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Filo diritto di Nicola Di Iorio: segreto, silenzio, nascondiglio e incomprensione

Si dice che un segreto sia qualcosa da ripetere ad una persona alla volta. La Corte d’Appello ci ha fatto sapere che non accetta di mantenere un segreto, pur continuando a mantenere il massimo riserbo su alcuni fatti, che restano tuttora nascosti.

Una persona – non si sa bene se sia un uomo o una donna – è accusata di aver commesso un reato. Non sappiamo che tipo di reato. Le vengono mosse delle accuse, ma la natura delle accuse è sconosciuta. Si è tenuto un processo. Non sappiamo dove si sia svolto, chi sia stato il giudice e nemmeno chi siano stati i testimoni e gli avvocati. Sebbene sia impossibile celebrare un processo in Canada senza che abbia un numero di caso, quello di cui stiamo parlando ne è sprovvisto. Sappiamo che i testimoni non hanno testimoniato in aula. Il, o la, giudice non ha visto, né sentito il testimone. Eppure questo è essenziale per giudicare la credibilità di un testimone! In questo caso, il giudice del processo determinerà comunque in cosa può credere e a chi può credere.

Come potete notare, stiamo brancolando nel buio. La domanda da porsi è la seguente: quanti processi di questo tipo ci sono stati in Canada? Dico in Canada, perché, nonostante il processo si sia svolto con ogni probabilità in Québec, non sappiamo nemmeno se coinvolge il Dipartimento di Giustizia del Québec, o il Dipartimento di Giustizia del Canada (vi risparmio l’importante sfumatura con il Procuratore generale).

La questione di sapere quanti processi di questo tipo ci siano stati è importante, perché il numero sarebbe rimasto segreto per sempre, se non fosse successo qualcosa che, però, si sarebbe dovuto considerare prima ancora che tutto questo processo iniziasse: l’imputato ha deciso di impugnare in appello il verdetto.

Ricordiamoci che un processo presso la Corte del Québec, o presso la Corte Superiore – non sappiamo nemmeno quale sia – è presieduto da un solo giudice. Un ricorso alla Corte d’Appello, invece, coinvolge ben tre giudici. Ciò fa sì che sia più difficile mantenere la segretezza.

Ma, soprattutto, va ricordato fino a che punto questo processo segreto e – probabilmente non lo sapremo mai – tutti gli altri che si sono tenuti allo stesso modo, rappresentino un’aberrazione nel nostro sistema giudiziario. Siamo giustamente orgogliosi di poter dire che viviamo in una democrazia liberale in cui coloro che detengono il potere, così come l’autorità, sono responsabili nei confronti dei cittadini a cui impongono la Legge. Affinché questo sistema funzioni, i cittadini devono quindi avere accesso a informazioni sufficienti per formarsi un’opinione sul funzionamento dell’istituzione. Nel caso dei tribunali, i cittadini devono avere libero accesso ai Palazzi di giustizia ed ai processi che vi si svolgono. Può succedere che alcune informazioni debbano essere mantenute segrete. Pensiamo, ad esempio, al processo di una persona accusata di spionaggio. I segreti rivelati nel corso del dibattimento non saranno resi pubblici, altrimenti non avrebbe senso punire poi la persona giudicata colpevole di aver commesso il reato. Il cittadino avrà comunque accesso a tutto il resto, compresi, e prima di ogni cosa, la sentenza e le motivazioni addotte dal giudice. Niente di tutto ciò è stato fatto nel caso in questione.

Nella fattispecie che ci inquieta, l’imputato era un informatore della polizia. La polizia e l’informatore in questione hanno tenuto diversi incontri. La polizia ha deciso di smettere di servirsi della persona come informatore. Tuttavia, nel frattempo, l’informatore aveva confessato di aver commesso un reato nel passato. I poliziotti hanno quindi chiesto che la persona fosse incriminata e ne è seguito il processo di cui stiamo parlando.

Nel nostro sistema di giustizia penale, gli informatori della polizia rivestono un ruolo importante, perché consentono alle forze dell’ordine di ottenere prove a cui altrimenti non avrebbero accesso. Spesso, quindi, gli informatori provengono da ambienti criminali e riferiscono alla polizia informazioni che la polizia non può ottenere diversamente. È quindi essenziale mantenere segreta l’identità degli informatori, allo scopo diproteggerli. Quello che è stato trascurato nel caso successo di recente è che, oltre a proteggere l’informatore, va salvaguardato anche il sistema giudiziario. Ed è proprio questo che la Corte d’Appello ha voluto ricordarci.

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