Colgo l’occasione del Grand Prix di Montréal per parlare della Ferrari, già programmata nella serie delle creazioni del genio italiano.
Enzo Ferrari diceva che non voleva una produzione industriale di modelli standard, ma una successione di prototipi; l’inconfondibile macchina, simbolo di lusso, velocità e stile è prodotta in sole 3600 unità all’anno. Quasi tutte le Ferrari, pù di 100,000, sono ancora in circolazione a testimoniare la grande cura e la perfezione della manifattura. Costruita per gare di velocità, ha avuto innumerevoli successi ed è diventata la più famosa macchina da corsa, celebrata e rispettata in tutto il mondo. Copiata e mai uguagliata, è sempre stata il simbolo della macchina perfetta, anche se negli ultimi anni non ha avuto il successo che si sperava nelle gare di Formula 1. Eppure, anche perdente, resta sempre la più famosa e amata di sempre.
Enzo Ferrari nacque a Modena nel 1898 e il suo amore per la velocità e l’eleganza della forma si manifestò fin dalla fanciullezza, un amore che lo portò a perfezionare e pilotare una macchina da corsa quando aveva solo 21 anni. Nel 1929 diventò il direttore della Scuderia, un insieme di tecnici, ingegneri e modellisti che avrebbero portato gloria e trofei alla casa di Maranello e all’Italia tutta. Nel 1938 la Mercedes-Benz sviluppò il suo prototipo per competere con la Ferrari; l’Alfa Romeo decise allora di prendere il controllo della Scuderia ed Enzo si dedicò alla costruzione di macchine per la guerra che imperversava in tutta Europa.
Dopo il conflitto, si stabilì a Maranello e ricominciò a perseguire la passione per le macchine da corsa. Nel 1948 vinse il Grand Prix di Roma alla guida della nuova 125S. Seguì l’introduzione dei dodici cilindri, arduo problema a causa del peso e della struttura. Fu Gioacchino Colombo a risolvere il problema e la macchina divenne imbattibile. Il 1961 vide l’introduzione del motore turbo che recuperò la dispersione di energia dando una spinta ulteriore alla velocità. Si dovette aspettare fino al 1980 per il suo utilizzo perché troppo caro.
Le modifiche apportate ogni anno sono la chiave del continuo successo: – abbassamento del centro di gravità per una maggiore trazione, stabilità e frenaggio; – introduzione di aria fredda, più densa e pesante, che aumentò la potenza del motore; – acqua iniettata nella 126 CB e 126 C3 che permise di vincere il campionato costruttori nel 1983; – uso del dispositivo semi-automatico, che diede un maggior controllo al pilota; – un alettone dietro per maggiore stabilità e due laterali per aumentare l’aderenza alla pista…
Una delle caratteristiche delle macchine da corsa, adottata dalla Ferrari, è l’utilizzo dell’effetto Venturi, così chiamato dal nome di un altro genio italiano, Gianbattista Venturi. Questo fenomeno è dovuto all’equilibrio di pressione e velocità e riguarda la restrizione del flusso dell’aria attraverso una strozzatura per aumentare la velocità e ridurre la pressione, creando in questo modo una forza verso il basso che stabilizza maggiormente la vettura e facilita l’aspirazione del combustibile.
Vorrei chiudere questa breve descrizione del gioiello italiano con una curiosità pertinente: l’effetto Venturi sfruttato in modo del tutto naturale dal falco pellegrino che, durante la discesa a picco, raggiunge la velocità di 320 Km orari. La posizione delle penne causa dei vortici che, dopo una restrizione del diametro del flusso di aria a tubo, per la posizione particolare delle penne del corpo e delle ali si espandono riunendosi a quelli della coda provvedendo una forza aerodinamica che accentua la velocità e stabilizza la discesa. Il punto di “strozzatura” si chiama Vena contracta, che è la zona di massima trasformazione dell’energia di pressione in energia cinetica durante il passaggio di un fluido attraverso un orifizio o un ugello.
Vena contracta Enzo Ferrari morì a Modena nel 1988.