(Adnkronos) – Un underdog. Vale a dire lo sfavorito, il perdente considerato tale ai nastri di partenza, quello quotato pochissimo ai botteghini ma che rovescia i pronostici e taglia il traguardo per primo. E’ la definizione inattesa che Giorgia Meloni usa per sé nell’Aula di Montecitorio, in una seduta storica che segna la fiducia (con 235 sì) del Parlamento italiano alla prima premier donna della Repubblica. Un primato che il presidente del Consiglio condivide con le protagoniste femminili del suo personalissimo Pantheon, e che chiama per nome, una a una, in un crescendo di voce e di emozione: ci sono, tra le altre, Nilde Iotti e Tina Anselmi, comunista la prima e partigiana la seconda. Ma anche l”astroSamantha’ Cristoforetti, Oriana Fallaci, le croniste Ilaria Alpi e Mariagrazia Cutuli, Maria Montessori, Grazia Deledda, Alfonsina Strada, “che pedalò forte contro il vento del pregiudizio”, prima ciclista a correre tra gli uomini del Giro d’Italia.
Meloni ringrazia il presidente Sergio Mattarella per i “preziosi consigli”, ma anche Mario Draghi per il “passaggio di consegne veloce e sereno con il nuovo governo, nonostante, per ironia della sorte, fosse guidato dal presidente dell’unica forza politica di opposizione all’esecutivo da lui presieduto”. Rimarca il riferimento temporale del suo governo – “5 anni” – e promette che “manterremo gli impegni, perché il vincolo tra rappresentante e rappresentato è la base di ogni democrazia”. Per questo, snocciola alcuni dei temi centrali dell’agenda del centrodestra: dal presidenzialismo alla tregua fiscale, passando al tema della sicurezza e alla lotta all’immigrazione clandestina e non arretrando sulla critica feroce al reddito di cittadinanza. Lo fa rivendicando l’unità della coalizione, testimoniata, a suo dire, dai tempi stretti della formazione del governo.
Allontana da sé i fantasmi agitati dai suoi avversari in campagna elettorale: “A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso. Esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre”. E anche su altri temi sensibili che hanno contraddistinto l’opposizione alla sua ascesa, “vedremo alla prova dei fatti, anche su diritti civili e aborto – scandisce con lo sguardo severo rivolto ai banchi dove siedono le opposizioni – chi mentiva e chi diceva la verità in campagna elettorale su quali fossero le nostre reali intenzioni”. “Le donne -aggiungerà dopo intervendo in replica – non hanno nulla da temere con noi e io sono convinta che in cuor loro lo sanno”.
Con le opposizioni, tuttavia, auspica un rapporto corretto, “sanno far sentire la propria voce anche senza bisogno di aiuti esterni”, tuona Meloni puntando il dito contro chi, fuori dai nostri confini, parla di ‘vigilanza’ sull’Italia, con “una mancanza di rispetto non a me ma al popolo italiano che non ha lezioni da imparare”. Nei rapporti con l’Europa, “l’Italia farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande nazione fondatrice. Non per frenare o sabotare l’integrazione europea – mette in chiaro – ma per contribuire ad indirizzarla verso una maggiore efficacia nella risposta alle crisi e alle minacce esterne e verso un approccio più vicino ai cittadini e alle imprese”. Perché ci solleva questioni, chi chiede conto, “non è un nemico o un eretico, ma qualcuno che vuole contribuire a una integrazione europea più efficace nell’affrontare le grandi sfide che l’attendono”. Poi, nella replica, andrà ancora più dritto: “A me pare che l’Ue abbia perso dei treni” e non per i “sovranisti” che non comandano in Europa, mette in chiaro: “io non sarò mai la cheerleader di nessuno”.
Anche sull’Alleanza Atlantica “l’Italia continuerà ad essere un partner affidabile”. E se la guerra in Ucraina ha aggravato una crisi che mina la serenità delle famiglie e mette in ginocchio le imprese, “sbaglia chi crede sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra tranquillità. Cedere al ricatto di Putin sull’energia non risolverebbe il problema, lo aggraverebbe aprendo la strada ad ulteriori pretese e ricatti, con futuri aumenti dell’energia ancora maggiori di quelli che abbiamo conosciuto in questi mesi”.
Ma il governo, assicura il presidente del Consiglio, sarà al fianco di famiglie e imprese “mantenendo e rafforzando le misure nazionali” sia “sul versante delle bollette sia su quello del carburante. Un impegno finanziario imponente che drenerà gran parte delle risorse reperibili, e ci costringerà a rinviare altri provvedimenti che avremmo voluto avviare già nella prossima legge di bilancio”. Perché “oggi la nostra priorità deve essere mettere un argine al caro energia e accelerare in ogni modo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la produzione nazionale”. Fronteggiare un’inflazione “che ha raggiunto l’11,1% su base annua”, erodendo il potere d’acquisto. E che impone al suo governo di agire in un contesto “molto complicato, forse il più difficile dal secondo dopoguerra ad oggi”. In un’Italia indebolita negli ultimi dieci anni da esecutivi “deboli, eterogenei – accusa – senza un chiaro mandato popolare, incapaci di risolvere le carenze strutturali di cui soffrono l’Italia e la sua economia e di porre le basi per una crescita sostenuta e duratura”.
“Siamo nel pieno di una tempesta – riconosce Meloni in uno dei passaggi più applaudito del suo lungo intervento, ben 16 pagine recitate in gran parte a braccio, gli occhi rivolti agli interlocutori -, con un’imbarcazione che ha subito diversi danni, e gli italiani hanno affidato a noi il compito di condurre la nave in porto in questa difficilissima traversata”. “Eravamo consapevoli del macigno che ci stavamo caricando sulle spalle” ma “siamo qui per ricucire le vele strappate, fissare le assi dello scafo e superare le onde che si infrangono su di noi. Con la bussola delle nostre convinzioni a indicarci la rotta verso la meta prescelta, e con un equipaggio capace di svolgere al meglio i propri compiti”.
Così, la partita del Pnrr, assicura, verrà portata avanti “senza ritardi e senza sprechi”, ma poi nelle repliche torna su un argomento che ha sempre sostenuto, non indietreggiando di un millimetro: “Non capisco la tesi – afferma – di chi dice niente è possibile, toccabile, come se non ci rendessimo conto che con l’aumento delle materie prime, se non affrontiamo questo tema, banalmente, le gare che devono mettere a terra quelle risorse andranno deserte”. “E’ proprio chi vuole spendere quei soldi rimarca- si pone il problema di come si possano spendere nel migliore dei modi”.
Una partita da portare a casa anche contrastando l’instabilità politica. Da qui, la preannunciata battaglia per introdurre il presidenzialismo: “l’Italia ha bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare. Una riforma che consenta all’Italia di passare da una “democrazia interloquente” a una “democrazia decidente”.
Un tema caro al centrodestra, come quello dell’interesse nazionale, del mady in Italy da tutelare. “Vogliamo finalmente introdurre una clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale, anche sotto l’aspetto economico, per le concessioni di infrastrutture pubbliche, come autostrade e aeroporti – annuncia il neo premier -. Perché il modello degli oligarchi seduti su dei pozzi di petrolio ad accumulare miliardi senza neanche assicurare investimenti non è un modello di libero mercato degno di una democrazia occidentale”.
“L’Italia deve tornare ad avere una politica industriale – va avanti Meloni , puntando su quei settori nei quali può contare su un vantaggio competitivo. Penso al marchio, fatto di moda, lusso, design, fino all’alta tecnologia. Fatto di prodotti di assoluta eccellenza in campo agroalimentare, che devono essere difesi in sede europea e con una maggiore integrazione della filiera a livello nazionale, anche per ambire a una piena sovranità alimentare non più rinviabile. Che non significa mettere fuori commercio l’ananas, come qualcuno ha detto – dice con un sorriso -, ma garantire che non dipenderemo da nazioni distanti da noi per poter dare da mangiare ai nostri figli”.
E poi, ancora, facilitare chi vuole fare impresa: “Il nostro motto sarà ‘non disturbare chi vuole fare'”, perché “abbiamo bisogno di meno regole, ma chiare per tutti”. Da qui, “dovrà nascere un nuovo patto fiscale”, che passi da una riduzione della “pressione fiscale su imprese e famiglie” ma anche da una “tregua fiscale per consentire a cittadini e imprese in difficoltà di regolarizzare la propria posizione con il fisco”.
Parla anche delle “decine di tavoli di crisi ancora aperti” che il governo si appresta ad affrontare, nonché di “tutele adeguate” per chi “va in pensione o vorrebbe andarci”. Poi usa in prestito le parole di Papa Francesco sulla povertà per calare l’affondo sul reddito di cittadinanza, dito negli occhi del M5S. “Per chi è in grado di lavorare – dice -, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro, la formazione e l’accompagnamento al lavoro, anche sfruttando appieno le risorse e le possibilità messe a disposizione dal Fondo sociale europeo. Perché per come è stato pensato e realizzato, il reddito di cittadinanza ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia”.
Parla consapevole che presterà il fianco a chi la osteggia Meloni, ma sa anche che su un altro tema -quello degli incidenti sul lavoro e sulle morti bianche- si marcerà uniti per forza di cose: “Non possiamo accettare che un diciottenne come Giuliano De Seta – e cito lui per ricordare tutte le vittime -, esca di casa per andare a lavorare e non torni mai più”, e qui raccoglie gli applausi anche di frange dell’opposizione.
Che rumoreggiano, però, quando tocca il tema della pandemia. “L’Italia ha adottato le misure più restrittive dell’intero occidente, arrivando a limitare fortemente le libertà fondamentali di persone e attività economiche, ma nonostante questo è tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagi. Qualcosa, decisamente, non ha funzionato e dunque voglio dire fin d’ora che non replicheremo in nessun caso quel modello”.
Sul tema della legalità e delle mafie, la neo premier ricorda di aver “iniziato a fare politica a 15 anni, il giorno dopo la strage di Via D’Amelio, nella quale la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino, spinta dall’idea che non si potesse rimanere a guardare, che la rabbia e l’indignazione andassero tradotte in impegno civico. Il percorso che mi ha portato oggi a essere Presidente del Consiglio nasce dall’esempio di quell’eroe”. E da “questo Governo – assicura – criminali e mafiosi non avranno altro che disprezzo e inflessibilità”.
Anche grazie a una giustizia che venga messa nelle condizioni di funzionare: “Con una effettiva parità tra accusa e difesa e una durata ragionevole dei processi, che non è solo una questione di civiltà giuridica e di rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, ma anche di crescita economica”. E senza tralasciare il dramma delle carceri: “Dall’inizio di quest’anno sono stati 71 i suicidi in carcere. E’ indegno di una nazione civile, come indegne sono spesso le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria”.
Uno dei passaggi più attesi, sui quali tornerà anche in replica, è quello sulla sicurezza e sull’immigrazione. “Vogliamo fare della sicurezza un dato distintivo di questo esecutivo” e “sicurezza e legalità, certo, riguardano anche una corretta gestione dei flussi migratori. Secondo un principio semplice: in Italia, come in qualsiasi altro Stato serio, non si entra illegalmente, si entra solo attraverso i decreti flussi”. Ovvero “fermare le partenze illegali, spezzando finalmente il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. La nostra intenzione è sempre la stessa. Ma se non volete che si parli di blocco navale, lo dirò così – dice volgendo lo sguardo alle opposizioni – : è nostra intenzione recuperare la proposta originaria della missione navale Sophia dell’Unione Europea che nella terza fase prevista, anche se mai attuata, prevedeva proprio il blocco delle partenze dei barconi dal nord Africa”.
Temi divisivi, che faranno discutere. In grado di sollecitare la risposta dell’opinione pubblica, soprattutto dei giovani. “Confesso che difficilmente riuscirò a non provare un moto di simpatia anche per coloro che scenderanno in piazza contro le politiche del nostro governo – ammette il premier -. Mi torneranno inevitabilmente alla memoria le mille manifestazioni a cui ho partecipato con tanta passione. Senza mai prendere ordini da alcuno. Al famoso ‘Siate folli, siate affamati’, di Steve Jobs, io vorrei aggiungere ‘siate liberi’. Perché è nel libero arbitrio la grandezza dell’essere umano”.
Anche se, tra le critiche mosse, ce n’è qualcuna che sembra proprio non andarle giù. Sarà per questo che, nel corso della replica, Meloni si toglie un sassolino dalla scarpa, quasi a liberarsi da un boccone indigesto: “In questi giorni si è fatto un gran parlare, grandi polemiche sull’uso de ‘il presidente’ o ‘la presidente’, ma io non ho mai pensato che la grandezza delle nostre battaglie si misuri nel farsi chiamare ‘capotrena’, ho pensato che fossero ben altri i temi su cui occorreva battersi”.