Maggiori controlli sulle importazioni
di Alessandra Cori
Dopo le celebrazioni della giornata mondiale della pasta con nuovi record di fatturato, l’autosufficienza degli approvvigionamenti di frumento duro alla base della sua produzione resta per l’Italia sempre più un miraggio. Crisi climatica e caro costi rischiano di ipotecare gli investimenti alla vigilia delle semine invernali, dopo una campagna 2023 già fortemente ridimensionata rispetto alle attese iniziali per quantità, riviste al ribasso da 4,8 a 4,1 milioni di tonnellate, e anche per qualità.
A guidare le intenzioni di semina sono sempre i prezzi che, nonostante un livello ancora superiore alla media, sono crollati del 30% dal picco raggiunto lo scorso anno al culmine di un’annata eccezionale, mentre i costi di produzione negli ultimi 12 mesi sono scesi solo del 3% secondo le rilevazioni di Ismea.
In prospettiva, sulle scelte di investimento degli agricoltori pesa anche la confusione generata dalla nuova Politica agricola comune che impone, per ottenere il massimo dei premi Ue, il divieto della monosuccessione colturale a partire dal 2024. Con il paradosso che molti produttori potrebbero rinunciare a una parte di aiuto. Inoltre, nelle ultime settimane, il grano duro ha scontato ribassi legati ai problemi qualitativi dell’ultimo raccolto e agli arrivi dalla Turchia, ma le scorte ai minimi storici potrebbero contribuire a mantenere le quotazioni relativamente elevate rispetto a grano tenero e mais. Intanto, però, le nuove semine sono in ritardo. Il grande caldo soprattutto al Sud, nelle aree storicamente più vocate, sta portando a uno slittamento di almeno 20 giorni rispetto ai tradizionali programmi degli agricoltori, mentre al Nord emerge un calo degli investimenti a favore del grano tenero. Il problema, secondo i rappresentanti dell’industria molitoria, è che al Sud ci sono ancora temperature elevate, anche se le ultime piogge sono positive. Le semine, a sentire gli stessi, potrebbero attestarsi sul livello dello scorso anno ma la qualità continuerà a dipendere dal clima. Infatti, spiegano dall’associazione dei molini italiani, quest’anno abbiamo un grano italiano di qualità pessima proprio perché le piogge hanno danneggiato quantità e qualità del raccolto, facendo calare le rese molitorie, e questo sarà un problema per il 100% Made in Italy.
“È importante ribadire, continua il Presidente dell’Italmopa sezione molini, che l’origine del grano non è sinonimo di qualità. Spesso siamo disposti a pagare il doppio il grano importato per poter ottenere la miglior qualità delle semole, che deve corrispondere al capitolato d’acquisto dei pastifici. Il discorso sull’origine non fa altro che legarci le mani, ce lo siamo inventati per agevolare i produttori italiani, e questo è positivo perché ha avviato un processo virtuoso sulla qualità e sui contratti di filiera, ma ci mette in difficoltà perché l’import è necessario per mantenere la qualità. Criminalizzare le importazioni – conclude – è deleterio: il grano più controllato è quello che importiamo, anche perché quando arriva la nave lo abbiamo già pagato. Il 60% della pasta va all’estero, dove il consumatore è disposto a pagare di più ma non il doppio”.
Sul mercato il crollo del 30% della produzione canadese di grano duro è stato parzialmente compensato dalla comparsa tra i paesi esportatori della Turchia, con un raccolto record di 4,1 milioni di tonnellate di cui però solo 1,2 destinate all’export, ma a prezzi più che competitivi complice la svalutazione della lira turca. L’Italia ha visto crescere nei primi sette mesi del 2023 le proprie importazioni del 65%. Il deficit strutturale del 40% rispetto al fabbisogno industriale è coperto principalmente da Canada, paesi Ue, Kazakistan, Russia e Stati Uniti.
Di fronte a questo scenario, il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha annunciato un nuovo piano straordinario di controlli su tracciabilità e qualità del grano importato a partire da metà novembre, frutto di un percorso condiviso con tutti gli attori della filiera. Allo studio, ha spiegato il ministro dopo l’incontro con gli attori della filiera grano-pasta, c’è anche un sistema di “contributi legati ai costi di produzione per incentivare l’aumento della produzione nazionale di grano strutturalmente deficitaria anche nelle aree meno competitive. Un’operazione da finanziare anche con fondi nazionali prima ancora che attraverso la Politica agricola comune”. I principali elementi che rendono forte l’Italia, ha sottolineato il ministro, sono la sicurezza e la sostenibilità, ambientale ed economica, alla base della nostra produzione. Non siamo contrari all’import, dobbiamo coordinare meglio i controlli senza pesare troppo sulle imprese. Il sistema Italia è il più controllato e vogliamo che ancora di più venga percepito così. Non esiste un posto, ha concluso il ministro, dove si può essere più sicuri dell’Italia in fatto di cibo”.