Ogni civiltà o religione festeggia a suo modo quel che per noi è la Pasqua Cristiana. Nel mondo molte sono le tradizioni inerenti alle festività pasquali; una ricorrenza universale da sempre vissuta e sentita nell’intimo di ogni individuo e società. Questo spiega la diversità di tante tradizioni.
Da noi, prima dell’avvento del consumismo e di un edonismo sfrenato, questa ricorrenza era celebrata solennemente; in modo particolare nel mondo rurale. L’evento si accompagnava a ossevanze relegiose e manifestazioni di fede, a cui si aggiungevano abitudini folcloristiche ancestrali. La Pasqua del passato non era solo celebrata, ma anche vissuta; in ogni famiglia fervevano preparativi e rituali che precedevano il sacro evento; finanche la cucina partecipava con le sue particolari pietanze e leccornie. Tutto concorreva a celebrare la Resurrezione ed il risveglio della natura; tradizioni purtroppo affievolite dalla modernità. Il profano, sempre piu invadente, incalza alterando e contraffacendo simboli, principi e significati, una volta celebrati e osservati con fede. Quel che la nostra società chiama cristianamente Pasqua, è una ricorrenza la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Originalmente celebrava un momento particolare dell’anno: la primavera di Flora e l’equinozio “vernale” (primaverile); da “aequinoctium”, ossia: quando il giorno ha la stessa durata della notte (da “aequus”, cioè: uguale e “nox”, cioè: notte). Tutti sappiamo che le stagioni iniziano solitamente il giorno 21 di marzo, giugno, settembre e dicembre. Fu giocoforza che attraverso i secoli, forme di civiltà differenti, e differenti culti religiosi, interpretarono e assimilarono l’antico evento cosmico al loro credo religioso. È ciò che avvenne col Cristianesimo: le celebrazioni dell’equinozio vernale che chiudevano ed aprivano una fase dell’anno, con cui la natura si risvegliava e rifioriva da una morte apparente, furono reinterpretate da una nuova fede, quella Cristiana.
Cristo, il Nuovo Verbo, risorgeva a Nuova Vita, quella vera, la spirituale. Dopo la sua morte, il Cristo fu riposto in una cripta, da cui risorse, proprio come l’umile chicco riposto nel seno della Madre Terra, che presto germoglia a nuova vita. L’allontanamento decisivo da questo pathos particolare e lo sfaldamento continuo dei valori, iniziò sin dalla famosa giacobina Rivoluzione Francese, e, piu vicino a noi, con il Concilio Vaticano II, il quale ha contribuito non poco a questo processo considerato di “modernizzazione’’.
Assieme ai vari altri temi, vittime dell’ondata riformatrice, furono alterati o cancellati rituali e “abitudini” di alto significato simbolico considerati forme folcloristiche oscurantiste. Quelli di una certa età ricordano benissimo le tante antiche usanze, improvvisamente ripudiate perché considerate sorpassate o residui considerati reazionari con tinte “paganeggianti’’. Sono molti quelli che ancora ricordano l’antica usanza di allestire sull’Altare Maggiore un S. Sepolcro, con un tappeto di biondi germogli di grano, simbolo della germinazione spirituale; fra tutti i semi era prescelto il grano, in quanto simbolo eucaristico e cibo terreno dell’Umanità.
Tutto questo è stato cancellato o, al limite, sopportato in qualche villaggio recalcitrante. Questa vecchia usanza, a cui la Comunità intera partecipava, era simbolo concreto di profonda spiritualità. Ogni famiglia, nell’approssimarsi della Pasqua, religiosamente coltivava al riparo la propria zolla di piantine di grano che alla fine, “prezioso tassello’’, andava a comporre il Mosaico di Vita sull’Altare. Le civiltà agresti non filosofavano, nonspeculavano, però, nella loro grande semplicità, con i loro gesti reiteravano un tempo ideale particolare, pervaso da un’atmosfera che nessun libro o filosofo può definire! Nel mio vissuto personale, ricordo del periodo pasquale l’ansia di noi bambini; qualcosa di particolare aleggiava nell’aria. Alle cerimonie preparative si affiancava il famoso digiuno, concepito come un modesto sacrificio personale necessario al fine di umilmente associarsi al “Gran Sacrificio’’ nella Settimana Santa.
Anche la natura si presentava attonita e assorta nell’attesa; le campane non squillavano; tristi drappi coprivano statue e simboli sacri, come a proteggerli da “occhi profani’’ a preservare il “Gran Mistero’’ celato dall’enigmatico “velo viola’’. Poi, finalmente, il Sabato Santo: I “Veli’’ cascavano, le campane a stormo squillavano gioiose. In ogni focolare, su ogni tavola apparivano le tanto attese, fragranti “pigne’’ e pastiere di grano: pietanze propiziatorie che le nostre mamme preparavano da antiche ricette. Leccornie per noi bambini e offerte augurali, nella scia di antiche usanze utili a propiziare il ciclo novello!