I simboli della Casa d’Italia: il Fascio, la Lupa, l’Aquila e l’ ”Angelo del Nincheri”
(3ª parte)
Fino a poco tempo fa, quando si parlava dell’Albania, ci si riferiva alla “Terra delle aquile”; attributo dovuto alla numerosa presenza del pennuto in questa montuosa regione balcanica. Ma vi è una regione dell’Europa meridionale dove questo maestoso rapace, una volta presente in gran numero, ne dominava i cieli. Numerosissime nel passato, le Aquile dominavano l’Arco alpino e gli Appennini; dalla Liguria, lungo tutta la Penisola, fino alle creste siciliane e sarde. Ai pastori e contadini italici antichi, l’aquila appariva quale simbolo religioso, celeste e divino. Dall’alto il “messaggero di Giove” ispirava maestà, fino a creare una tradizione atavica verso questo simbolo. Sin dall’antichità, l’aquila è stata parte dominante del Pantheon religioso delle genti della Penisola, assurgendo a simbolo di un’indole umana particolare. Prima di Roma, già tra gli Etruschi e i popoli italici l’aquila fu emblema di sovranità sulla terra e sull’aria. ll mondo antico ha conosciuto due versioni dell’aquila: repubblicana e imperiale. L’aquila con le ali spiegate e il capo rivolto a destra fu un simbolo tipico dell’epoca monarchica e repubblicana, mentre l’aquila con le ali abbassate era presente nell’iconografia imperiale. Roma conobbe l’aquila quale sacro simbolo regale sin dalla sua fondazione. Plinio riporta che fu Caio Mario, zio di Cesare, ad adottare per la prima volta l’aquila come fatidica insegna legionaria durante la guerra contro i Cimbri (103 a.C.), assegnandone una ad ogni legione. Da allora l’aquila fu considerata sacra insegna dell’Impero e dell’imperatore. L’aquila legionaria custodita dal “Signifer” o dall’ “aquilifer” troneggiava sul labaro dorata o argentata con fulmini serrati negli artigli. Perdere un’aquila in combattimento equivaleva allo scioglimento della legione. L’aquila bicefala (a due teste) nacque con Costantino, per rappresentare l’Impero occidentale (Roma) e quello orientale (Costantinopoli). In seguito, nel Medioevo, l’aquila bicefala significò i due poteri che reggevano la società: il ghibellino e il guelfo. Altro simbolo di maestà conferito all’aquila era “l’insigna imperii”, ossia lo scettro imperiale dove troneggiava il fatidico rapace. Simbolo solare e celeste, l’aquila ha ispirato acutezza e ingegno. Tanto che Dante Alighieri, quando parla di Omero, dice: “Quel signor dell’altissimo canto/che sovra gli altri com’aquila vola” (Divina Commedia, Inferno, IV, 95-96). Anche l’antico detto latino: “Aquila non capit muscas” (L’aquila non cattura mosche), vale a dire: i grandi non si curano delle piccole cose, conferendo all’aquila attributi di grandezza. Si tratta di un simbolo di grande ascendenza nelle coscienze da lasciar tracce profonde e ritrovarlo nell’iconografia e nel simbolismo cristiano: “Come un’aquila incita la sua nidiata e aleggia sopra i suoi piccoli, così Egli spiega le ali, lo prende e lo porta sulla penne” (S. Filippo Thaon, XII s.).
Il simbolo dell’aquila sin dall’antichità ha parlato all’animo e alle coscienze fino al secolo scorso. Dopo Roma, tutte le aquile, simbolo di regni, imperi o che apparivano sui tanti blasoni aristocratici, non furono che riproduzioni dell’aquila romana; come ad esempio l’aquila napoleonica presente sui labari delle armate del “fatidico corso”, oppure l’aquila americana. Stessa cosa dicasi dei famosi labari dei GUF (Gioventù Universitaria Fascista) del ventennio o quella che troneggiava sui gagliardetti e copricapo fascisti. Effigie di aquile erano presenti alla Casa d’Italia e costituivano decori ispirati al Foro Romano o resti ornamentali della Roma antica. La presenza alla Casa d’Italia di quest’ennesimo simbolo romano completava il nostro retaggio storico millenario. Purtroppo di questo simbolo ben poco rimane alla Casa d’Italia. Peccato! Al lettore queste mie considerazioni storiche possono sembrar fuorvianti dal proposito di spiegare la presenza dell’aquila alla Casa d’Italia, ma non è così. Le note di cui sopra sul simbolismo dell’aquila intendono costituire un riferimento ad un simbolo del nostro retaggio storico e culturale (anch’esso come il Fascio preso in prestito da molte nazioni), risalendo alla sua origine storica e alle sue radici religiose che tanto hanno influenzato il mondo post romano, fino a rappresentare e ricordare il panorama dei cieli della terra d’origine dei tanti pionieri della nostra Comunità, composta da esponenti del mondo rurale, “di quando le aquile volavano!”
(Continua)