(Adnkronos) – “Fino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide”. Così papa Francesco parlando ad Assisi ai giovani di ‘Economy of Francesco’.
“Trovandomi nella città di Francesco, non posso non soffermarmi sulla povertà. Fare economia ispirandosi a lui significa impegnarsi a mettere al centro i poveri”, ammonisce il Papa parlando ai giovani di ‘Economy of Francesco’ dalla città del Poverello. “A partire da essi – esorta – guardare l’economia, a partire da essi guardare il mondo. Senza la stima, la cura, l’amore per i poveri, per ogni persona povera, per ogni persona fragile e vulnerabile, dal concepito nel grembo materno alla persona malata e con disabilità, all’anziano in difficoltà, non c’è ‘Economia di Francesco’. Direi di più: un’economia di Francesco non può limitarsi a lavorare per o con i poveri”.
Scandisce il Papa: “Chiediamoci allora: stiamo facendo abbastanza per cambiare questa economia, oppure ci accontentiamo di verniciare una parete cambiando colore, senza cambiare la struttura della casa? Forse la risposta non è in quanto noi possiamo fare, ma in come riusciamo ad aprire cammini nuovi perché gli stessi poveri possano diventare i protagonisti del cambiamento”.
“San Francesco ha amato non solo i poveri, ha amato anche la povertà. Francesco andava dai lebbrosi non tanto per aiutarli, andava perché voleva diventare povero come loro. Seguendo Gesù Cristo, si spogliò di tutto per essere povero con i poveri. Ebbene, – dice il Pontefice – la prima economia di mercato è nata nel Duecento in Europa a contatto quotidiano con i frati francescani, che erano amici di quei primi mercanti. Quella economia creava ricchezza, certo, ma non disprezzava la povertà. Il nostro capitalismo, invece, vuole aiutare i poveri ma non li stima, non capisce la beatitudine paradossale ‘beati i poveri’”.
Bergoglio indica la strada concreta: “Noi non dobbiamo amare la miseria, anzi dobbiamo combatterla, anzitutto creando lavoro, lavoro degno. Ma il Vangelo ci dice che senza stimare i poveri non si combatte nessuna miseria. Ed è invece da qui che dobbiamo partire, anche voi imprenditori ed economisti: abitando questi paradossi evangelici di Francesco”. A questo proposito, Bergoglio lascia ai giovani economisti tre indicazioni di percorso: “La prima: guardare il mondo con gli occhi dei più poveri. Il movimento francescano ha saputo inventare nel Medioevo le prime teorie economiche e persino le prime banche solidali (i “Monti di Pietà”), perché guardava il mondo con gli occhi dei più poveri. Anche voi migliorerete l’economia se guarderete le cose dalla prospettiva delle vittime e degli scartati. Ma per avere gli occhi dei poveri e delle vittime bisogna conoscerli, bisogna essere loro amici”.
“E lo ripeto: che le vostre scelte quotidiane non producano scarti – il monito del Pontefice ai giovani -. La seconda: voi siete soprattutto studenti, studiosi e imprenditori, ma non dimenticatevi del lavoro, non dimenticatevi dei lavoratori. Il lavoro è già la sfida del nostro tempo, e sarà ancora di più la sfida di domani. Senza lavoro degno e ben remunerato i giovani non diventano veramente adulti, le diseguaglianze aumentano. A volte si può sopravvivere senza lavoro, ma non si vive bene. Perciò, mentre create beni e servizi, non dimenticatevi di creare lavoro, buon lavoro, lavoro per tutti”.
“La terza indicazione è: incarnazione. Nei momenti cruciali della storia, chi ha saputo lasciare una buona impronta lo ha fatto perché ha tradotto gli ideali, i desideri, i valori in opere concrete. Oltre a scrivere e fare congressi, questi uomini e donne hanno dato vita a scuole e università, a banche, a sindacati, a cooperative, a istituzioni. Il mondo dell’economia lo cambierete se insieme al cuore e alla testa userete anche le mani. Le idee sono necessarie, ci attraggono molto soprattutto da giovani, ma possono trasformarsi in trappole se non diventano ‘carne’, cioè concretezza, impegno quotidiano”.
I giovani economisti, imprenditori, changemakers, chiamati ad Assisi da ogni parte del mondo si sono impegnati attraverso un ‘Patto’ firmato in occasione della visita del Papa “a spendere la vita affinché l’economia di oggi e di domani diventi una Economia del Vangelo”.
“Quindi: – il Patto suggellato tra il Papa e i giovani – un’economia di pace e non di guerra, un’economia che contrasta la proliferazione delle armi, specie le più distruttive, un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda, un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili, un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza, un’economia che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari, un’economia che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti, in particolare per le donne, un’economia dove la finanza è amica e alleata dell’economia reale e del lavoro e non contro di essi, un’economia che sa valorizzare e custodire le culture e le tradizioni dei popoli, tutte le specie viventi e le risorse naturali della Terra”.
Nel Patto l’impegno per “un’economia che combatte la miseria in tutte le sue forme, riduce le diseguaglianze e sa dire, con Gesù e con Francesco, “beati i poveri”, un’economia guidata dall’etica della persona e aperta alla trascendenza, un’economia che crea ricchezza per tutti, che genera gioia e non solo benessere perché una felicità non condivisa è troppo poco.Noi in questa economia crediamo. Non è un’utopia, perché la stiamo già costruendo”.