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Emilia Romagna, dal temporary management competenze per gestire fondi Pnrr

(Adnkronos) – Come supportare lo sviluppo delle pmi introducendo competenze manageriali. Questo il tema dell’ottava tappa, svoltasi a Bologna, di un roadshow partito nel 2020-21, organizzato da Aidp, Andaf e Iim institute of interim management, con la collaborazione di Confapi e Emil Banca e la moderazione di Sergio Luciano (Economy). 

Maurizio Quarta (Temporary Management & Capital Advisors) evidenzia come “la strutturale sottomanagerializzazione delle nostre pmi porti con sé il rischio di un parziale utilizzo delle risorse finanziarie del Pnrr: secondo una recente indagine Unioncamere-Centro studi Guglielmo Tagliacarne l’80% delle pmi non ha a piano di utilizzare le risorse allocate”. 

“Tanti – sottolinea – sono gli impegni delle pmi (digitalizzazione, economia circolare, gestione finanziaria, internazionalizzazione, gestione del capitale umano), a fronte di risorse manageriali scarse: in questo contesto, il temporary management viene sempre più apprezzato dalle pmi come uno strumento quasi ottimale per portare in casa competenze di alto livello immediatamente operative e capaci di operare in contesti straordinari con il risultato di accrescere le capacità delle persone, che saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di farne di nuove”. Tra le nuove sfide, avverte: “il ridisegno delle grandi filiere della manifattura e il tema della sostenibilità come fattore di vantaggio competitivo”. 

Sul tema della gestione finanziaria, Giancarlo Veltroni e Paolo Fanti di Andaf sottolineano come “un cfo competente e costantemente aggiornato sia un fattore di successo per la pmi che desidera crescere e svilupparsi correttamente nel business, come attesta la licenza ottenuta dall’ex Mise per rilasciare l’attestazione di qualità e qualifica professionale del ruolo nonché la certificazione del profilo professionale”. Andaf, come anche Aidp, ha creato un gruppo interregionale per lo sviluppo delle competenze manageriali nelle pmi. 

Secondo Aurelio Luglio (Aidp) “le pmi sono estremamente competenti e concentrate sulla produzione di beni e servizi, ma hanno ancora poca dimestichezza con i moderni strumenti di gestione dei loro dipendenti/collaboratori e le aspettative dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro”. 

Federico Cocchi (Confapi), ha operato una differenziazione tra “pmi che operano in nicchie di mercato caratterizzate da scarsa competizione in cui il tmanager diventa valore aggiunto, strategico e determinante per preparare il titolare a traghettare la propria azienda nelle mani delle generazioni successive e pmi per le quali la crescita è una condizione necessaria, che richiede le competenze forti di un tman capaci di rispondere al cambiamento che il mercato impone e trasformando le difficoltà in opportunità”. 

Gianni Tugnoli (Manageritalia), attraverso l’analisi di un caso di Wbo (Workers buy out) ha dato rilevanza ad uno strumento ancora poco noto e alle competenze necessarie per poter pianificare e gestire con successo questo tipo di operazioni. Per Andrea Molza (Federmanager) il punto focale è “l’adeguatezza delle competenze manageriali all’azienda che ne beneficia. Crescere in una sola azienda non fa diventare manager, ma persona di fiducia che sposa l’azienda, ma proprio perché ne ha vista solo una spesso non acquisisce quella sensibilità e flessibilità necessarie in un contesto in costante evoluzione. In futuro dovremmo vedere pmi che competono con successo nel mondo perché hanno imparato a investire e a delegare a manager (dirigenti o quadri) adeguatamente formati da precedenti esperienze magari in multinazionali pronti a fare la loro parte con impegno e onore e ad impegnarsi su un progetto condiviso consapevoli che nel futuro il successo della propria azienda dovrà essere anche sostenibile. In questo contesto un tmanager può essere un acceleratore per riallineare l’azienda con un mercato che cambia”.  

Paolo Francia (Emil Banca) pone l’accento sulla capacità di dialogare con il sistema bancario: “la banca valuta ma non entra nella definizione della strategia d’impresa. Risponde alle richieste ed articola le forme di sostegno economico necessarie. Ma un dialogo costruttivo e tempestivo con l’impresa esigerebbe da parte degli imprenditori un certo grado di consapevolezza almeno indicativamente su alcune aree tematiche: piani di sviluppo e strategici; centrale dei rischi e banche dati, bilancio (equilibri e marginalità, non solo fatturato); bandi ed opportunità di contributi; obiettivi di internazionalizzazione; sostenibilità”. 

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