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Il “Liberation day” di Trump Dazi contro il resto del mondo

Il Presidente americano ha firmato “uno storico ordine esecutivo” che istituisce tariffe reciproche sui Paesi di tutto il mondo. All’Europa barriere del 20%, alla Cina del 34%

 

 

WASHINGTON – “Liberation Day”, il “giorno della liberazione”: è così che Donald Trump ha soprannominato il giorno in cui ha annunciato una nuova serie di dazi contro il resto del mondo. La convinzione della sua amministrazione è che questi, annunciati il 2 aprile, serviranno a riportare in pareggio la bilancia commerciale degli Stati Uniti, che negli ultimi decenni sono diventati un grande importatore di merci. La scommessa è riportare capitali e industrie nel territorio statunitense, ma secondo l’Economist la decisione di riportare le politiche commerciali del Paese al XIX secolo causerà solo un’esplosione dell’inflazione nel Paese e una conseguente recessione. L’introduzione di nuovi dazi su scala globale, con misure che interessano oltre 100 Paesi a partire dal 5 e 9 aprile, ha scatenato cali significativi per le borse mondiali, rafforzando i timori di una recessione globale (bruciati in tre giorni 9.500 miliardi di dollari sulle piazze globali, mentre tra giovedì e venerdì da sola Wall Street ha perso 5mila miliardi segnando la settimana peggiore dall’inizio della pandemia nel 2020). In questo contesto di incertezza, l’Italia si trova a fronteggiare l’impatto di tali decisioni, con specifici prodotti che saranno colpiti dalle nuove tariffe, soprattutto nei settori dell’agroalimentare e della moda & abbigliamento. Andando nel dettaglio, tutte le importazioni negli Stati Uniti sono colpite a partire dal 5 aprile da un dazio base del 10%.

 

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Tra i Paesi interessati da questa misura ci sono Regno Unito, Singapore, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Turchia, Colombia, Argentina, El Salvador, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Dal 9 aprile scatteranno invece i dazi verso una sessantina di Paesi che Trump definisce «i peggiori trasgressori» e che saranno adottate caso per caso: in questo gruppo rientrano Cina (34%, che si sommano al 20% già in vigore arrivando al 54%), Vietnam (46%), Thailandia (36%), Giappone (24%), Cambogia (49%), Sudafrica (30%), Taiwan (32%), India (26%), Israele (17%), Pakistan (29%) e i Paesi membri dell’Unione Europea (20%). Non sono stati imposti altri dazi contro Messico e Canada, già pesantemente colpiti nelle scorse settimane. Inoltre, è stato confermato il dazio del 25% su tutte le auto e la componentistica auto prodotte fuori dagli Stati Uniti. La Commissione europea lascia la porta aperta ai negoziati, ma è pronta ad agire con fermezza e colpire i beni e servizi Usa. Le prime contromisure dovrebbero arrivare il 15 aprile. La reazione di Pechino, invece, è stata istantanea: dazi del 34% su tutte le importazioni americane a partire dal 10 aprile. Donald Trump ha già fatto sapere che, se la Cina non ritirerà entro domani questo provvedimento, gli Stati Uniti imporranno dazi aggiuntivi del 50% a partire dal 9 aprile.

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