La presenza e l’osservazione della Luna attraverso i secoli ha dato luogo a più che pertinenti considerazioni. Prudenza, però: il fascino ammaliatore della Luna ha nutrito e ancora nutre (soprattutto nel folclore e nelle superstizioni) le più stravaganti e fantasiose credenze. Invito, dunque, a discernere il puramente superstizioso e fantastico dalla pertinenza di dottrine e considerazioni a cui faccio riferimento, considerandole retaggio della sapienza antica e quale risultato di un particolare stato mentale e di coscienza maturato da cause a noi sconosciute, ma che spiegano in modo pertinente e affascinante la storia della Terra, della Luna e della manifestazione della vita sul nostro pianeta. Questo mio breve e superficiale excursus non è destinato a “provare” una verità, bensì, in riferimento a dinamiche prima religiose e poi filosofiche, un pathos particolare vissuto ciclicamente e quotidianamente dall’umanità sin dalla notte dei tempi.
Più vicino a noi, accenno a valutazioni intellettuali e pubblicazioni in netto contrasto con le tesi accademiche ufficiali sul soggetto, poiché partono dal presupposto che l’antica cosmogonìa, alcuni miti e religioni, costituiscono i residui di avvenimenti realmente accaduti, i quali, corroborati da antiche testimonianze, misteriosi reperti archeologici (terrestri e oceanografi), paleobotanici, e dallo studio del paleoclima ambientale del quaternario, assumono un’evidente pertinenza. Nell’ambito di immani e tempestosi periodi cosmici, la storia della Terra e della manifestazione della vita è intimamente ritmata dalla presenza del nostro satellite. Perciò l’origine della Luna costituirebbe la chiave che spiegherebbe non solo la sua ascendenza, ma anche l’origine della vita sul nostro pianeta. (Vedi l’opuscolo di Jean Sendy, “La Lune clé de la Bible”).
L’aver fatto riferimento a Platone e a concetti filosofici, come il “fuoco eracliteo” come principio del palpito della vita, quale risultato di un equilibrio dell’eterno confronto tra il ghiaccio e il fuoco, il freddo e il caldo, la morte e la vita, può esser sembrato fuori luogo. Vi è che secondo queste vedute tradizionali, la causa prima determinante di questi principii, non è terrestre, ma extraterrestre. Negli immani cataclismi cosmici subìti dalla Terra, provocati dall’ingerenza improvvisa di corpi celesti nel sistema solare (vedi Velikovsky e il suo pregiato “Mondi in collisione”), la Luna (o le lune) misteriosamente apparsa ha contribuito ad equilibrare, stabilizzare e determinare fasi cicliche sulla terra, condizionando la vita sotto tutti gli aspetti. Ma l’ascendenza del nostro satellite sulla Terra non si ferma alle maree e alla durata del ciclo vitale, vegetale, animale e umano. Secondo queste teorie alternative, la Luna, condizionata da fattori cosmici, ha a sua volta determinato e determina le fasi, le ere della Terra e i periodi di glaciazione e riscaldamento.
Stando a queste vedute, il “fuoco eracliteo” a cui ho fatto riferimento non è solo simbolo di una speculazione intellettuale o filosofica, ma anche e soprattutto il residuo, l’eco lontano di fatidici avvenimenti. Di quando la Terra, scombussolata da squilibri extraterrestri, subiva bruschi e radicali cambiamenti climatici, i cui protagonisti in assoluto erano il fuoco dei vulcani e i ghiacci siderali: l’eterno confronto di due assoluti, due opposti. Lo scontro provocò immani terremoti e maremoti che segnarono la storia del nostro pianeta. Come in un turbinìo agitato da un mestolo immane, magma e lapilli raffreddandosi crearono isole e continenti. Mentre le acque, come agitate da un immenso “Tridente” “aprivano gli oceani” al sorger dalle acque una “Terra purificata”, determinando e lasciando “segni” e simboli che nutrirono l’universo spirituale dell’umanità duramente decimata e provata; “quando gli Dei, Ciclopi, ed entità di natura extraterrestre, si confrontarono”. È proprio a quest’universo tempestoso che si riferisce Platone quando ci parla di Atlantis, riassunto nel Timeo, e sviluppato nel suo Critias.
Riferendosi ad “un tempo che fu” (“Illo tempore” eleideiano), il principe dei filosofi lascia intendere che la remota antichità non corrisponde ad un periodo primitivo storico e cavernicolo. Al contrario delle teorie naturaliste moderne (ripeto, teorie!), la preistoria ha conosciuto forme sapienziali e di civiltà ben superiori alla nostra (se possiamo ancora definirla civiltà). Un lavorìo lento ma inesorabile è stato (e lo è tutt’ora) responsabile di un allontanamento da uno stato primordiale “di quando lo spirito dominava la materia, gli Dei scendevano sulla Terra” e l’umanità viveva uno stato “paradisiaco”.
È arcinoto il “mondo delle idee” di Platone, per cui il “racconto” su Atlandide ed il suo destino può esser interpretato come la tragedia di un popolo e di una civiltà ideale, che ad un certo punto (9600 anni circa, prima della nostra era) svanì sprofondando negli abissi marini. Invece forse è il caso di una tragedia realmente accaduta, che i meandri del tempo ha confuso in leggenda e mito. Il Tema di un’umanità che perde, prima uno stato paradisiaco, per poi esser punita con un Diluvio universale purificatore, ricorre nei miti e nelle leggende di molte civiltà: classica, amerindiana, asiatica e africana.
Come mai il riscontro dello stesso tema? Se ci soffermiamo sulla Bibbia e sulla mitologia classica, in entrambe abbiamo una corrispondenza simbolica impressionante. Nel caso biblico, Dio, constatato che l’umanità si era allontanata dai principii assegnatogli, decise di punirla con un diluvio purificatore da cui si salvò solo Noè e la sua Arca. Stessa cosa nella mitologia classica: gli uomini, diventati crudeli e sanguinari, disgustarono Zeus, il quale decise di provocare un diluvio purificatore, dal quale si salvarono solo Deucalione e Pirra. Il Diluvio religioso cela un avvenimento realmente accaduto e subìto dall’intera umanità, fino a diventare un archetipo.