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I Siculi, un popolo dimenticato

I popoli italici

Famosa moneta coniata dai campani. Nella prima immagine è raffigurato il dio Adrios (dal Sanskrito, Aryo o Arya), siculo, barbuto con lancia nella mano sinistra e con l’etnico ADRANOY (Aryano). Rudolf von Scala afferma (1908, Innsbruck) che il nome Adranos (Ariano) ha la stessa radice dalmatica di Adria (città degli Ariani), ubicata sulla riva nord occidentale del mar Adriatico, dal Dio, o re siculo, Adrios. Nella seconda immagine un cane simbolo di fedeltà e lealtà, valori assiomatici della spirito indoeuropeo. Il nome Adrio Adrano o Adriano significa cittadino di Adria. Curioso che, oltre all’antica Adria, oggi in Abruzzo sorga l’antichissima cittadina di Atri, l’Atria italica (da Adria), dallo stesso etimo sanskrita “Arya”.

 

(4ª parte)                                                                     

Quando si fa riferimento ai siculi della protostoria non bisogna limitarsi alle vicissitudini di un’infima parte dello stesso grande popolo che interessò la Sicilia. Infatti, i Siculi, come vedremo in seguito anche per il popolo Veneto dell’antichità, pur essendo un popolo da considerare italico, costituì una grande nazione indoeuropea che, secondo gli specialisti, condividono addirittura la loro origine con i Falisci Latini, gli Osci e i Sabelli, quindi di tutte le diramazioni dei popoli italici antichi, inclusa la stessa Roma. Dionigi di Alicarnasso (Antichità romane, 19.1) parla dei Siculi quale “prima popolazione ad occupare la zona ove sorse Alba Longa, città natale di Romolo e Remo. Di origine Sicula sono: Antemnae, Fescennium, Falerii, Pisae, Saturniae – curioso che ancora oggi un quartiere di Tivoli è chiamato Siculo – …. che i più antichi abitanti della città che ora è abitata dai romani e che domina la terra e il mare siano Siculi e cioè una popolazione barbara e autoctona. Nessuno è in grado di affermare con certezza se prima di costoro questa città fosse occupata da altri o fosse disabitata. Il popolo degli Aborigeni ne prese possesso dopo una lunga guerra, dopo averla strappata ai precedenti possessori”. Anche Plinio il Vecchio (Naturalis Historiae 3.5), insieme a Virgilio (Eneide, 7, 95), considera i Siculi tra i più antichi abitanti del Lazio, da cui furono successivamente scacciati per raggiungere la Sicilia intorno al XV a. C.  Il grande e lungimirante archeologo veneziano Giacomo Boni (1859-1025) rinvenne prove archeologiche d’insediamento dei Siculi nel “Latium Vetus”. Tombe sicule furono individuate a Cantalupo in Sabina e a Corneto Tarquinia. Nei suoi appunti “Notizie degli scavi di antichità, 1903”, egli afferma: “Vi sono innumerevoli dati che confrontano la civiltà sicula con quella italica. Oltre al Lazio e alla Sabina, vi sono tracce sicule sul versante ionico della Calabria, a Locri e sul versante tirrenico a Torre Galli, presso Tropea. Molte sono le informazioni sui Siculi pervenuteci dall’antichità”. Però, oltre ai dati archeologici e linguistici inoppugnabili, forniti a seguito di rigorose ricerche scientifiche, vi sono anche, e purtroppo, informazioni che, pur essendo interessantissime, risultano non sempre coerenti fra loro. Ecco alcuni esempi: Erodoto e Strabone parlano di Kokalos, re Siculo di Kamikos che, assieme alle sue figlie, uccise Minosse, giunto in Sicilia alla ricerca di Dedalo. Il mito di Kokalos che uccise Minosse è attestato quale tradizione storica fino al V secolo a.C.. Diodoro e Callimaco riportano che Antioco di Siracusa iniziava la storia della Sicilia con il regno di Kokalos. Una tragedia di Sofocle e una commedia di Aristofane si ispirarono al mito di Kokalos.

 

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Eppure non esiste certezza su chi fosse stato re Italo e a quale popolo appartenesse, poiché le informazioni su di lui sono contrastanti. Tucidite lo definisce uno dei siculi, da cui sarebbe derivato il nome “Italia”; Filisto parla di Italos come “padre del capo ligure Sikelos. Infine Antioco di Siracusa lo fa re degli Enotri, che dal suo nome sarebbero poi stati chiamati “Itali”. Se da un lato la tradizione antica può apparire fantasiosa e mitica, d’altra parte troppe sono le tracce sulla presenza storica di questo grande popolo; l’archeologia, la linguistica e la toponomastica confermano la presenza dei Siculi non solo nella penisola italiana ma in un’area che va dall’Europa centrale all’Egitto e al Medio Oriente, ove vengono accomunati addirittura ai mitici e celebri Popoli del Mare. A Karnak (Luxor, Egitto), la grande iscrizione in geroglifico del faraone Merenptah (1208 a. C.) ricorda la sua vittoria su una coalizione di nove popoli e cinque gruppi di “popoli del mare”, tra cui i Sikeles (Siculi). I Sikeles vengono anche citati in una lettera al sovrano di Cipro che parla di una flotta dei Sikalayu. I Sikeles o Sikalayu, popolo numeroso e potente, furono inoltre coinvolti nel conflitto tra egiziani e Ittiti, chiamati da questi ultimi contro l’Egitto. In seguito, da alleati, sottomisero gli Ittiti, finendo per dominare le coste del bacino Mediterraneo e confermando la nomea di Popolo del Mare che, dalla Frigia questa volta, si unirono ai loro fratelli di sangue, i Siculi, nella conquista della più grande isola del Mediterraneo che prese il loro nome: Sikelia, Sicilia. I Siculi praticavano culti indoeuropei per eccellenza: i Palici, due gemelli (vedi Castore e Polluce, Romolo e Remo, ecc.) nati da Giove-Adrano (o Adriano) e dalla ninfa Talia (Italia?, ndr). In Sicilia, i Palici furono i protettori della navigazione e dell’agricoltura. L’altra ondata sicula giunse sulle coste adriatiche della penisola italica, provenienti dalla Dalmazia. La loro maggiore divinità era Adrano (Adriano, di qui Adria e Adriatico). Concludo con un’ultima personale osservazione: una delle divinità prettamente italica fu il Dio Giano. Tutti sappiamo che questa divinità è rappresentata con il doppio volto. Vi sono tante interpretazioni in merito. Ma se ci riferiamo al mito della “Terra di Saturno” (la “Saturnia tellus” virgiliana), sappiamo che il nume fu accolto dal saggio re Latino, il quale volle condividere il suo regno con la divinità ospite, cioè Saturno (da qui il doppio volto di Giano). Ora, è risaputo che Saturno, nume agricolo delle messi, reca una falce! Lo stesso attributo a cui si riferisce il nome Sikelios, Sikelia, dalla radice italica sica (falce) o dall’indoeuropeo sickle che significa ancora falce… Di là Sikelia, “Terra dei Falciatori”…. Curioso, no!?

(Conclusione)

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