, come si evince dall’approccio alla vita più individualista e business-oriented nel resto del continente. Mentre il cattolicesimo, attraverso i Padri della Chiesa, ha sempre mostrato la sua avversione verso i beni materiali e la loro accumulazione. E la solidarietà di cui parla Legault non è altro che la declinazione laica di quella Carità cristiana che costituisce il capisaldo storico della Dottrina Sociale del cattolicesimo. Un’etica sociale solidale che ha contribuito a plasmare anche quella social-democrazia quebecchese (tra ammortizzatori sociali, sussidi e sovvenzioni a gogò, oltre alle tasse più elevate di tutto il Paese) che costituisce ancora oggi un “unicum” nel panorama nord-americano. Una specificità frutto di oltre 400 anni di storia. Il cattolicesimo, infatti, ha forgiato la società della Nouvelle France prima, e del Québec dopo, a partire dal XVI° secolo, con l’arrivo dei primi colonizzatori europei. Con la fondazione della città di Québec nel 1608, le congregazioni religiose francesi inziarono una capillare opera di evangelizzazione: Francescani, Gesuiti, Sulpiziani, Orsoline, le religiose Ospedaliere di San Giuseppe, le Agostiniane della Misericordia di Gesù fondarono scuole, ospedali e seminari. Per secoli, la Chiesa cattolica, al netto degli eccessi e delle distorsioni saliti agli onori della cronaca recente e che noi condanniamo ‘senza se e senza ma’, ha fatto le veci dello Stato, occupandosi dell’educazione del popolo quebecchese. Questa è la nostra storia, piaccia o non piaccia. Siamo il risultato di un processo antico, lungo e complesso, che non può essere azzerato, rinnegato o, peggio, riscritto secondo la morale e gli umori del presente. Chi oggi vuole riscrivere la storia in chiave anti-religiosa, vuole imporre una nuova ideologia: l’ideologia dominante del ‘politicamente corretto’. Chi giudica il passato in base al presente non critica, o interpreta, la Storia: la travisa, la profana, la violenta, la manipola, la strumentalizza. E in oltre 400 anni di storia cattolica, che ha attraversato almeno 25 generazioni, si sono sedimentati valori cristiano-cattolici che hanno forgiato la società civile quebecchese. Come la pioggia che, goccia dopo goccia, riesce a scavare le pietre più dure e resistenti (“Gutta cavat lapidem”). La fede, invece, è un’altra cosa. Nessuno nega che negli ultimi 50 anni, dopo la ‘Rivoluzione Tranquilla’, da raccaforte cattolica mondiale, seconda solo al Brasile, il Québec sia diventato un’avanguardia del laicismo più relativista. Le chiese convertite in palazzine ne sono la plastica dimostrazione. Ma questo declino, che è innegabile, non ci autorizza a cancellare un patrimonio di valori e comportamenti che affondano le radici in oltre 4 secoli di storia; né, tantomeno, può autorizzarci ad equiparare il peso del cattolicesimo con quello di altre religioni che, pur rispettabilissime, sono sopraggiunte solo negli ultimi 30 anni
ed hanno avuto, perciò, un’influenza marginale nella costruzione della nostra identità sociale. Negarlo è un insulto all’intelligenza. Legault ha pienamente ragione: siamo ancora una società profondamente e fortemente cattolica. Se non nella fede
religiosa, certamente nell’anima civile.