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Il mistero di Pasqua nel tempo
Pasqua, simbolo sacrale profondo e misterioso. L’ EROE divino sacrificato è Fonte di vita ed eterna Fenice che, perennemente, dalle ombre e dal freddo, schiude alla vita e irradia Luce eterna!

 

Nel mondo molte sono le tradizioni inerenti a questa festività vernale (primaverile); una ricorrenza universale da sempre vissuta e sentita nell’intimo di ogni individuo e società. Fino a decenni fa, la festività equinoziale era caratterizzata da manifestazioni di fede e tradizioni folcloristiche ancestrali. In ogni famiglia fervevano preparativi che precedevano quel che la nostra società chiama cristianamente Pasqua; una ricorrenza la cui origine risale alla notte dei tempi. Nell’era precristiana, nella stessa data veniva celebrato l’Equinozio primaverile (da “aequi-noctium”, ossia: quando il giorno ha la stessa durata della notte (da “aequa”, cioè: uguale e “nox”, cioè: notte), momento particolare dell’anno che ricordava il “risveglio” della Natura e veniva celebrata la divinità tutelare, ossia: Flora-Apri-lia (dal latino “aperire”, cioè aprire in referenza all’apertura delle corolle dei fiori- Flora). Se i Solstizi si verificano il 21 giugno e 21 dicembre (Estate, Inverno), gli Equinozi avvengono il 21 marzo e il 21-23 settembre (Primavera e Autunno). Civiltà differenti, e differenti culti religiosi, interpretarono e assimilarono l’archetipo equinoziale spiegato dalle loro particolari dottrine religiose. L’Equinozio vernale anticamente celebrava Apri-lia e il risveglio della natura, il cui mistero (già menzionato in un mio scritto) era ricordato dal mito di Attis, dio della vegetazione, la quale si rinnovava col sacrificio ed il sangue della divinità versato ad ogni Equinozio. Anche qui la natura, assieme alla divinità moriva e risorgeva in un susseguirsi di cicli annui. Se poi si fa ricorso alla dea Cibele, ricordiamo altri dettagli inquietanti (e imbarazzanti): Rea-Cibele era  madre vergine del dio Attis. Alla morte precoce di quest’ultimo, la dea madre, addolorata intervenne per riportarlo in vita. Attis risorse dopo tre giorni! A ricordo di quest’evento, la dea istituì un rito funebre di morte e rinascita dal 15 al 28 marzo; guarda caso, nel pieno dell’equinozio di primavera. Ritornando alla Pasqua cristiana, essa coincide con la vigilia della celebrazione di quella ebraica, “Pascha”, cioè “passare”, ricordando il “passaggio delle acque” da parte di Mosè. La Pasqua ebraica festeggia la liberazione del popolo giudeo dalla schiavitù dell’Egitto, mentre secondo il Nuovo Testamento, la Pasqua risale alla crocifissione di Gesù. Il “Risveglio” o la Resurrezione di Gesù “riflette e ripete un simbolo antico”. Infatti, dopo la sua morte, il Cristo fu riposto in una cripta, da cui risorse, proprio come l’umile chicco riposto nel seno della Madre Terra, che presto, con la morte, germoglia a nuova vita. Molti ricordano l’antica usanza di allestire sull’Altare Maggiore il S. Sepolcro, con un tappeto di biondi germogli di grano, simbolo della germinazione spirituale; fra tutti i semi era prescelto il grano, in quanto simbolo eucaristico e cibo terreno dell’umanità. Ogni famiglia, nell’approssimarsi della Pasqua, religiosamente coltivava al riparo la propria zolla di piantine di grano che alla fine, “prezioso tassello”, andava a comporre il Mosaico di Vita sull’Altare. Le civiltà agresti, non filosofavano, non speculavano, però, nella loro grande semplicità, con i loro gesti reiteravano un tempo ideale particolare, pervaso da un’atmosfera che nessun libro o filosofo può definire! Questa vecchia usanza a cui la Comunità intera partecipava, era simbolo concreto di profonda spiritualità. Vari altri simboli e   rituali, vittime dell’ondata riformatrice, furono alterati, cancellati, dimenticati o scaduti in residui folcloristici. Antiche usanze furono ripudiate poiché considerate oscurantiste, sorpassate e reazionarie con tinte “paganeggianti’’. Nel mio vissuto personale, ricordo del periodo pasquale l’ansia di noi bambini; qualcosa di particolare aleggiava nell’aria. Alle cerimonie preparatorie si affiancava il famoso digiuno, concepito come un modesto sacrificio personale necessario al fine di associarsi umilmente al “Gran Sacrificio’’ nella Settimana Santa. La natura stessa, assieme alla Comunità religiosa, sembrava attonita e assorta nell’attesa; le campane non squillavano; tristi drappi coprivano statue e simboli sacri, come a proteggerli da “occhi profani’’ e preservare il “Gran Mistero’’ celato dall’enigmatico “velo viola’’. Poi, finalmente, il Sabato Santo: i “Veli’’ cascavano, le campane a stormo squillavano gioiose. In ogni focolare, su ogni tavola apparivano le tanto attese, fragranti “pigne’’ e pastiere di grano: pietanze propiziatorie che le nostre mamme preparavano da antiche ricette. Leccornìe per noi bambini e offerte augurali, sulla scìa di antiche usanze a propiziare il ciclo novello. Tutto concorreva a celebrare la Resurrezione, il risveglio della natura e tradizioni purtroppo affievolite dalla modernità. Il profano, sempre più invadente, incalza alterando e contraffacendo simboli, principi e significati, una volta celebrati e osservati con fede. L’allontanamento decisivo da questo pathos particolare e lo sfaldamento continuo dei valori iniziò sin dalla famosa, giacobina Rivoluzione Francese, e più vicino a noi con Vaticano II, il quale ha contribuito non poco al processo di modernizzazione. Quanto lontani siamo dalla portata e dal significato dell’ “ARCHETIPO IMMANENTE!”. Buona Pasqua a tutti!    

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