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Flisi (Cirfood): “I Cam della ristorazione hanno delle criticità”

(Adnkronos) – “Il tema dei Cam”, cioè dei Criteri ambientali minimi, “può essere inquadrato nell’ambito del cosiddetto Green Public Procurement (Gpp), lo strumento dell’Unione europea pensato per orientare la domanda pubblica verso servizi e beni a ridotto impatto ambientale. In Italia, il Gpp si è concretizzato attraverso decreti ministeriali che definiscono i Cam. Tra questi, i Cam della ristorazione, entrati in vigore nell’agosto 2020, durante la pandemia, hanno introdotto specifici requisiti per diverse tipologie di servizio, come la ristorazione scolastica, aziendale e sociosanitaria”. Questi criteri presentano però “delle criticità” e “variabilità interpretative”. Così Anna Flisi, Quality, Health & Safety and Environment Manager Cirfood, intervenendo al Secondo Summit della Ristorazione Collettiva, oggi, al Cirfood District di Reggio Emilia in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, che si celebra il 16 ottobre. 

“I Cam della ristorazione sono suddivisi in due categorie: clausole contrattuali e criteri premianti – spiega Flisi – Le clausole contrattuali rappresentano i requisiti di base da rispettare per la presentazione dell’offerta, disciplinando aspetti come le percentuali minime di materie prime biologiche o ittiche e modalità per ridurre lo spreco alimentare, monitorare le eccedenze e incentivare l’uso di attrezzature energeticamente efficienti. I criteri premianti, invece, sono particolarmente rilevanti per l’assegnazione degli appalti, che avviene sulla base del principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, composta da un elemento quantitativo, ossia il prezzo, e uno qualitativo, ovvero il progetto tecnico. Il punteggio qualitativo si basa sui Cam, con particolare attenzione alla richiesta di prodotti da agricoltura biologica e a chilometro zero o filiera corta”. 

Tuttavia, “le definizioni di chilometro zero e filiera corta sono state oggetto di interpretazioni divergenti – osserva Flisi – I Cam, inizialmente, contenevano una definizione univoca ma, successivamente, i vari disciplinari di gara hanno personalizzato queste definizioni, portando a interpretazioni distanti da quelle originarie. La situazione si è ulteriormente complicata con l’introduzione della legge 61 del 2022, che ha ridefinito i concetti di chilometro zero e filiera corta senza abrogare i Cam, generando confusione”. 

Questa “variabilità interpretativa rappresenta un problema significativo – rimarca l’esperta – Un’impresa di ristorazione come Cirfood, che partecipa a circa 400 gare d’appalto all’anno, deve capire come vengono interpretati i Cam in ogni gara e adattare l’offerta di prodotti di conseguenza. Anche le commissioni di gara si trovano a dover giudicare le offerte in un contesto di incertezza interpretativa. Ciò ha portato a un aumento della richiesta di documentazione e certificazioni per oggettivare il lavoro delle commissioni, aggravando il carico burocratico, soprattutto per i piccoli produttori”. 

Questo scenario “non favorisce nessuno degli attori coinvolti nella filiera e rischia di compromettere la qualità del servizio – sottolinea Flisi – La difficoltà di reperire i prodotti conformi ai Cam e la sostenibilità economica rappresentano ulteriori criticità. Se non si riescono a garantire le percentuali richieste di biologico, chilometro zero e filiera corta, i fornitori possono trovarsi di fronte a due opzioni: non offrire il prodotto, con il rischio di non aggiudicarsi la gara, o offrirlo e successivamente dover chiedere deroghe durante l’erogazione del servizio. Questa situazione – conclude – pone le imprese di ristorazione in una posizione delicata, obbligandole a fare scelte che potrebbero compromettere sia la partecipazione alle gare che la qualità del servizio offerto, una condizione che coinvolge non solo Cirfood, ma tutti gli operatori del settore”. 

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