Intervista a Félix Rose, regista del recente documentario sulla celebre e amara crisi linguistico-sociale
MONTRÉAL – La bataille de Saint-Léonard, distribuito da Maison 4:3 e prodotto da Picbois Productions, è un documentario che ripercorre gli eventi essenziali delle lotte tra il 1968 e il 1970 che alla fine portarono all’adozione della Carta della lingua francese (Legge 101) da parte dell’Assemblea nazionale nel 1977. Ha avuto un buon successo nelle sale del Cinéma Public e della Cinémathèque québécoise, è stato anche trasmesso su TVA e ha inevitabilmente risollevato la polvere sul tema. Ci è sembrato giusto incontrare Félix Rose, regista di questo intenso e delicato lavoro.
Figlio di Paul Rose e nipote di Jacques Rose, figure del Front de libération du Québec durante la Crisi di Ottobre del ’70, nonché nipote di Rose Rose, militante per i diritti. È ovvio che ha la politica nel sangue… ma perché il desiderio di documentare questo argomento? “Perché è un po’ come il sequel naturale del mio documentario ‘Les Rose’ (2020), appunto, sulla mia famiglia, e volevo veramente comprendere anche quello che avevano vissuto mio padre e mio zio, militanti per la francofonia. Senza giustificare alcun loro gesto. Avevo bisogno di capire a fondo i perché di quella radicalizzazione, quindi ho interpellato i portavoce di quel movimento, intervistando perfino Raymond Lemieux, nel 2017, poco prima della sua morte. Ne ho riscontrato la grande complessità delle idee, così contrastanti ed entrambe così giuste. Il figlio di Mario Barone, Mauro, mi ha aperto le porte di casa sua, parlandomi di suo padre, senza mai stigmatizzarmi per il mio cognome e permettendomi di capire l’altra faccia della medaglia. Non c’erano buoni o cattivi. Entrambi hanno sofferto molto, come le loro famiglie”.

Più voci hanno criticato la mancanza totale nel racconto di una verità molto importante, cioè che i genitori italiani avrebbero voluto mandare i loro figli nelle scuole francofone, che però non li accettavano… per mantenere un’omogeneità etnoculturale nelle classi, il sistema educativo, cattolico, francese, rifiutava, più o meno sistematicamente, i figli degli immigrati italiani, ma anche ebrei o protestanti o greco-ortodossi, che furono dunque tutti costretti a frequentare scuole inglesi. Cosa ne pensa? “Desidero apportare le sfumature necessarie al dialogo. So quanto questo argomento sia divisivo e non voglio offendere alcuna sensibilità, né entrare in guerra con nessuno. Ha ragione chi dice che ad alcuni bambini di origine italiana è stato negato l’ingresso in alcune scuole francofone e capisco la rabbia. Tuttavia, questo sembra implicare che ciò sia accaduto a tutti i figli degli italiani, quando in realtà molti hanno avuto accesso all’istruzione in francese. La realtà della Comunità italiana di Saint-Léonard non è necessariamente quella di tutta Montréal. Io mi sono attenuto a quello che ho trovato negli archivi e non si trova da nessuna parte una prova di rifiuti agli italiani. Allora non l’ho potuto negare, ma nemmeno affermare… non nego niente, ma mi sono basato sulle ricerche. Qualcuno ne ha senz’altro sofferto, ma non è stato un fenomeno di massa. Ho incontrato professori, accademici, storici. Non c’è stato un vero rifiuto sociale o razziale. Anche gli italiani erano cattolici ed era la religione l’aspetto più importante, essendo l’istruzione in mano al clero. All’epoca le scuole francofone erano piene, c’era carenza di infrastrutture e, in mancanza di posti, la legge diceva che bisognava dare la priorità a chi in famiglia era di prima lingua francese. Ecco perché a volte è accaduto. Il film mostra poi chiaramente che gli italiani erano a favore del bilinguismo e non contrari al francese. Consideravano, giustamente, l’apprendimento di due lingue una ricchezza che avrebbe dato ai loro figli maggiori opportunità di ascensore sociale. Per me era importante costruire il documentario con i documenti e nessun intervento dei portavoce della Comunità italiana di Saint-Léo-nard menziona il rifiuto nelle scuole francofone, perché non si trattava di una realtà da loro sperimentata. Ciò non significa che minimizzi le sofferenze dei bambini italiani che contro la loro volontà sono andati nelle scuole anglofone. Semplicemente, non ho trovato un legame con la mia materia. Il mio ruolo di documentarista era quello di raccontare la crisi di Saint-Léonard attraverso la storia delle famiglie dei due personaggi centrali del conflitto, ma quella dei Lemieux e dei Barone non è certamente la storia di tutti i francofoni e italofoni del Québec. Credo anche che la storia degli italiani mandati nelle scuole di lingua inglese meriti di essere raccontata e approfondita per comprendere meglio cosa è successo”.
Altri hanno infatti molto apprezzato la giustizia del suo racconto, la sua oggettività, assolutamente priva di cliché, caricature, pregiudizi o ostilità verso nous les italiens, e l’equità di rappresentazione tra i due antagonisti. Addirittura, dopo la ‘battaglia’, Lemieux è raccontato come depresso, isolato, povero, la sua famiglia disgregata, da lui distanziata, mentre Barone resta un imprenditore illuminato, stimato, rispettato, con una famiglia unita e benestante, i suoi figli laboriosi, realizzati, perfettamente trilingui e integrati nella società quebecchese. È cosciente di aver donato un quadro che glorifica un po’, alla fine, il lato italiano? “Non si tratta di glorificare, né di denigrare nessuno, ho semplicemente cercato di raccontare la verità, la realtà. Volevo ad ogni modo umanizzare il conflitto. La tendenza è sempre ad antagonizzare, quello ha torto e quello ha ragione. Io spero che lo spettatore possa pensare ‘non sono d’accordo con Barone, ma lo rispetto… o non sono d’accordo con Lemieux, ma lo capisco…’. Sapersi mettersi l’uno nella pelle dell’altro, capire entrambi i punti di vista”.
Nella prossima edizione pubblicheremo un’intervista anche all’avv. Ralph Mastromonaco, per esporre, senza antagonizzare, il suo punto di vista critico. L’intento è di portare sul tavolo tutte le sfumature di questo dibattito, non con i toni di una guerra polarizzata ma di una collaborazione costruttiva.