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Iran, attacco a soldati Usa e la risposta di Biden: l’analisi

(Adnkronos) –
Almeno 160 attacchi in meno di quattro mesi. Con razzi e droni. Con un bilancio di circa 70 feriti tra il personale Usa. Fin quando un drone ha colpito un avamposto Usa, ‘Tower 22’, in Giordania, vicino ai confini con Siria e Iraq. Tre soldati americani sono morti e più di 30 sono rimasti feriti. “Prima o poi sarebbe accaduto: l’Iran ha superato la linea rossa degli Stati Uniti”, scrive Max Boot per il Washington Post, evidenziando l’escalation di attacchi delle milizie sostenute dall’Iran contro le forze Usa in Iraq e Siria dalla strage del 7 ottobre in Israele. 

Il presidente americano Joe Biden ha attribuito l’attacco a “gruppi estremisti sostenuti dall’Iran attivi in Siria e Iraq”. “Chiederemo conto a tutti i responsabili nei tempi e nei modi che sceglieremo”, ha affermato. Secondo l’editoriale, la morte di soldati Usa impone “una risposta più forte rispetto a quanto hanno fatto sinora gli Stati Uniti con raid aerei limitati contro milizie sostenute dall’Iran”.  

Sinora l’Amministrazione Biden è stata “comprensibilmente riluttante” rispetto alla possibilità di “rimanere intrappolata” in una spirale di escalation con l’Iran, “ma è chiaramente giunto il momento di dimostrare all’Iran che non può uccidere le truppe Usa nell’impunità”. E, secondo l’editoriale, a Teheran non interesserà se gli Usa prenderanno di mira altri miliziani o loro comandanti perché, dal punto di vista della Repubblica Islamica, sono “sacrificabili”. 

Mentre, prosegue l’analisi, “per attirare l’attenzione dell’Iran, gli Stati Uniti devono colpire personale della Forze Quds in Yemen, Iraq, Siria o Libano, a cominciare dal generale Ismail Qaani, successore di Soleimani”, ucciso in un raid aereo americano in Iraq nel gennaio di quattro anni fa. Il Post fa anche il nome del “comandante Khalil Zahedi”, l’uomo che supervisiona la presenza iraniana in Siria. 

Secondo il giornale, l’Amminsitrazione Biden dovrebbe anche fare di più a livello di sanzioni contro l’economia dell’Iran anche perché l’accordo internazionale sul nucleare iraniano non è mai stato rilanciato “e non ci sono buone ragioni per non continuare a intensificare le sanzioni” contro la Repubblica Islamica. 

“Biden è consapevole della necessità di dissuadere l’Iran senza entrare in una grande guerra con la Repubblica Islamica, ma è chiaro che i passi fatti sinora non sono stati sufficienti per proteggere le forze Usa nella regione” e gli Stati Uniti “devono fare di più, senza spingersi troppo oltre e innescare una più ampia conflagrazione regionale”. 

Un equilibrio difficile anche perché un conflitto con l’Iran potrebbe far vacillare l’economia Usa, e non solo, e perché tra i fattori di deterrenza in mano alla Repubblica Islamica ci sono le forniture assicurate agli Hezbollah libanesi e gli Houthi dello Yemen che attaccano i mercantili nel Mar Rosso. E potrebbero tornare a prendere di mira Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. 

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