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Ibdo: “Obesi sono fragili per vaccini Covid ma non per accesso a cure”

“Le persone con obesità sono state inserite tra categorie prioritarie da vaccinare in quanto ad ‘elevata fragilità’ in correlazione al tasso di letalità associata a Covid-19”, ma “l’obesità, in Italia non è inserita nella lista delle malattie croniche, le prestazioni non sono inserite nei livelli essenziali di assistenza (Lea), non esiste una rete nazionale di cura per l’obesità e non esiste un piano nazionale ad hoc. E’ il momento di cambiare nella lotta all’obesità!”. Questa la conclusione di un editoriale, a firma di Renato Lauro, presidente dell’Italian barometer diabetes observatory (Ibdo) Foundation, Andrea Lenzi, Coordinatore Open Italia, e Paolo Sbraccia, Vicepresidente Ibdo Foundation, spunto di riflessione per il dibattito degli esperti riuniti in occasione del terzo Italian Obesity Barometer Summit: “Considerare l’obesità una priorità sistema del sanitario”.  

L’evento è organizzato da Ibdo Foundation con Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, Open Italia (Obesity Policy Engagement Network) e Io-Net (Italian Obesity Network), e il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Changing Obesity. Secondo le stime Istat, in Italia il numero di persone in sovrappeso e con obesità cresce al crescere dell’età, tanto che se l’eccesso di peso riguarda 1 minore su 4, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1% tra le persone di 18 anni e oltre, arrivando al picco nella classe 65-74 anni, con una prevalenza di 61,1%.  

“I tassi di obesità del nostro Paese avranno un impatto nel futuro di molte persone e per il nostro Ssn. L’obesità è la quinta causa di morte più frequente al mondo, associata a malattie gravi come diabete tipo 2, malattie cardiovascolari, l’ipertensione, almeno 12 tipi di cancro, malattie epatiche e respiratorie. Nell’ultimo anno è anche emerso che le persone che sono in sovrappeso o che convivono con l’obesità e che contraggono il coronavirus hanno maggiori probabilità di essere ricoverate in ospedale, in un’unità di terapia intensiva e, purtroppo, di morire di Covid-19 rispetto alle persone normopeso”, spiega Paolo Sbraccia, Vicepresidente Ibdo Foundation e professore ordinario di Medicina Interna dell’Università di Roma Tor Vergata. 

“A causa della pandemia in corso, l’obesità è diventata una preoccupazione immediata per i nostri servizi sanitari e assistenziali, tanto che le persone con obesità sono state inserite tra categorie prioritarie da vaccinare in quanto ad ‘elevata fragilità’ in correlazione al tasso di letalità associata a Covid-19 per danno d’organo preesistente o compromessa capacità di risposta immunitaria a Sars-CoV-2”, afferma Andrea Lenzi, Coordinatore Italia Open e presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (Cnbbsv) della Presidenza del Consiglio dei ministri.  

“Questo è sicuramente una traguardo importante per le persone con obesità, ma – osserva – bisognerebbe riflettere sul fatto che nell’elenco stilato dal Governo delle 14 malattie degli ‘estremamente fragili’, l’obesità è l’unica a non essere una malattia cronica riconosciuta, ancora priva di un compiuto percorso di assistenza e cura da parte del nostro sistema sanitario”.  

“La pandemia in corso ha evidenziato la fragilità delle persone con obesità e l’accesso prioritario alla vaccinazione è il primo vero riconoscimento ufficiale per quella che al momento non è considerata dalle nostre Istituzioni, ma anche dall’opinione pubblica e purtroppo a volte anche dal mondo scientifico, una malattia, ma una responsabilità personale dell’individuo che basta ‘mangi di meno e si muova di più’. Tra tutti gli aspetti terribili di questa pandemia, l’auspicio è che sia almeno servita per far ottenere i giusti diritti di tutela alle persone con obesità e che questa malattia fortemente invalidante continui a rappresentare una preoccupazione per il nostro servizio sanitario nazionale anche dopo questa fase emergenziale”, dice Giuseppe Fatati, presidente Io Net.  

L’obesità è spesso associata a uno stigma, che porta le persone che ne sono affette a essere discriminate nei rapporti sociali, nella vita scolastica e lavorativa e addirittura bullizzate e ridicolizzate, con importanti ripercussioni fisiche e psicologiche. “Utilizzare il termine ‘malattia’ oltre a portare a importanti implicazioni per le cure e i trattamenti per l’obesità e per lo sviluppo di nuove direttive politiche, potrebbe anche contribuire a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto. Potrebbe anche rappresentare un’arma importante contro quello che viene definito lo ‘stigma interiorizzato’, ovvero legato al peso delle persone con obesità che può portarle ad attribuire a sé stesse connotazioni negative innescate dallo stigma sociale e/o ad aver paura di essere valutati negativamente da altri proprio sulla base del peso”, afferma Iris Zani, presidente di ‘Amici Obesi’. 

“Oltre allo stigma sociale è necessario non sottovalutare la presenza di uno stigma clinico. Molti medici non sono consapevoli del fatto che l’obesità è una malattia cronica – spiega Ferruccio Santini, presidente della Società italiana dell’obesità (Sio) – e conseguentemente sono restii ad affrontare il problema con i loro pazienti, ritenendoli poco motivati o disinteressati. Dall’altro lato, le persone che si sentono discriminate per la loro obesità tendono ad evitare ulteriori contatti e visite, riducendo il loro accesso alle cure e mettendo ulteriormente a rischio la propria salute. Per questo – sostiene – gli operatori sanitari devono essere formati adeguatamente su questa malattia, in modo che non ne sottovalutino né le cause né le conseguenze, e siano in grado di offrire alla persona con obesità un percorso di cura adeguato”.  

“È necessario che l’obesità diventi una priorità nazionale a livello sanitario, politico, clinico e sociale. Governo e Parlamento debbono adoperarsi in via normativa, affinché nell’ordinamento e nelle procedure ministeriali sia inclusa una definizione di obesità come malattia cronica, caratterizzata da elevati costi economici e sociali, una definizione del ruolo degli specialisti che si occupano di tale patologia e una definizione delle prestazioni di cura e delle modalità per il rimborso delle stesse, per garantire pieno accesso alle cure e ai trattamenti alle persone con obesità, e da una campagna mediatica nazionale contro lo stigma sociale che coinvolga il mondo dell’informazione, dello sport, della scuola, dei comuni», aggiunge Roberto Pella, presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e vicepresidente vicario Anci. 

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