Se la Corte Suprema degli Usa annullasse i verdetti dei tribunali statali e federali contro Donald Trump (come quello della Corte d’Appello Federale del 6 febbraio 2024) e determinasse che l’ex presidente americano fosse “above the law” (al di sopra delle legge) quando ha istigato il mancato colpo di stato nel gennaio del 2021 (con tanto di insurrezione al Campidoglio), gli Usa non eleggeranno un presidente, ma un re.
Per continuare a regnare, possibilmente come Donald I (ma sicuramente preferirà Trump I, considerando come ci tiene al brand), non avrà bisogno di riproporre i metodi perfezionati da autoritari come Vladimir Putin (Russia), Xi Jinping (China) e l’ayatollah Ali Khamenei (Iran), ma semplicemente cercando di far annullare il 22esmo emendamento della Costituzione Usa.
Questo emendamento, approvato dal Congresso Usa nel 1947 e ratificato da soli 36 stati nel 1951, limita a due i mandati del Presidente. E non sarà la prima volta che si è cercato di abrogare questo emendamento (presentato dopo che il Presidente Franklin D. Roosevelt venne eletto per ben quattro volte). Infatti, il primo tentativo di abrogarlo avvenne nel 1956, e negli anni successivi si è tentato di abrogarlo per ben 54 volte. Se l’abrogazione non dovesse funzionare, Donald I (o Trump I) potrebbe far leva sullo stesso 22mo emendamento (ed il precedente 12mo emendamento), che non limita il numero dei mandati del vice presidente.
In questo caso, Donald I potrebbe dare magnanimamente il titolo di Presidente ad un suo surrogato, mantenendo di fatto il trono in qualità di Vicepresidente (in effetti replicando ciò che Putin fece con il suo vice, Dimitry Medvedev). Come ultima risorsa, potenzialmente legale, Donald I potrebbe impugnare il fatto che il 22esimo emendamento si riferisce a due mandati consecutivi, pertanto potrebbe benissimo regnare indisturbato per altri otto anni, e magari alla matura età di 87 anni passare il trono a suo figlio, Donald Jr., come Donald II.