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La Luna. Principii e criteri alla base della nostra percezione della Luna

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Per poter captare la portata simbolica e l’ascendenza della Luna nella storia, nella religione e nella filosofia, bisogna risalire al pathos vissuto sin dall’antichità più remota, nella quale è maturato il fascino per il nostro satellite nelle coscienze dell’Umanità intera, fino a diventare un archetipo. Già con Eraclito l’antichità classica concepì l’esistenza come un eterno e tragico confronto, una lotta tra freddo e caldo, ghiaccio e fuoco (il famoso “fuoco eracliteo”), fino all’idea del sole Platonico, quale fonte del bene (luce e calore), contrapposta al male (oscurità e ghiaccio), per arrivare all’era moderna del sole dei lumi rischiarante la ragione.

Questi simboli e queste teorie possono generalmente esser visti come “cose del passato”, per cui sorpassati e appartenenti al mondo della fantasia. Invece, malgrado i tempi e le “correnti di pensiero” moderne, partorite da una logica materialista e scientista, come controparte sono state proposte in alternativa, interpretazioni della natura e del cosmo che si riallacciano a principi che trascendono le “verità assiomatiche” dell’intellighenzia regnante. Quel che farà dire al professor Peter Stoderdijk (1947), “L’anima umana è permeata da un cosmo di vitalità animali e vegetali, e da enigmatiche fonti di un’energia (spirito?, n.d.r.) che esercita la sua influenza dietro la notte e il giorno, la tempesta e il sereno, il calore e il gelo”. Mi rendo conto che non è qui la sede ideale per sviluppare questi argomenti, per cui la mia è solo una “volgarizzazione” del soggetto. Perciò su questa linea, volgarizzando, propongo alcune inquietanti teorie, accantonate perché basate su criteri non conformi al pensiero “sapienziale” moderno. A questo proposito, cito un autore “scomodo” che ha letteralmente rivoluzionato la storia in genere e quella del nostro pianeta.

Si tratta di Immanuel Velikovsky. Egli nacque nel 1895 a Vitebsk, città della Russia sulla Divina Occidentale, e morì a 84 anni, a Princeton, negli Usa, nel 1979. Scrittore e profondo studioso, con la pubblicazione del suo “Mondi in Collisione” (1951), opera dotta e ricchissima di riferimenti bibliografici, creò scompiglio e ostracismo nel mondo accademico dell’epoca. Nella sua singolare pubblicazione, l’autore parte dall’ipotesi che gli eventi di natura chiaramente catastrofica descritti da alcuni miti e dalla letteratura antica siano fenomeni realmente accaduti, la cui spiegazione non può essere data in un contesto puramente terrestre e va quindi attribuita ad interazioni fra il pianeta Terra e corpi extraterrestri. Egli ipotizza che gli agenti extraterrestri implicati siano stati: primo, il pianeta Venere; secondo: il pianeta Marte; pianeti allora in orbite diverse da quelle attuali, più ellittiche, e reduci da precedenti interazioni con i grandi pianeti del sistema solare. Secondo il Velikovsky, con l’ultima catastrofe (Marte) le orbite dei due pianeti sarebbero state infine “stabilizzate” e sarebbe terminato per il pianeta Terra il periodo catastrofico, “dove i pianeti costituivano una effettiva minaccia, dove l’astrologia era quindi una forma di scienza basata sullo studio di una realtà diversa del sistema solare”. Il libro contiene prevalentemente riferimenti alla letteratura classica, mitologica e a misteriosi riferimenti archeologici.

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Una rappresentazione ideale di Atlantis, prima che un cataclisma apocalittico la sprofondasse negli abissi marini del Pacifico.
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Una conturbante e reale veduta di rovine di una misteriosa civiltà sommersa nel Pacifico, scoperta da un gruppo di oceanografi a bordo del EV Nautilius. I misteriosi e spettacolari reperti inabissati son stati definiti: “La via verso Atlantis”.

L’autore, durante gli anni Cinquanta e parte degli anni Sessanta, fu boicottato e dichiarato persona non grata nelle Università e centri di ricerca Usa. Tuttavia, dopo che le prime missioni spaziali confermarono in modo spettacolare parecchie delle sue previsioni sul sistema solare, fu invitato a tenere conferenze in varie Università. Questo per il Velikovsky. Vi sono state altre opere, altri autori che, pur non allo stesso livello, trattando della presenza del nostro satellite, risultano pertinenti ed interessanti. Dopo il cruente secondo conflitto mondiale e l’impiego di ordigni nucleari su Hiroshima e Nagasaki, l’opinione mondiale divenne critica verso la scienza, prestando orecchio e attenzione a vedute alternative. Questo clima determinò la pubblicazione di decine di titoli, oltre a quelli già citati.

Tra questi, l’interessante pubblicazione dell’editore Robet Laffont dei tre volumi di Robert Charroux: “Histoire inconnue des homme depuis cent mille ans”, Le livre du mysterieux inconnu”, “Le livre des maitres du monde”. L’editore Gallimard, invece, ha proposto una lunga collana, “j’ai lus”, tra cui “L’Atlandide et le règne des géants” di Denis Saurat, e il volume di Jean Sendy, “La lune, clé dela Bible”. Va detto che tra queste pubblicazioni ve ne sono tante fantasiose e di alcun valore; però, va pur detto che i titoli citati risultano pertinenti alla lettura, poiché corredati da una ricchissima bibliografia. Come Velikovsky, gli autori succitati partono dal principio che la storia della Terra e del suo satellite, la Luna, va rivista e completata alla luce di altri parametri di conoscenze, considerando scritti e particolari mitologici, i quali costituiscono simbolicamente testimonianze di fatti realmente accaduti. È il caso dell’ “Atlandide et le règne des géants”. Il libro parte da remote testimonianze, corroborate da reperti archeologici che presuppongono l’esistenza di antiche civilizzazioni. Il Saurat sviluppa il suo discorso sulla falsariga di Velikovsky e in riferimento al mito platonico riassunto nel Timeo e sviluppato nel Critias dallo stesso Platone, in cui si parla dell’origine del nostro satellite, la Luna. (Continua)

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