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Il lato positivo degli articoli negativi

Negli Stati Uniti gli editori sembrano aver scoperto che i loro inserzionisti non vogliano essere associati con articoli negativi o controversi. “Il quaranta percento del materiale del ‘Washington Post’ è considerato sempre non controverso”, ha affermato Johanna Mayer-Jones, responsabile della pubblicità del giornale. Il “Post” è di proprietà di Jeff Bezos di Amazon.

 

L’edizione del 2 gennaio 2025 del “Wall Street Journal” riportava: “I responsabili del marketing dei marchi sono ora cauti nel pubblicare inserzioni sui media, preoccupati che i loro brand finiscano accanto ad articoli sul terrorismo, incidenti aerei o storie politiche divisive”. Secondo il “WSJ”, giornali come il “New York Times”, il “Post” e lo stesso “WSJ” stanno diffondendo alcuni studi che dimostrano come le inserzioni pubblicitarie adiacenti ad articoli che trattano di politica o sparatorie hanno avuto ugualmente un buon riscontro.

 

Questo problema non è nuovo per la rivista specializzata “VideoAge” di questo giornalista, poiché negli anni ‘80, Bert Cohen, dirigente della casa di produzione e distribuzione Tv americana (oggi chiusa) Worldvision, ed uno dei principali inserzionisti del tempo (nell’ottobre 1986 aveva acquistato 22 pagine pubblicitarie consecutive su “VideoAge”), ordinava al suo responsabile marketing di non posizionare gli annunci pubblicitari della sua società accanto alla pagina editoriale di “My2¢”, che considerava controversa, pur riconoscendo che il contenuto era (ed è ancor oggi) molto seguito.

 

Il “WSJ” ha anche riferito che Microsoft ha redatto una “lista nera” di circa 2.000 parole problematiche che compaiono negli articoli e che l’editore di “Garden & Gun” sta valutando di abbreviare il titolo in G&G, poiché le armi sono argomento polarizzante, anche se la rivista tratta armi per caccia e sport.

 

In definitiva, i pubblicitari sperano che gli inserzionisti non “buttino il neonato con l’acqua sporca”.

 

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