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Israele-Hamas, la guerra non si ferma: Rafah al centro della strategia di Netanyahu

(Adnkronos) – Rafah teme il peggio, il peggio del peggio. Benjamin Netanyahu, respingendo la controproposta di Hamas per un cessate il fuoco a Gaza, ha annunciato che le forze israeliane sono “pronte a operare a Rafah” nel sud della Striscia a ridosso del confine con l’Egitto. “La roccaforte di Hamas a Rafah è cruciale per la sua sopravvivenza”, titola un’analisi del Jerusalem Post, mentre proseguono le operazioni militari israeliane nell’enclave palestinese, scattate dopo l’attacco del 7 ottobre in Israele. 

E’ da Rafah che passano gli aiuti per la popolazione di Gaza, che nel 2007 finì sotto il controllo Hamas, gruppo di cui Netanyahu vuole la “distruzione militare”. Nell’area di Rafah si sono rifugiati quasi la metà dei 2,3 milioni di palestinesi di Gaza e, ha evidenziato il Guardian, ormai le tendopoli arrivano fino ai cimiteri. In centinaia di migliaia vivono ammassati con il timore di essere di nuovo sfollati, ha scritto il giornale, sottolineando come la scelta sia se restare in una città sovraffollata e aspettare l’offensiva o rischiare di spostarsi verso nord, verso una zona in cui continuano i combattimenti. A Rafah regna il panico, dice la tv satellitare al-Jazeera. 

Per gli operatori umanitari Rafah è una “pentola a pressione della disperazione”. Per Hamas, scrive il Jerusalem Post, “il controllo di Rafah è sempre stato importante”, è una zona di “massima importanza” e, nonostante la “sconfitta” del gruppo “in molte zone della Striscia di Gaza”, Hamas “continua a dominare a Rafah”. Il gruppo, scrive il giornale, “vuole avere il controllo sugli aiuti e su altro, come le merci di contrabbando o gli arsenali di armi”.  

E in una Striscia martellata da quattro mesi dai militari israeliani “trae vantaggio dall’avere un gran numero di sfollati a Rafah da usare come scudi umani” per “sopravvivere a Gaza”. Così “resistere a Rafah è cruciale per continuare a dominare a Gaza”. E il Guardian sottolinea l’importanza per Israele della ‘Philadelphi Route’, i 14 chilometri che corrono tra la Striscia e l’Egitto. 

Secondo l’agenzia palestinese Wafa, nelle scorse ore almeno 14 persone sono morte e decine sono rimaste ferite in bombardamenti israeliani che avrebbero colpito due case nella zona di Rafah. E tra le 14 vittime ci sarebbero cinque minori. 

Le voci che arrivano da Rafah dicono che tutti temono un allargamento dell’operazione di terra delle forze israeliane. Alla Cnn il responsabile per i media del governo di Hamas a Gaza, Ismail Al-Thawabta, ha detto che se le Idf entreranno a Rafah sarà “un vero disastro”. 

Il capo dell’Onu continua a chiedere un cessate il fuoco immediato e il rilascio incondizionato degli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre. Intanto Hamas ha confermato l’arrivo di una delegazione al Cairo “per completare i colloqui sul cessate il fuoco”. Ieri Netanyahu ha detto senza mezzi termini che se Israele cedesse “alle condizioni di Hamas” si rischierebbe “un altro massacro”, come quello del 7 ottobre. Il premier israeliano vuole la “vittoria totale”. 

Ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto “particolarmente allarmato dalle notizie riguardo al fatto che l’esercito israeliano intende concentrarsi prossimamente su Rafah, dove centinaia di migliaia di palestinesi si sono ammassati nella disperata ricerca di salvezza”. Secondo Guterres, “un’azione del genere aumenterebbe esponenzialmente quello che è già un incubo umanitario con conseguenze indicibili per la regione”. 

Re Abdullah di Giordania lascia il regno per un tour che lo porterà negli Stati Uniti, in Canada, Francia e Germania. Queste le tappe nell’ordine riportato dall’agenzia Petra secondo cui a Washington il sovrano vedrà il presidente americano Joe Biden. In programma, riferisce la Petra senza indicare la data prevista del faccia a faccia (che secondo indiscrezioni di stampa sarà all’inizio della prossima settimana), anche colloqui con altri responsabili dell’Amministrazione Usa e membri del Congresso. L’obiettivo è “mobilitare il sostegno internazionale per un cessate il fuoco immediato a Gaza, la protezione dei civili e la fornitura in modo sufficiente e stabile di aiuti umanitari”. Il focus è anche sull'”importanza di creare un orizzonte politico che porti a una soluzione complessiva che ponga fine al conflitto israelo-palestinese”. 

A Ottawa, riporta ancora la Petra, re Abdullah vedrà il premier Justin Trudeau e a Parigi incontrerà Emmanuel Macron. In Germania parteciperà alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, in programma dal 16 al 18 febbraio, con diversi bilaterali in programma a margine dell’appuntamento. 

Israele sarebbe disposto a permettere al leader di Hamas e mente del 7 ottobre Yahya Sinwar di andare in esilio in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi e della fine della presenza di Hamas nella Striscia di Gaza. Lo riferisce la Nbc, che, citando sei “alti funzionari e consiglieri israeliani”, sostiene che il piano sarebbe in discussione da novembre. “Non ci importerebbe se Sinwar se ne andasse, come fece Arafat quando lasciò il Libano. Permetteremo che ciò accada purché tutti gli ostaggi vengano rilasciati”, ha detto alla Nbc un consigliere del primo ministro Benjamin Netanyahu, riferendosi al leader dell’Olp che ottenne il permesso di salpare lasciare Beirut per andare a Tunisi nel 1982. 

Secondo quanto riferito, la settimana scorsa Israele ha detto ai negoziatori americani a Parigi di avere una lista di sei leader di Hamas, tra cui Sinwar e Mohamed Deif, che vuole vedere fuori dalla Striscia di Gaza. La Nbc afferma che il piano non è mai arrivato ad Hamas, perché il gruppo terroristico ha già detto che non accetterebbe la soluzione dell’esilio. 

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