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Roma, 19 dic. (Adnkronos/Labitalia)
L’apprendimento intergenerazionale in azienda passa anche attraverso nuovi strumenti: per codificare e trasferire le conoscenze fra lavoratori senior e generazione Z (ma non solo…) un’impresa su quattro utilizza video, il 21% ricorre alle pillole formative, strumenti flessibili e di facile accesso che ben si coniugano alle modalità di comunicazione e fruizione scelte dai giovani.
Non solo: il 14% delle realtà hanno sperimentato sistemi strutturati di knowledge management, mentre sono il 7% le imprese che utilizzano piattaforme di social collaboration e altrettante ricorrono a wiki, vere e proprie ‘enciclopedie open’ del know how aziendale redatte dal basso con il contributo di tutti i collaboratori.
Queste solo alcune delle evidenze emerse da una rilevazione su 150 aziende vicentine realizzata nell’ambito dell’iniziativa strategica di Fondirigenti cross generation learning: le condizioni organizzative e formative per un apprendimento efficace, un progetto di Federmanager Vicenza e Confindustria Vicenza realizzato da Niuko innovation & knowledge, società di formazione di Confindustria Vicenza.
“Il supporto al management nei processi di innovazione e apprendimento organizzativo è uno degli obiettivi prioritari di Fondirigenti, il fondo interprofessionale di Confindustria e Federmanager per la formazione continua dei dirigenti – spiega il direttore generale Massimo Sabatini – perché permette di valorizzare appieno il ruolo del manager come promotore dello sviluppo dell’impresa, soprattutto in tempi complessi e incerti, quali quelli che stiamo vivendo”.
“Un ruolo – commenta – tanto più efficace quanto più il manager è in grado di presidiare con proattività i processi di valorizzazione e trasferimento delle competenze tra le diverse generazioni in azienda, garantendo al tempo stesso attrattività per i talenti, engagement di tutte le risorse umane, e performance positive per tutto il team. una sfida di non poco conto, nella quale Fondirigenti affianca le 14mila imprese aderenti e i loro 80mila manager, aiutando le une e gli altri ad individuare competenze prioritarie, modelli operativi e buone prassi da seguire. Non a caso, questi progetti prendono il nome di Iniziative strategiche, tra le quali rientra il progetto Cross generational learning, sviluppato in collaborazione con Confindustria Vicenza e Federmanager Vicenza: iniziative di grande rilevanza, con le quali il Fondo vuole dare un contributo concreto per la crescita della cultura manageriale del nostro paese”.
Gli esiti del percorso – che ha affiancato alla rilevazione quantitativa due focus group qualitativi e 26 interviste in profondità a imprenditori, manager e responsabili risorse umane – sono raccolti in un e-book ora disponibile sul sito Niuko nella sezione E-book.
La ricerca, presentata giovedì 15 dicembre nel corso dell’evento conclusivo dell’iniziativa strategica, ha coinvolto aziende di medie e grandi dimensioni con un fatturato medio di 80 milioni, tra i settori di appartenenza prevalgono le imprese metalmeccaniche (39%).
Se gli strumenti digitali costituiranno probabilmente il futuro della condivisione delle conoscenze nelle imprese e nelle organizzazioni, oggi, invece, l’incontro tra persone è la metodologia maggiormente diffusa. Oltre il 63% delle aziende che hanno progetti intergenerazionali scelgono l’affiancamento, in alcuni casi nella fase di onboarding, come emerso dalle interviste, con una figura di tutor – chiamata anche buddy – che non ha una relazione gerarchica con il collaboratore e che fa riferimento ad un’altra area aziendale. Il 58% dei rispondenti utilizza la formazione sul lavoro. Sono entrambe metodologie che consentono la condivisione di saperi e conoscenze: un approccio pratico ben si coniuga con la cultura del fare presente nelle piccole e medie imprese venete. Il reverse mentoring, ovvero la scelta di investire i giovani della responsabilità della diffusione di competenze digitali verso i colleghi senior, è adottato nell’11% del campione.
Ma le forme di apprendimento intergenerazionale non sono legate solo a progetti strutturati: “Nelle attuali fasi di rapido cambiamento – spiega Salvatore Garbellano docente a contratto di Economy and business organization al Politecnico di Torino e responsabile scientifico del progetto – i progetti di open innovation hanno spinto le imprese ad aprirsi verso forme di collaborazione con partner molto diversi da quelli usuali. Le fonti di nuova conoscenza si sono estese a soggetti che operavano all’esterno e ai confini del loro know how: alle start up, alle università e alle società fondate da giovani ricercatori”.
Se il 33% delle aziende si sono aperte a collaborazione con realtà formative del territorio, un altro 7% ha attivato forme di collaborazione, ha acquisito o promosso startup interne. Nella maggior parte dei casi i progetti legati all’apprendimento intergenerazionale vengono attivati per garantire il trasferimento di conoscenze in occasione dell’uscita di un collaboratore, il 31% è collegato alle nuove tecnologie produttive, un altro 19% allo sviluppo prodotto, tema emergente in questo ambito.
Al nodo dell’apprendimento intergenerazionale sono necessariamente collegati i temi, più che mai attuali, dell’attraction e della retention. Le imprese che hanno raggiunto i migliori risultati in termini di fidelizzazione dei giovani – aggiunge Garbellano – sono quelle che hanno investito nella formazione continua e sono riuscite a conciliare aspetti che possono sembrare in contraddizione: creare spazi di autonomia e allo stesso tempo fornire loro supporto; fornire strumenti di lavoro e di collaborazione digitali, ma allo stesso tempo creare occasioni per incontri informali da cui possono nascere nuove idee e soluzioni. In una società caratterizzata da rapide accelerazioni e rallentamenti causati da eventi imprevisti e talvolta imprevedibili la capacità delle imprese di attrarre e fidelizzare i giovani si gioca sulla capacità del management di gestire situazioni apparentemente contrarie tra bisogni dell’organizzazione e bisogni individuali, tra razionalità e intelligenza emotiva”.
“La prima impressione – aggiunge Fabio Pierobon specialist imprenditorialità, managerialità, innovazione di Niuko – che emerge al termine del viaggio di otto mesi che ci ha visti impegnati con questa ricerca è che gli ultimi anni abbiano richiesto alle imprese di diventare organizzazioni più empatiche. È un impegno sempre più sistematico per le risorse umane quello di abbinare al megafono dei social media e di altre iniziative di employer branding lo stetoscopio della comprensione del riverbero reputazionale di quanto l’impresa fa o non fa verso i collaboratori, l’ambiente, gli stakeholders”.
“Un secondo ambito di attenzione – sottolinea – riguarda i collaboratori: ho trovato spesso un ascolto organizzato con metodo, ad esempio imprese che gestiscono ogni anno centinaia di colloqui di almeno un’ora a favore di tutta la popolazione aziendale o che si dotano di tecnologie di ascolto “continuo” basato sull’intelligenza artificiale e su app che rappresentano un’alternativa più immediata alle classiche analisi di clima periodiche”.
“In alcuni casi – spiega – l’ascolto si estende alla fase di uscita dei collaboratori: non è opportuno generalizzare, ma mi sembra di vedere alcuni cambiamenti significativi nella funzione hr, che in tempi di perdita di collaboratori chiave e di relativo know-how, di irreperibilità di competenze e di situazioni di malessere organizzativo, vede innanzitutto aumentare il riconoscimento del proprio impatto sulla competitività dell’impresa”.