Gli anni ’20 del 2000 saranno ricordati, nella storia, come tra i più complicati di sempre (l’augurio, naturalmente, è quello di essere smentiti al più presto!). Se ce lo avessero preannunciato durante il brindisi del 2020, avremmo stentato a crederci, lasciandoci andare ad una fragorosa risata. Purtroppo, però, non è una barzelletta di cattivo gusto, ma la dura e cruda realtà. Negli ultimi tre anni, infatti, l’umanità è stata travolta da una serie di crisi che, tutte insieme, senza soluzione di continuità, hanno messo a dura prova la nostra naturale resilienza e innata propensione all’ottimismo: la pandemia (un evento più unico che raro), l’inflazione galoppante, i tassi di interesse alle stelle, la penuria di manodopera, la guerra tra Russia e Ucraina e poi quella tra Hamas e Israele, con il mondo sull’orlo di una guerra nucleare e la polarizzazione del dibattito, acuito dalla cassa di risonanza rappresentata dai social media. Un dibattito avvelenato da una sorta di ‘dittatura del relativismo’ (l’ultima profezia di Papa Ratzinger), dove si riscrive, o si cancella, la storia; dove i valori vengono capovolti, dove la tradizione viene rinnegata. Tutto questo a livello internazionale. Qui in Québec, visto che non ci facciamo mancare nulla, abbiamo anche la lotta senza quartiere tra governo e sindacati del settore pubblico che, come in un dialogo tra sordi, continuano col loro braccio di ferro sul rinnovo dei contratti a discapito di servizi imprescindibili come l’istruzione e la sanità. In attesa che le parti in causa raggiungano un accordo, circa un milione di ragazzi e ragazze non vanno più a scuola e molti pazienti hanno difficoltà a vedere un medico specialista, o ad entrare in sala operatoria. Siamo tutti testimoni, nostro malgrado, di una crisi senza precedenti che ci rende sempre più fatalisti, avviliti e insicuri sul prossimo futuro.
Eppure, proprio nel momento più buio e complicato della storia dell’uomo, emerge, imperscrutabile e implacabile, la nostra forza più grande, più profonda, più vera, più autentica: la speranza. La speranza in un mondo migliore. Dopo tutto, per quanto melenso e cliché possa sembrare, il sole torna sempre a splendere in un cielo blu, meraviglioso e raggiante. Non importa quanto forte sia stata la tempesta, la quantità di fulmini che si sono abbattuti sulla terra; o la quantità di vento, acqua, neve e ghiaccio che hanno seminato paura e distruzione. Prima o poi, le intemperie finiscono e la luce torna sempre a illuminare l’oscurità. Siamo tutti pervasi da questo sentimento nobilissimo, insito nei meandri della natura umana e che prescinde da qualsiasi dottrina, ideologia o religione. Ma che, proprio a Natale, trova la sua ragion d’essere più grande e profonda. In occasione del Natale cristiano, torniamo tutti bambini e guardiamo al domani con occhi candidi, meravigliati e disincatati. Il Natale come festa della luce che, nonostante tutto, non è vinta dalle tenebre: quel ‘Sol Invictus’ che gli antichi celebravano nella prossimità del solstizio invernale. La festa di un’umanità che si ribella alle avversità e alla morte; e che, nel momento del massimo buio, indica con Fede e Speranza la piccola luce che resiste e che pian piano inizia a crescere fino a prendere il sopravvento nei nostri cuori. In vista di un Nuovo Anno che, puntualmente, ci auguriamo possa essere speciale e indimenticabile. Saremo smentiti ancora come già successo in passato? Può darsi. Ma ogni volta, a Natale, ci piace correre il rischio di credere che questa volta sarà diverso.
È la Speranza, bellezza!