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I Veneti e la loro origine

I popoli italici – (2ª parte)                                                                     

 

Nella prima immagine la dea veneta Retia, affiancata da un guerriero veneto. Nella seconda immagine la regione del Veneto, con i vari insediamenti paleoveneti degli Histri, Carni, Liburni e le città di Patavium (Padova), Tergeste (Trieste), Bellunum (Belluno) e Ateste, dal fiume Adige, Atesis (Este)

 

Il Vocabolario Treccani, alla voce Venetico, ci dice che questo termine è relativo ad un Popolo italico definito Paleoveneto, che in età preromana (primo millennio a. C.) “era stanziato nella pianura dell’attuale Veneto, nelle zone collinari e che parlavano una lingua indoeuropea, dalle particolari affinità con l’italico”. Nel capitolo precedente ho rilevato l’unanimità della tradizione classica greco-romana circa l’origine dei Veneti (Heneti) della Paflagonia. Questa versione sull’origine dei Veneti dominò per lungo tempo il mondo antico e fu in parte completata da Erodoto (Storie, I 196. 1 e V9.3), che però considerò i Veneti di filiazione Illirica. In questo caso l’antico popolo veneto risulterebbe la propaggine avanzata verso Occidente delle popolazioni Indoeuropee. Tuttavia, confrontando queste tradizioni alle susseguenti fonti archeologiche e ai più recenti studi linguistici (a cui fa riferimento il Vocabolario Treccani), come giustificare la lingua dei paleoveneti e il loro alfabeto appartenente al gruppo italico, ossia all’osco-umbro, all’interno della famiglia latino-falisca, e non al greco? Erodoto esclude la filiazione greca degli Heneti, però presuppone una probabile filiazione illirica. Vi è che i più recenti studi linguistici escludono una filiazione balcanica, ponendo la parlata venetica nel solco delle lingue italiche osco-umbre e, di conseguenza, nell’ambito della famiglia latino-falisca, di cui fa parte il latino. Questo vuol dire che la possibilità di una comune origine tra latini e veneti (e Siculi), non va ricercata solo nell’ambito dell’antica Grecia o nelle tragiche vicende di Troia e nel mito di Antenore. È piuttosto probabile che vi sia stato un contatto paleoveneto-paleolatino (e paleosiculo) in un’area dell’Europa centrale, sin dagli inizi del II millennio a. C. Questo spiegherebbe una comune “Koiné” del loro alfabeto. È più che probabile che questi popoli migrarono ad ondate differenti nella penisola italica. I paleoveneti, da canto loro, durante il II millennio a.C. si spostarono a più ondate: l’una verso sud attraversò l’Illiria, per finire in Paflagonia (e questo spiegherebbe la tradizione classica circa la presenza di questo popolo nella tradizione greca); l’altra verso occidente, spingendosi a nord delle Alpi fino alla Bretagna, ed infine un’altra ancora, a sud delle Alpi, sino alle coste adriatiche, dando origine al popolo protoveneto a nord di quel che sarà il Golfo di Venezia. Dai dati più recenti, questa sembra la spiegazione più attendibile sull’origine dei protoveneti, dei latino-falisci e dei Siculi. I primi si insediarono nel Veneto attuale, i secondi, i Siculi (un ramo discese l’Illiria) diventando uno dei “Popoli del mare”, l’altro ramo discese la Penisola dando origine ai latino-falisci e ai vari popoli italici, per poi insediarsi nell’isola più grande del Mediterraneo, la Sicilia.

 

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I Paleoveneti e i Paleosiculi, due grandi compagini etniche indoeuropee della famiglia italica fin troppo dimenticate e relegate fra le pieghe della storia. Purtroppo, oggi, quando si parla dei Popoli Veneti e Siculi, ci si limita alla storia delle regioni e dei territori della nostra Penisola. In sintesi, la storia dei Veneti si riassume in due fasi: quella antica, dalle origini al V secolo a.C. caratterizzata da una particolare intensità culturale e da scambi e rapporti con la civiltà villanoviana, con la Grecia, con l’Oriente e infine con gli Etruschi. Dal IV al I secolo intensificarono i rapporti con i Galli, Galli Cenomani, Boi, Carni, Histri, Liburni e le popolazioni illiriche confinanti. Nella seconda fase risultò dominante l’influsso celtico. Ma ancora più dominante e decisivo fu l’incontro (o congiungimento?) con la civiltà romana, che il popolo veneto assimilò interamente in epoca repubblicana. Di tutti i popoli italici che finirono con l’entrare nell’orbita romana, malgrado la distanza ed essendo il Veneto antico sito in “Gallia cisalpina”, i veneti costituirono degli alleati ideali ed intrattennero ottime relazioni con l’Urbe sin dall’inizio. Essi furono leali e fedeli alleati di Roma, più di tutti gli altri popoli italici. Perché? Alcuni vedono questo comportamento in ragione della loro comune e mitica origine troiana. È vero che tali convinzioni servivano a corroborare legami e buoni rapporti tra veneti e romani, però vi sono altri elementi che sicuramente hanno favorito il connubio veneto-romano. Ad esempio, la grande somiglianza del venetico al latino. Il venetico presenta a tutti i livelli (fonetica, morfologia e lessico) delle notevoli affinità con il latino, e questo sarebbe un dato che permette di supporre che in epoca antichissima, precedente alle ultime migrazioni indoeuropee verso l’Occidente, i due popoli fossero insediati in aree vicine e parlassero due lingue molto simili, forse due dialetti di una stessa lingua. Visto che la zona preistorica degli insediamenti Protolatini è stata individuata con le selve della Turingia, è possibile che anche i Protoveneti, i latino-falisci, come i Siculi, provenissero dalla stessa area. A questo proposito, una corrente di studiosi sostiene che all’epoca repubblicana, un legionario romano, trovandosi a Patavium, non si sarebbe trovato affatto isolato a causa della lingua; viceversa, un veneto, trovandosi a Roma non avrebbe avuto gran difficoltà a farsi capire e a capire la lingua di Roma, il Latino.

(Continua)                                    

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