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Giornata del bacio, vietato durante pandemia e oggi la scienza lo riabilita

(Adnkronos) – “Se il bacio, nell’arte, ha sempre rappresentato l’amore in un contesto mistico-erotico, nella medicina è stato inteso in modo divergente, come modalità di rafforzamento del sistema immunitario grazie alla trasmissione di milioni di germi in pochi secondi e, al tempo stesso, come potenziale trasmettitore di infezioni, a volte anche gravi, basti pensare alla mononucleosi o a quei virus respiratori divenuti protagonisti nell’era Covid. Per non parlare, poi, delle nuove frontiere che l’analisi del microbiota salivare offre a proposito di germi cariogeni, eventualmente scambiabili, come streptococchi, lattobacilli e actinomiceti. E’, tuttavia, impensabile una demonizzazione del bacio perché si tratterebbe di avversare ogni sacrosanta tensione di socialità e consolidamento delle relazioni affettive”. Così all’Adnkronos Salute l’immunologo Mauro Minelli della Fondazione per la medicina personalizzata. Domani è la Giornata internazionale del bacio.  

“Quindi, per quanto sia talvolta da dispensare con prudente accortezza, per esempio a neonati o a persone immunologicamente defedate – precisa l’esperto – resto fermamente convinto del fatto che il bacio debba continuare ad essere un modo per manifestare e diffondere buoni sentimenti e sensazioni positive”.  

La mononucleosi o ‘malattia del bacio’ “è causata nella maggior parte dei casi dal virus Epstein-Barr (Ebv), più raro il Citomegalovirus (Cmv). L’80% degli adulti ha gli anticorpi per l’Ebv, lo troviamo nella saliva di soggetti adulti che non sono consapevoli di averlo. E’ ribattezzata la malattia del bacio proprio perché i neonati prendono l’infezione dal bacio di un adulto, da qui la raccomandazione delle mamme di non baciare i bebè sulla bocca, ma l’Ebv si trova in tutti gli oggetti dove si posa la saliva, dai giochini che i neonati si mettono in bocca alle posate”. Lo spiega il virologo Mauro Pistello, direttore dell’Unità di virologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa e vicepresidente della Società italiana di microbiologia.  

Come si fa la diagnosi di mononucleosi? “Dall’analisi dei globuli bianchi e poi ci sono marcatori specifici per l’Ebv – risponde il virologo – Questo virus causa quella che si chiama linfocitosi, infetta i linfociti e li stimola a proliferare in modo incontrollato, quasi li ‘immortalizza’. Dall’altra parte il sistema immunitario interviene con le cellule T che vanno a distruggere il virus che, se non fosse tenuto sotto controllo, potrebbe anche portare a linfomi e leucemie. Ma nella maggior parte delle persone i sintomi sono una febbre che può durare per parecchio tempo, anche 2 settimane, un mal di gola con placche biancastre, una stanchezza persistente. In casi rari negli adulti può portare ad un ingrossamento della milza, ma in un soggetto immunocompetente tutto si risolve rapidamente, mentre i bambini possono essere completamente asintomatici anche se il virus li contagia già nei primi mesi proprio con il bacio degli adulti”.  

Se la malattia del bacio in chi la prende da ragazzo può al massimo far saltare la scuola, in alcune parti del mondo, come l’Africa, “può dare nei soggetti con problemi del sistema immunitario dei linfomi che però rispondono bene alla chemioterapia”. Per affrontare la mononucleosi “non c’è un terapia specifica, si risolve senza strascichi – conclude Pistello – Si stanno valutando delle immunoglobuline, ma ancora non è chiaro se funzionino o meno. Il virus Epstein-Barr vive molto in equilibrio con l’organismo umano, sa nascondersi e annidarsi molto bene, quindi non è facile ‘beccarlo’. Ci sono studi anche su un possibile vaccino, ma siamo ancora lontani”.  

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