Tra i paesi più esotici che ho avuto modo di visitare, la Tailandia è certamente uno dei più belli e misteriosi. Non potrò scordare la disavventura che mi è capitata. Lo spazio non mi permette di raccontarla tutta in una volta, così dovrò dividerla in due puntate.
Dopo 5 ore di volo si arriva a Vancouver, un altro volo sopra l’Oceano Pacifico e si arriva a Hong Kong dopo 12 ore; 3 ore dopo si è a Bangkok, la capitale della Tailandia. La prima volta che ci sono andato, il breve soggiorno mi ha dato il gusto di tornare, questa volta per visitare meglio Bangkok e Chang Mai nel nord, la regione chiamata Triangolo d’oro.
Sono partito con un viaggio organizzato da un’agenzia. Dopo una visita a Hong Kong, qualche giorno a Bangkok, uno stop di tre giorni a Singapore, siamo arrivati a Bali, in Indonesia, dove abbiamo trascorso una settimana straordinaria. Mi sono sempre interessato ad altre civiltà e quella è stata l’occasione per la scoperta di costumi e usi molto diversi da quelli del mondo occidentale. Avrò modo di descrivere anche la musica indonesiana e le danze nei costumi sgargianti delle danzatrici in un prossimo inserto.
Bangkok è una città sorprendente: i templi sono decorati con lamelle dorate, il palazzo reale è una meraviglia, i giardini son ben curati. Quello che mi colpì maggiormente, però, fu l’enorme traffico con il relativo inquinamento da togliere il respiro, e la pazienza degli autisti dei rumorosi veicoli a tre ruote, i tuk-tuk.
La seconda volta fu più interessante e anche più pericolosa. Ed è questa avventura che mi accingo a narrare.
Dopo dieci giorni in Nepal, ho dovuto pernottare a Dhaka, la capitale del Bangladesh. Proprio in quel giorno fu dichiarato uno sciopero generale. Preoccupato mi sono affrettato a depositare la valigia al check-in. All’aeroporto di Bangkok ho aspettato l’ultimo bagaglio; la mia valigia non c’era. Avevo comprato delle ceramiche, un mandala dipinto a mano a Katmandu e fatte un migliaio di foto del Bangladesh e dell’Himalaya, che avevo conservato preziosamente nel bagaglio. I voli della Thai Airways erano stati cancellati, tranne l’ultimo della giornata. Dovevo contattare ad ogni costo l’aeroporto di Dhaka. Per una fortunata coincidenza trovai uno scontrino della cena e il numero di telefono del ristorante. Ottenni quello dell’aeroporto e riuscii a contattare un dirigente che mi assicurò di aver trovato la valigia col mio nome; l’avrebbe messa sull’ultimo aereo in arrivo a Bangkok alle undici. La corrispondenza per Hong Kong era alle sette del giorno dopo.
Alle dieci ero già all’aeroporto. L’aereo arrivò in perfetto orario. Il battito del mio cuore aumentava ad ogni valigia che scorreva lungo il carosello e così aumentava la mia disperazione. Una pausa e l’ultimo bagaglio uscì dallo scarico: era la mia valigia. Ritornai in fretta all’hotel, la aprii e diedi una rapida occhiata per vedere se mancasse qualcosa. Tutto mi sembrò in ordine, solo le riviste che coprivano i miei indumenti erano state tagliate con un taglierino. Ho pensato che qualcuno fosse stato sorpreso mentre tentava di rubare tagliando la fodera e aveva dovuto abbandonare l’impresa quando il dirigente li aveva scoperto.
Più tardi, dopo essere stato fermato dalla polizia mentre aspettavo l’imbarco, mi assalì il dubbio che quelli non fossero ladri, ma spacciatori. Avevano messo qualcosa nella mia valigia? Lo scopriremo nel prossimo articolo.