Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sarà la prima Premier donna della storia repubblicana. Ci si augura. Da uno striminzito 4,3% alle politiche 2018 è schizzata al 26% di oggi, più che sestuplicando i propri voti. Un miracolo maturato in 4 anni di dura opposizione a tre governi, con maggioranze sempre diverse, uscite dal cilindro del Quirinale, non dal voto degli italiani.
Dal 2011, con la forzata caduta del governo Berlusconi IV, la ‘libertà’ era in vacanza forzata e la ‘volontà degli italiani’ pure. A tutto vantaggio di governi ‘sui generis’ e di un Pd-ex Pci sempre perdente nelle urne, eppure sempre al governo, per merito dei rossi ‘giochi di palazzo’. Ma finalmente i giochini sono finiti. Col 44% dei voti al centrodestra c’è poco da scherzare. “Ha vinto il centrodestra! Il Paese ha scelto noi, e noi non lo deluderemo!”, ha commentato, nella notte, una Meloni raggiante. “Sì – le ha fatto eco la Serracchiani, vice di Letta – la destra è maggioranza in Parlamento, ma non nel Paese”. I voti ancora profumano di fresco e il Pd già li disconosce? È una sinistra disperata che ‘non ci sta’. Peccato, da un’ex governatrice del Friuli Venezia Giulia ci si aspettava una maggiore statura politica. E Letta dov’è? Lui che, novello Mosè, valicò le Alpi per guidare le truppe piddine a questa umiliante débacle? ‘Fortunatamente’ sgombrò il suo ‘campo largo’ prima dai grillini e poi dai calendian-renziani, per tenersi stretti solo verdi e comunisti, che lo hanno ricambiato con un risultato risibile (3%)!
“È una giornata triste per l’Italia” – ripete come un mantra Letta; promette di convocare a breve il Congresso e di non ricandidarsi segretario. Unico suo merito: aver mantenuto le posizioni delle politiche del 2018: dal 19% di allora al …19% di oggi. Sai che scialo! C’è poi il M5S, con Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo, il premier-per-caso diventato grillino per necessità. Dall’incredibile 32% del 2018, e primo partito, è crollato al 15% di oggi, terza forza in Parlamento. Suo scopo dichiarato è difendere a tutti i costi il ‘reddito di cittadinanza’: un malriuscito parto cesareo, con la complicità di Salvini, che ha dato soldi a tutti, bisognosi, nullafacenti e migranti.
Con questa ricetta di Conte, l’M5S diventa il primo partito al Sud. Altro partito, chiamato frettolosamente ‘terzo polo’ e con la vocazione delle due cifre – al secolo Azione-ItaliaViva della coppia Calenda-Renzi – resta inchiodata ad una cifra (7%), e Calenda resta fuori dal Parlamento. Ne resta fuori anche Luigi Di Maio, a capo di ‘Impegno Civico’ mai decollato; come anche l’Ital-exit di Paragone. Fa loro buona compagnia anche +Europa per qualche centinaio di voti, ma la Bonino vuol riconteggiare le schede: sarebbe meglio se compostamente accettasse l’esito delle urne. Ma torniamo al Centrodestra, dove sembra che, a turno, vada in scena un curioso saliscendi di consensi. Del miracolo di FdI della Meloni abbiamo già detto. Una volta era Forza Italia di Berlusconi, nella coalizione, ad essere primo partito; poi, nel 2018, fu la Lega (17%) a superare FI (14%).
Oggi, dopo 4 anni, la Lega si vede i voti dimezzati (8,7%) e FI (8,1%) viene decisamente penalizzata. Ma Berlusconi riconquista il seggio al Senato da cui fu scandalosamente defenestrato, nel 2013, attraverso la legge Severino, per un’inesistente frode fiscale, e con effetto retroattivo. Ultime 3 note, anch’esse importanti. Il centrodestra, con l’azzurro Schifani, stravince le regionali in Sicilia (41%). L’affluenza alle urne si è fermata al 63%, mai così bassa! In Calabria, la più bassa d’Italia (51%): qui evidentemente basta e avanza il ‘Reddito’ di Conte! Per chiudere, sarebbe il caso di finirla col chiamare ‘destra’ la coalizione di centro-destra; e di chiamare ‘centro-sinistra’ la coalizione di sinistra. Gli italiani l’hanno già capito.