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La Russia resta un problema per le banche, il caso Unicredit e la Bce

(Adnkronos) – La Russia resta un problema per le banche e anche per la Bce. E il caso Unicredit lo dimostra. Non solo perché inevitabilmente pesano le perdite accumulate dopo l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni occidentali contro Mosca, ma anche perché uscire completamente dalle attività consolidate negli anni è più complesso di quanto le stesse prescrizioni possano prevedere. 

La notizia è di oggi, UniCredit ha presentato un ricorso al Tribunale dell’Unione Europea per ottenere chiarezza circa gli obblighi stabiliti dalla Banca Centrale Europea (Bce) per la ulteriore riduzione dei rischi associati alle attività di UniCredit in Russia, svolte da società controllate tra cui UniCredit Bank Russia (‘Ao Bank’). Il problema, però, è sotto i riflettori da mesi e la decisione del gruppo bancario guidato da Andrea Orcel va letta con attenzione.  

Dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, si ricorda, UniCredit “ha adottato una serie di strategie per limitare drasticamente la propria attività nella Federazione Russa, con conseguente riduzione della propria esposizione transfrontaliera del 91% e della propria esposizione locale nel Paese del 65% fino a oggi; ulteriori sostanziali riduzioni saranno eseguite in linea con gli impegni del piano di azioni definito da UniCredit”. Bene, ma tutto questo non basta. Perché l’uscita dalla Russia non è totale e difficilmente può esserlo senza ripercussioni che vanno considerate, non solo sul piano del conto economico ma anche sul piano giuridico-legale.  

UniCredit, spiega la banca, “condivide con Bce l’importanza di ridurre la propria presenza in Russia, ma ha preoccupazioni circa le modalità di attuazione di tale riduzione identificate nella decisione della Bce, che vanno oltre l’attuale quadro normativo di riferimento”. A tal riguardo, UniCredit ha intrattenuto “un dialogo costruttivo con Bce”.  

E, allora, perché serve un ricorso? Perché si può dire semplificando, le attività bancarie non si riescono a spegnere come se si potesse azionare un interruttore e perché il rischio è che la banca possa finire nel mirino di nuove sanzioni, che potrebbero presto mettere nel mirino proprio quelle banche che continuano ad avere attività direttamente o indirettamente riconducibili a interessi e capitali russi. 

La banca di Piazza Gae Aulenti fa riferimento alle “circostanze senza precedenti e la complessità del contesto socioeconomico e geo-politico, la mancanza ad oggi di un quadro normativo univoco applicabile allo scenario attuale, e le possibili gravi conseguenze derivanti dall’attuazione della decisione che ha impatto non solo sulle attività in Russia ma anche su UniCredit S.p.A”. Circostanze che “impongono che il consiglio di amministrazione di UniCredit ottenga certezza e chiarezza sugli obblighi e sulle azioni da intraprendere”.  

Proprio a questa esigenza si lega il ricorso al Tribunale dell’Unione Europea così da dirimere ogni dubbio circa gli obblighi a cui UniCredit dovrà adempiere. La Bce è stata informata di tale intenzione con totale trasparenza e largo anticipo”. 

Cosa succede quindi ora? La conclusione del procedimento, conclude Unicredit, “potrebbe richiedere diversi mesi, ma rappresenta una tappa obbligata per garantire la certezza del diritto sia per UniCredit sia per la Bce”. Nelle more del giudizio, UniCredit ha chiesto la sospensione provvisoria della decisione della Bce. La banca “resta comunque impegnata ad attuare il proprio piano per una riduzione significativa della propria presenza in Russia, nel rispetto del contesto normativo, regolatorio e sanzionatorio. UniCredit rimane impegnata a mantenere un dialogo attivo e aperto al riguardo con Bce”. 

Perché si muove anche il governo? “La Bce deve tener conto della situazione nella quale operano le aziende italiane in Russia nel rispetto delle sanzioni Ue”, ha scritto il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un tweet, sottolineando la sua condivisione “dei contenuti del ricorso Unicredit alla giustizia Ue”. “Decisioni affrettate rischiano solo di danneggiare imprese italiane ed europee. È quindi bene avere un quadro normativo certo”, ha precisato.  

La questione è più complessa di un qualsiasi contenzioso tra una banca sistemica e la Bce e riguarda, nella sua totalità, il sistema delle sanzioni alla Russia e la sua applicazione. (Di Fabio Insenga) 

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