(Adnkronos) – “Senza infermieri non c’è salute. L’Italia deve dimostrare di essere una nazione che investe sull’infermieristica, i cittadini non possono più aspettare”. E’ il monito-appello che arriva dalla Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) che, in rappresentanza degli oltre 460mila infermieri iscritti all’Albo, chiedono alla politica scelte precise, di assicurare un cambio di passo indispensabile – soprattutto a fronte del momento storico, che vede a rischio la sostenibilità del sistema sanitario – e la possibilità di garantire a pazienti e cittadini adeguate risposte ai mutati bisogni di assistenza e salute. La Fnopi ha dunque messo nero su bianco le sue richieste-proposte rivolte al Parlamento che nascerà dopo il voto del 25 settembre.
Ricordando come “l’emergenza pandemica ha fatto emergere criticità del Servizio sanitario nazionale” e come dunque “alcune modifiche normative appaiano inderogabili a tutela della popolazione”, la Federazione degli Ordini ricorda la drammatica carenza di infermieri nel nostro Paese: ne mancano circa 70mila, anche per far fronte ai nuovi standard fissati dal Pnrr e stabiliti nel Dm 77 di riorganizzazione dell’assistenza territoriale. “Gli infermieri sono pochi rispetto al fabbisogno e la professione è sempre meno attrattiva”, è l’allarme della Fnopi che ha identificato tre priorità inderogabili, inviate alle forze politiche in corsa per le elezioni: incremento della base contrattuale e riconoscimento economico dell’esclusività delle professioni infermieristiche; riconoscimento delle competenze specialistiche; evoluzione del percorso formativo universitario.
I posti messi a bando negli atenei – sottolinea la Fnopi – spesso non sono saturati. Il numero di infermieri richiesti sul territorio non risponde ai numeri di cui l’Italia dispone anche rispetto ai rapporti previsti dalle analisi internazionali (Oms, Ocse ecc.). E di questa situazione, le cause sono da ricercare anche nel mancato riconoscimento valoriale ed economico della professione e nell’assenza di prospettive di carriera.
Le nuove necessità normative per un cambio di rotta sono – per la Federazione degli Ordini delle professioni infermieristiche raggruppabili in tre blocchi. Il primo deve prevedere la valorizzazione della voce contrattuale definita come indennità di specificità infermieristica (voce stipendiale istituita dalla legge di Bilancio 2021 e già individuata contrattualmente), da incrementare di almeno il 30%: oggi gli infermieri italiani sono al 25° posto come media annuale tra i paesi Ocse, seguita solo da altri 8 Paesi. Essenziale è anche il riconoscimento economico dell’esclusività per gli infermieri che lavorano in ambito clinico e con ruolo di dirigenza manageriale nei servizi organizzativi nelle strutture pubbliche e private convenzionate, superando i vincoli dell’attuale legge sul Pubblico impiego, che risale ormai a 21 anni fa, o, in alternativa, consentendo l’esercizio della libera professione extramoenia, in deroga a quanto previsto dalle norme attuali.
Il secondo blocco deve prevedere l’inserimento all’interno dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) della branca specialistica assistenziale per dare uniformità di prestazioni a livello regionale e nazionale, con l’istituzione delle competenze specialistiche che già oggi esistono di fatto, ma che non sono ufficialmente riconosciute agli infermieri (es. Wound Care, management accessi vascolari, stomaterapia, interventi di educazione sanitaria e aderenza terapeutica ecc.). È anche opportuno autorizzare la possibilità di prescrivere alcune categorie di farmaci e ausili/presidi, come strumento per applicare le competenze specialistiche, che rientrano nella sfera di competenza infermieristica come già accade in diversi Paesi Ue: un vuoto normativo che rende anche difficile la libera circolazione omogenea dei professionisti in Europa secondo la direttiva 2013/55/Ue. E per le competenze specialistiche, è urgente il riconoscimento formativo, organizzativo, contrattuale e di carriera della figura dell’infermiere di famiglia e comunità, professionista responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e comunitario.
Il terzo blocco riguarda la valorizzazione della formazione infermieristica negli atenei, con l’istituzione di lauree magistrali a indirizzo clinico e scuole di specializzazione. Inoltre – sostiene Fnopi – si dovranno legare i posti del corso di laurea e delle lauree specialistiche al fabbisogno del sistema salute. Per questo, è necessario prevedere il finanziamento della docenza universitaria e aumentare il numero dei professori-infermieri (il rapporto docente/studenti è 1 a 1.350 per gli infermieri, contro altre facoltà sanitarie dove è 1 a 6).