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Inflazione in Italia, nel 2022 impennata record dal 1985

(Adnkronos) – L’inflazione frena a dicembre, ma il 2022 è stato un anno da record. Trainata all’impennata dell’energia, +50,9%, la crescita media segna un incremento dell’8,1%, il più ampio al 1985 quando fu del +9,2%. Nel 2021, la crescita era stata dell’1,9%. A certificarlo è stata oggi l’Istat che ha diffuso le rilevazioni provvisorie. Ora, si prevede un raffreddamento nel 2023 che, comunque, porterà già il suo ‘fardello’ con un effetto trascinamento del +5,1%. L’anno chiude, intanto, con segnali di rallentamento: l’indice Nic mostra un aumento su base annua dell’11,6%, dopo il +11,8% di novembre, e un aumento su base mensile dello 0,3%.  

Ma la febbre rimane, comunque, alta anche nel raffronto con le principali economie europee. Come mostrano i dati diffusi negli ultimi giorni, a dicembre è continuata la discesa in Germania, che registra un incremento annuo dell’8,6%, scendendo sotto la soglia della doppia cifra di novembre +10%, e una flessione su base mensile dello 0,8%. In Francia, i prezzi al consumo sono aumentati del 5,9% su anno e scesi dello 0,1% su mese. A completare il quadro europeo sarà domani la stima flash dell’inflazione di dicembre nell’area euro.  

A livello globale, intanto, per il 2023 gli economisti si aspettano un calo graduale dell’inflazione a livello globale, ma con andamenti assai differenti fra le diverse aree, emerge dall’ultimo maxi-sondaggio condotto trimestralmente dall’Istituto di ricerca economica tedesco Ifo e dall’Istituto svizzero di politica economica. Il tasso di inflazione mondiale raggiungerà il 7,1 per cento nel nuovo anno, poi il 5,8 per cento l’anno prossimo e solo il 4,5 per cento nel 2026. In Europa occidentale (5,4%), Nord America (5,2%) e Sud-est asiatico (5,3%), le aspettative di inflazione per il 2023 sono ben al di sotto della media globale.  

Tornando all’Italia, a dicembre il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, che, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, passano da +67,6% di novembre a +64,7%, in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%) e ai prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%). Un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva, invece, dall’accelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%), di quelli dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%). L”inflazione di fondo’, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,6% a +5,8%, mentre quella al netto dei soli beni energetici sale da +6,1% a +6,2%. 

In lieve rallentamento è il ‘carrello della spesa’: i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano su base tendenziale da +12,7% a +12,6%, come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,8% di novembre a +8,5%). 

L’inflazione rallenta ma troppo poco e certo non abbastanza da alleggerire la stangata che nel corso dell’anno si è abbattuta sulle famiglie. E’ la denuncia che arriva all’unisono dalle associazioni dei consumatori, che snocciolano i loro dati. A causa dell’aumento di prezzi e tariffe le famiglie italiane hanno speso complessivamente nel 2022 ben 61,3 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente con un maggior esborso di 2369 euro per una famiglia tipo, calcola il Codacons. “Numeri da capogiro”, commenta. Di dati catastrofici parla l’Unc, secondo cui la stangata si attesta a 2.219 euro.  

Secondo i calcoli della Coldiretti, l’impennata dell’inflazione pesa sul carrello della spesa alimentare degli italiani per quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande. Per Confesercenti, l’inflazione resta ancora alta. “Le notizie sul fronte dei prezzi di gas ed elettricità in calo, dovrebbero far ben sperare in un 2023 che inizia con il piede giusto ma senza facili ottimismi”.  

Preoccupati i sindacati. “Un segnale incoraggiante il rallentamento dell’inflazione. Ma la situazione resta pesante. Serve un patto tra governo e parti sociali per bloccare le tariffe, calmierare i prezzi, ridurre le tasse, rinnovare i contratti, tutelare il potere d’acquisto di salari e pensioni”, chiede il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. “Le stime Istat confermano un anno record per l’inflazione, in corrispondenza di un forte rischio di recessione alle porte”, afferma la vicesegretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi. “Il rialzo dei tassi – prosegue la dirigente sindacale – non sembra funzionare a contenere i prezzi, soprattutto visto che l’inflazione sorge dall’offerta e, in particolare, dalle materie prime energetiche. In Italia non sembra rallentare la corsa dei prezzi e, anzi, dobbiamo aspettarci un 2023 di crisi e ancora inflazione alta”.  

 

 

 

 

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