Lo sguardo fiero, un sorriso e tra le mani la bandiera canadese che sventola, con la scritta “Freedom”. Due manifestanti sfilano in Wellington Street ed, alle loro spalle, centinaia di messaggi ricoprono i cancelli di Parliament Hill. Il sole riscalda una fredda mattina nella Capitale, sfigurata nella sua bellezza.
La protesta continua, i motori dei camion sono accesi, una madre con i suoi bambini cammina e saluta, ringraziando i camionisti per essere qui, mentre una telecamera li segue, due ragazzi distribuiscono bevande e cibo nei camion. È una delle fotografie del centro-città, sotto scacco dei manifestanti, una città che non si riconosce più. Poco distante, parte di Bank Street, una delle arterie principali del centro, si è trasformata in una lunga fila di camion con un odore di gasolio irrespirabile, tutto bloccato. Il centro commerciale Rideau Center chiuso, barricate, polizia che ha bloccato tutti gli accessi, musei ed istituzioni culturali chiusi per motivi di ordine pubblico.
I due manifestanti non ci dicono i loro nomi, ma ci spiegano le motivazioni. Non hanno dubbi: “Non andremo via daquifinoa quando Justin Trudeau non ci incontrerà, rimarremo mesi. Questo è il nostro piano. Non ci sono alternative, il Premier ci deve ascoltare. Vogliamo essere liberi dalle costrizioni e dagli obblighi del vaccino e dalle misure restrittive. Il problema non è il virus, ma le restrizioni che hanno creato enormi fratture nella società, vogliamo sorridere gli uni agli altri come abbiamo sempre fatto, senza mascherina, non vogliamo divisioni, siamo canadesi e vogliamo essere un’entità sola”.
Ma dai residenti, in diversi quartieri della città, il coro è unanime: nel corso del fine settimana, centinaia di cittadini hanno sfilato lungo Bank Street, a pochi chilometri dal Parlamento, con un solo slogan: “Vogliamo riappropiarci della nostra città”. C’è frustrazione, delusione e la rabbia emerge.
“Sono stanca delle parole e delle dichiarazioni dei politici – spiega Angela Williams, artista, che abita al centro di Ottawa -: sono arrabbiata perché queste proteste hanno colpito tutto il settore culturale della Capitale, già duramente provato dalla pandemia. La National Gallery of Art, la Canadian War Museum, l’Art Gallery, la Canadian Museum of Nature ed il National Arts Center sono chiusi, provi a immaginare quante persone, fortemente penalizzate, non stanno lavorando. Il governo provinciale e federale devono collaborare con quello comunale ed agire, ora, con determinazione”.
Ma i manifestanti la pensano diversamente. “Solo una piccola minoranza di cittadini è contraria alle nostre proteste – affermano -: ogni giorno riceviamo attestati di stima, vengono persone che ci dicono che non si sono sentite mai cosi sicure come in questi giorni da quando ci siamo noi e ci incitano a continuare la nostra battaglia”.