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Gaza, tre britannici tra i 7 operatori Wck uccisi. Manifestanti sotto casa di Netanyahu: “Dimissioni”

(Adnkronos) – Ci sono tre cittadini britannici tra i sette operatori umanitari uccisi nel raid israeliano contro un convoglio di aiuti della Ong World Center Kitchen a Gaza. Le altre quattro vittime – riferisce la Bbc che pubblica i nomi dei volontari inglesi John Chapman, James Henderson e James Kirby – provenivano da Polonia, Australia, Canada e Stati Uniti.  

Il primo ministro britannico Rishi Sunak ha telefonato al premier israeliano Netanyahu al quale ha detto di “essere rimasto sconvolto dall’uccisione di operatori umanitari, tra cui tre cittadini britannici, in un attacco aereo a Gaza ieri e ha chiesto un’indagine indipendente approfondita e trasparente su quanto accaduto”, ha reso noto Downing Street. “Il primo ministro (Sunak, ndr) ha detto che troppi operatori umanitari e civili hanno perso la vita a Gaza e che la situazione è sempre più intollerabile”. 

Usa “indignati” 

”Siamo rimasti indignati nell’apprendere di un attacco dell’Idf che ha ucciso diversi operatori umanitari civili della World Central Kitchen, che ha lavorato incessantemente per fornire cibo a coloro che soffrono la fame a Gaza e, francamente, in tutto il mondo”, ha detto il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, in una conferenza stampa. ”Inviamo le nostre più sentite condoglianze alle loro famiglie e ai loro cari”, ha aggiunto. In merito all’indagine sull’incidente, Kirby ha detto che ”ci auguriamo che tali risultati vengano resi pubblici e che venga assunta un’adeguata responsabilità”.  

A far salire la tensione tra Usa e Israele c’è anche l’attacco sferrato contro il consolato iraniano in Siria. Il Pentagono, ha spiegato la portavoce Sabrina Singh, ha contattato l’Iran il giorno dopo il raid aereo contro il consolato di Teheran a Damasco e ha chiarito che non è coinvolto nell’attacco. “Abbiamo spiegato molto chiaramente all’Iran, attraverso canali privati, che non siamo responsabili dell’attacco avvenuto a Damasco”. Singh ha aggiunto che, ”data la forte tensione nella regione, volevamo rendere molto chiaro, anche attraverso canali privati, che gli Stati Uniti non erano coinvolti nell’attacco a Damasco”. Secondo gli Stati Uniti, è Israele ad avere la responsabilità dell’attacco. Ma, allo stesso tempo, la portavoce ha detto che ”non siamo stati informati dagli israeliani del loro attacco o dell’obiettivo previsto del loro attacco a Damasco”. 

Intanto in Israele monta la protesta contro il governo. Nella serata di martedì migliaia di manifestanti sono riusciti a superare i cordoni di sicurezza posti dalla polizia israeliana e hanno raggiunto l’ingresso della casa del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad Aza Road, a Gerusalemme. Lo riferiscono i media israeliani che condividono i video della marcia. Sventolando bandiere israeliane e tenendo alte le torce, i manifestanti hanno chiesto le dimissioni del premier, nuove elezioni e un accordo che possa riportare in patria gli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. In testa ai manifestanti ci sono proprio i familiari degli ostaggi. 

E centinaia di manifestanti hanno protestando, per il terzo giorno consecutivo anche davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano a Gerusalemme, chiedendo il rilascio immediato degli ostaggi ancora nella Striscia di Gaza, le dimissioni di Netanyahu e le elezioni generali. Durante la marcia sono stati alzati cartelli con la scritta “riportateli a casa” e “fermate la guerra”. 

Intanto l’Autorità nazionale palestinese ha inviato al segretario generale delle Nazioni Unite una lettera che rinnova la sua richiesta di adesione alle Nazioni Unite. E’ quanto riferisce la stessa Autorità in post su ‘X’. “Oggi, lo Stato di Palestina, e su istruzioni della leadership palestinese, ha inviato una lettera al segretario generale chiedendo di riconsiderare la domanda di adesione”, sottolinea l’Autorità. Nella lettera allegata al post, il rappresentante palestinese Riyad Mansour fa riferimento alla domanda iniziale del settembre 2011 e chiede una nuova valutazione questo mese.  

Nel settembre 2011, l’Autorità Palestinese, ricorda la ‘Cnn’, non è riuscita a ottenere il riconoscimento delle Nazioni Unite come Stato membro indipendente. Un anno dopo, l’Onu ha deciso che lo status dell’Autorità palestinese di “entità osservatore non membro” sarebbe stato cambiato in “stato osservatore non membro”. 

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