L’Agora de la danse e l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal presentano, dal 12 al 14 marzo, presso la sede dell’istituzione artistica al 1435 rue De Bleury, lo spettacolo di danza Gli Anni del coreografo italiano Marco D’Agostin, interpretato dalla ballerina Marta Ciappina. La nostra intervista al celebre artista

MONTRÉAL – L’Agora de la danse, spazio culturale dedicato alla danza contemporanea, fondato nel 1998, è un centro che da sempre promuove la ricerca e la creazione artistica. Situata nel cuore del Quartier des Spectacles, al 1435 rue De Bleury, è diventata un punto di riferimento imprescindibile per residenze artistiche, attività educative e performance di danza. Dal 12 al 14 marzo, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal, ospita lo spettacolo Gli Anni di Marco D’Agostin, interpretato dalla talentuosa ballerina Marta Ciappina.

Marco D’Agostin, 38 anni, ha avuto un percorso insolito nella danza. Inizialmente sciatore di fondo professionista, ha intrapreso la sua formazione artistica solo a 20 anni, trasferendosi a Bologna per studiare in una piccola scuola privata. Da allora, la sua carriera è decollata con tournée in Italia e in Europa, ottenendo prestigiosi riconoscimenti nazionali (Premio UBU, Premio Gd’A, Premio Prospettiva Danza, Premio Scenario) e internazionali (BEFestival, (Re)connaissance, MasDanza, Aerowaves).
Nel corso della nostra intervista per Il Cittadino Canadese, il coreografo ci ha svelato alcuni dettagli della sua opera.
“Sono molto felice di tornare a Montréal – ha esordito – perché questa è la prima volta che porto un mio spettacolo completo. Nel 2013 ho partecipato a un progetto di ricerca coreografica al Circuit-Est e l’anno scorso ho presentato un’anteprima all’Agora de la danse”. D’Agostin ha poi condiviso le sue aspettative sul pubblico della metropoli quebecchese: “Mi aspetto partecipazione emotiva. Lo spettacolo combina eventi tragici e momenti felici. Pur mantenendo un tono ironico e leggero, racconta il dramma di un omicidio, ma in realtà Gli Anni rappresentano il tempo di tutti, narrato attraverso la danza”.
Sul processo creativo, ha rivelato aspetti personali: “Marta, l’interprete, oltre a essere la mia migliore amica, è la più grande danzatrice italiana, una performer eccezionale. È stata lei a chiedermi di raccontare, attraverso la danza, la storia della sua famiglia e di suo padre, ucciso dalla mafia nel 1991. Inizialmente ho esitato, temendo che fosse troppo rischioso per la nostra amicizia, ma poi ho cambiato idea”.
Per la creazione della coreografia, D’Agostin si è ispirato a Les Années (Gli Anni) della francese Annie Ernaux, comprendendo che “raccontare la storia di un individuo significa raccontare quella di tutti”, e agli scritti di Virginia Woolf, in particolare The Waves, che gli hanno trasmesso “il modo di far percepire il passare del tempo, immergendo lo spettatore nella vita di un’altra persona”. Il coreografo ha così strutturato il suo lavoro come “un romanzo che riguarda tutti”.

Il suo obiettivo è intrecciare la grande Storia, quella con la “S” maiuscola – la Storia italiana – con la piccola storia, quella con la “s” minuscola – la storia di Marta. Questo connubio ha permesso di sviluppare temi universali, capaci di risuonare anche in un pubblico straniero, come gli omicidi mafiosi e la lotta per il divorzio. “Il padre di Marta ci ha dato l’opportunità di raccontare una parte della storia italiana che ha analogie con quelle di molti altri paesi occidentali. Questo racconto biografico, in verità, è una storia che parla veramente di tutti noi, cioè lo spettacolo si chiama Gli Anni, perché sono gli anni di tutte le nostre vite che si rispecchiano nella coreografia eseguita da Marta”.
Parlando del linguaggio e dei simboli usati, D’Agostin ha spiegato: “Marta utilizza oggetti di uso quotidiano come indizi, segnalati dai numeri gialli tipici delle scene del crimine, portando gradualmente il pubblico a intuire che c’è qualcosa di più profondo da scoprire”. Il lavoro si articola in due parti: nella prima, “Marta mette in scena i suoi ricordi”, mentre nella seconda, “usa la sua voce per svelare i segreti nascosti nella prima parte. È come un enigma da risolvere: prima emergono gli indizi, poi viene suggerita la loro interpretazione”.

Anche la scelta musicale gioca un ruolo chiave: la colonna sonora è composta da una playlist pop-rock nostalgica. “All’inizio, le musiche si sentono da lontano, frammenti che iniziano e si interrompono subito, come nella memoria: spesso ricordiamo solo parti di una canzone. Nell’ultima scena, invece, c’è un’esplosione di danza e musica, un susseguirsi di brani. Durante tutto lo spettacolo, Marta non segue mai il ritmo della musica in modo didascalico, ma mantiene movimenti enigmatici”.
Abbiamo, infine, riflettuto sul filo conduttore dei lavori di D’Agostin: “Tratto spesso il tema della memoria e dell’estinzione, ma non l’ho scelto consapevolmente. Inizialmente creavo spettacoli su ciò che mi interessava, senza rendermi conto di cosa mi stesse davvero a cuore. Solo più tardi, grazie anche agli altri, ho capito che il mio lavoro si basa sulla memoria, sugli archivi personali e collettivi. Credo che la memoria sia l’unica cosa che nessuno può portarci via e mi piace pensare che il passato sia qualcosa con cui possiamo sempre convivere, soprattutto in un’epoca in cui immaginare un futuro prospero è difficile. Per me, la memoria è un punto di incontro con il pubblico”.
L’incontro con l’arte di Marco D’Agostin e il suo spettacolo Gli Anni offrono al pubblico di Montréal l’opportunità di vivere un’esperienza unica e coinvolgente: la danza si trasforma in un racconto universale capace di esplorare la memoria e la vita attraverso i suoi frammenti più intimi e significativi.