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Israele, esercito entra per la terza volta a Gaza. Raid Usa in Siria

(Adnkronos) – Israele ha inviato truppe e carri armati nel Nord di Gaza per un breve raid “in vista delle prossime fasi del conflitto” a 20 giorni dall’attacco di Hamas secondo le ultime news di oggi 27 ottobre, mentre la sorte degli ostaggi tenuti in ostaggio dai militanti rimane saldamente sotto i riflettori. L’incursione limitata è arrivata poche ore dopo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva promesso che i preparativi per un’offensiva di terra per distruggere i leader di Hamas a Gaza stavano avanzando. 

L’Idf è entrato nel nord di Gaza nella notte per la terza volta in 24 ore e ha attaccato le postazioni di Hamas, alcune delle quali nella città di Gaza. Secondo l’esercito, gli obiettivi erano membri di Hamas, piattaforme di lancio di missili anticarro e quartier generali di Hamas. Nessun soldato israeliano è rimasto ferito. 

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno dichiarato che mercoledì sera sono stati individuati e attaccati “numerosi terroristi, infrastrutture terroristiche e piattaforme di lancio per missili anticarro”. L’esercito ha compiuto diverse incursioni limitate nella Striscia di Gaza nelle ultime due settimane e mezzo. Israele ha anche continuato i suoi attacchi aerei. L’Idf ha anche dichiarato di aver ucciso il vice capo della direzione dell’intelligence di Hamas, Shadi Barud, in un attacco nella Striscia di Gaza, oltre a tre “alti funzionari di Hamas”. Secondo l’esercito Barud “ha preso parte alla pianificazione del massacro del 7 ottobre e di innumerevoli altri attacchi mortali condotti contro gli israeliani. 

Intanto l’esercito americano ha effettuato attacchi contro due strutture nella Siria orientale utilizzate dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e dai gruppi da esso sostenuti. Lo ha detto il Pentagono, aggiungendo che il raid è in risposta a un’ondata di attacchi contro le forze statunitensi sia in Iraq che in Siria. Mentre le tensioni aumentano sul conflitto Israele-Hamas, le truppe statunitensi e della coalizione sono state attaccate almeno 19 volte in Iraq e in Siria da forze appoggiate dall’Iran nella scorsa settimana. Un totale di 21 militari americani hanno subito ferite lievi, nella stragrande maggioranza lesioni cerebrali traumatiche. 

Gli attacchi hanno preso di mira depositi di armi e munizioni utilizzando aerei F-15, ha detto un funzionario del Pentagono, e non sono stati coordinati con Israele. “Questi attacchi di autodifesa di precisione sono una risposta a una serie di attacchi in corso e per lo più infruttuosi contro il personale americano in Iraq e Siria da parte di gruppi di miliziani sostenuti dall’Iran, iniziati il 17 ottobre”, ha precisato in una nota il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin. 

Gli attacchi degli Stati Uniti contro obiettivi sostenuti dall’Iran in Siria sono collegati alla guerra Israele-Gaza, ha detto ad Al Jazeera Hassan Mneimneh, un esperto di Medio Oriente e Nord Africa presso il Middle East Institute di Washington, DC, secondo cui i raid americani non possano essere considerati separati dalla guerra dello Stato ebraico in Medio Oriente. 

“Ciò si inserisce nel contesto del sostegno degli Stati Uniti a Israele nella sua guerra contro Gaza e quindi non può essere distinto. Non può essere separato”, ha detto Mneimneh. “Ciò di cui possiamo parlare è il fatto che abbiamo incertezza da parte di Washington riguardo le intenzioni di Teheran e, a sua volta, incertezza a Teheran riguardo alle intenzioni di Washington”. “Se l’Iran è certo che questa guerra sta arrivando – ha aggiunto – allora potrebbero decidere di agire in anticipo, prima di essere annientati da Stati Uniti e Israele. Ma non siamo ancora arrivati a questo punto”. 

Rappresentanti di Hamas a sopresa si sono recati in visita a Mosca. I colloqui tra la delegazione di Hamas, guidata dal suo leader politico Mousa Abu Marzuk e il viceministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov, si sono concentrati sulla questione degli ostaggi. ”I contatti hanno avuto luogo per ottenere l’immediato rilascio degli ostaggi stranieri trattenuti nella Striscia di Gaza e sono state discusse le questioni relative all’evacuazione dei cittadini russi e di altri cittadini stranieri dal territorio dell’enclave palestinese”, si legge in una nota del ministero degli Esteri russo. Un portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, ha detto che circa 50 ostaggi, catturati il 7 ottobre, sono morti in seguito ai bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza. Lo riferisce la Bbc, sottolineando di non poter verificare questo dato in modo indipendente. Le autorità israeliane hanno identificato 224 persone rapite durante l’assalto di Hamas e trattenute come ostaggi a Gaza. Fra loro vi sono anche bambini molto piccoli e persone anziane. 

Intanto il Consiglio europeo esprime la “più grave preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza e chiede un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli, per raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi umanitari e pause per esigenze umanitarie”. Dopo oltre cinque ore di discussione, i leader dei Paesi membri dell’Ue riuniti a Bruxelles nel Consiglio europeo hanno concordato su una formulazione che mette d’accordo tutti e che ricalca in parte il ‘wording’ usato già lunedì scorso dal ministro degli Esteri Antonio Tajani a Lussemburgo (“pause” e non “pausa”). 

Mentre in Israele continua la guerra, i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione hanno trovato un punto di caduta, ricordando esplicitamente la dichiarazione del 15 ottobre, che aveva messo un punto alla ‘cacofonia’ venuta, per una volta, non dai 27, ma dall’interno stesso della Commissione europea, con la presidente Ursula von der Leyen inizialmente su posizioni nettamente pro israeliane e l’Alto Rappresentante Josep Borrell che, pur sostenendo il diritto di Israele di difendersi, sottolineava la necessità di rispettare il diritto internazionale umanitario.  

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