Finalmente è primavera. Dal latino: primo, e ver: inizio; da una radice indoeuropea con significato di ardente, splendente. L’origine della parola rivela un etimo di solenne portata, di entusiasmo, di ardore. Infatti, la primavera è inizio di splendore per la natura e l’umanità.
Nei cieli il caldo sole finalmente, assieme a venti primaverili, spazza via il freddo. In Italia la terra, accarezzata da Zefiro, si risveglia dopo un lungo letargo iniziando a cospargersi di viole, mammole e margherite. Un manto smeraldino sostituisce quello bianco o bruno dei mesi grigi, freddi e uggiosi. Tutto concorre a celebrare la nuova stagione: l’aria diventa satura di balsami inebrianti emananti da panorami verdeggianti, siepi, prati e colline. Dall’alto la terra appare come un firmamento verde trapunto di un’infinità di colori e corolle.
Ovunque è vita che scaturisce e si manifesta: gli alberi brulli si vestono a festa con gemme e fiori, gli uccelli svolazzano recando nei loro becchi fuscelli, foglie secche e fili d’erba per i loro nidi; mentre le rondini, festose foriere della primavera, compiono mille acrobazie. Qui da noi nel Québec, è lo stesso rituale, più improvviso, però, e con altri segni; ma che lo stesso celebrano la vita che rinasce. Sembra che la natura, smaniosa dopo il lungo e rigido inverno canadese, d’improvviso si ridesta liberandosi dalla fredda serra che l’ha tenuta in pugno per cinque lunghi mesi, emergendo nella sua gloria. Scrosci di acque cristalline zampillano mormorando tra stalattiti e stalagmiti di ghiaccio fondente, al cinquettio degli uccelli e al fruscio del vento tra le tenere foglioline. Vispi e guardinghi gli scoiattoli, saettando si rincorrono sul fresco e profumato tappeto di muschio, o tra le fronde da un albero all’altro; poi, d’improvviso, sospettosi, si immobilizzano all’udire il ripetuto ticchettio del picchio.
Ogni tanto un fragore interrompe la quiete: tutto tace a seguito dello schianto improvviso di un albero: è l’opera del laborioso e instancabile ingegnere delle acque dei bacini canadesi: l’instancabile e ingegnoso castoro. Ogni tanto l’udito chiama lo sguardo verso il cielo, verso un inconfondibile richiamo proveniente da punti neri disposti a triangolo: è l’arrivo delle anitre e delle oche dopo migliaia di chilometri di volo; stanche, ma festose, dall’alto salutano il lago o lo stagno lasciato l’autunno precedente e che gli diede i natali.
Quest’anno, però, ovunque, la primavera è più sentita, riveste un significato particolare. Mai come quest’anno “la ninfa fiorita” è bramata da tutti. In tutti vi è voglia di vivere, respirare aria pura, nuova, nella speranza che Primavera, portale della vita, sia segno propizio di un capitolo nuovo, di rinnovo e rinascita dopo il lungo incubo imposto da un infame epidemia. Evadere! In tutti vi è voglia di evadere finalmente; finalmente riprendere a vivere normalmente al ritmo a cui eravamo abituati. Forse perché è il momento più sacro e tenero dell’eterno ciclo delle stagioni, forse perché questo periodo costituisce l’occasione del riscatto, suggerito dalla tradizione religiosa e dalla saggezza antica.
Una cosa è certa: “Prima o poi, la nottata passerà….” è un’espressione tipica tratta dal dialetto napoletano, per indicare che ogni prova comporta un finale liberatorio. Questo pensiero si associa alla triste immagine dell’oscuro tunnel in cui ci ha relegato il Covid. Anche qui, prima o poi, alla fine (ove speriamo essere arrivati) apparirà la luce. La costanza e la prova di resilienza dimostrata costituiscono una grande lezione. Sembra che l’umanità a intervalli sia destinata a subire delle prove, al fine di distrarla dalle fisime artificiali e illusorie, richiamandola ai valori essenziali della vita. A questo proposito il celebre saggio indiano Mahatma Gandhi ci ha lasciato un semplice ma allo stesso tempo profondo pensiero: “Un uomo può uccidere un fiore, due fiori, tre…
Ma non può contenere la primavera.” Lo stesso messaggio a proposito della primavera, ci perviene da un’altra celebre personalità, Toro Seduto, persona appartenente ad una particolare civiltà, la quale considerava la Natura e le sue leggi come un Grande libro a cui riferirsi continuamente, in ogni occasione. Egli ha lasciato questo pensiero: “La primavera è tornata, il sole ha abbracciato la terra: presto vedremo i figli del loro amore. Ogni seme, ogni animale si è svegliato. Anche noi siamo stati generati da questa grande forza…”.
Concludo con queste significative citazioni, augurando a tutti un nuovo capitolo propizio e in salute. Dopo una lunga e dolorosa prova, gli equilibri del cuore e della mente di tutti tendono ad nuova energia di nascita e creazione intorno a noi e dentro di noi. Speriamo che la prova subìta sia stata di monito per tutti e mostrato di quanto fragile sia la vita e quanto ineluttabili risultano le conseguenze quando ci si incammina verso “sentieri” che profanano gli equilibri naturali.