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Due celebri specialità militari dell’Esercito Italiano: doppio riflesso dell’indole del popolo italiano

La conformazione geologica della Penisola italiana non ha determinato soltanto ecosistemi che, con i secoli, hanno favorito lo sviluppo di una flora, di una coltura e attività particolari. A loro volta questi “ambienti” hanno determinato un carattere, un’anima particolare nelle popolazioni. Millenni, secoli hanno inciso e modellato indole e caratteri particolari delle rispettive popolazioni.

È stato giocoforza se, nella storia d’Italia, specialmente a partire dall’Ottocento, i risvolti bellici dei vari Moti rivoluzionari, e più tardi nel confronto diretto col nemico nell’ambito del Risorgimento italiano, abbiano favorito i primi reclutamenti di truppe specializzate, a seconda delle zone strategiche di operazioni militari. Di conseguenza, nell’Arco alpino, specialmente nella zona orientale confinante con l’Impero austro-ungarico, maggiore ostacolo all’unificazione della Penisola, erano necessari elementi di truppa, familiari e assuefatti all’ambiente alpino, da poter contrapporre ai famigerati Alpenjager austroungarici; mentre nelle valli, nei valichi e nelle pianure si rendeva necessaria una truppa d’assalto celere. Per arrivare a questo, nel 1835 il capitano La Marmora presentò direttamente al re Carlo Alberto di Savoia una proposta più dettagliata denominata “Proposizione per la formazione di una compagnia di Bersaglieri e modello di schioppo per il loro uso”,  dove, in alternanza all’Alpino, descriveva la formazione di un nuovo soldato estremamente allenato, dotato di grande spirito ed entusiasmo, ben armato, ottimo tiratore capace di bersagliare il nemico in qualsiasi situazione e luogo, disciplinato e pronto al sacrificio.

Nella prima immagine: a distanza di un secolo, la figura dell’Alpino ancora è rappresentata vigile della nostra frontiera alpina. Nella seconda immagine: tutta la generosa veemenza e impetuosità del Bersagliere!

Ecco il decalogo, le caratteristiche salienti del Bersagliere: “Obbedienza, rispetto, conoscenza assoluta della propria carabina, molto esercizio nel tiro, ginnastica di ogni genere fino alla frenesia, cameratismo, sentimento della famiglia, amor di Patria, fiducia in sé stessi fino alla presunzione”. Ed ecco affacciarsi due compagini militari, due volti dell’indole del Popolo italiano: l’Alpino e il Bersagliere, i figli della montagna e i figli dei borghi, dei villaggi e delle campagne. Due anime: la montanara e la rurale. Questo non vuol dire che esiste una linea di demarcazione netta in quanto alle regioni di arruolamento passato e presente. Molti meridionali, specialmente abruzzesi, hanno arborato e fatto onore alla Penna Nera; come altrettanti giovani, dalla Val Padana alla Sicilia, son caduti baciando le piume del loro leggendario cappello bersaglieresco. Queste peculiarità rendono storici questi due corpi militari dell’Esercito Italiano, quelli che meglio riassumono il carattere del popolo italiano. Due compagini che risultano essere il prodotto di due nature, due mentalità della popolazione della Penisola. Da una parte, quella alpina e montanara, determinata da un ambiente particolare: la maestà delle vette, le ridenti vallate e una natura severa, ammaliatrice, affascinante e fatale, che ha determinato e formato l’anima alpina e montanara. L’alpino, la Penna nera, è figlio della montagna, la quale, generazione dopo generazione ha modellato uno spirito e impresso un carattere particolare alle popolazioni appenniniche e dell’arco alpino. È la montagna e le sue leggi che hanno impresso nell’Alpino quella severa pacatezza che lo contraddistingue. Montanaro è il passo grave e cadenzato delle truppe alpine; montanara è la proverbiale costanza delle Penne nere, risultato di una natura abituata e assuefatta a leggi severe e fatali, da cui non è possibile prescindere.

Finanche i famosi cori alpini, assieme al pensiero che corre ad ogni stella alpina, ad “ogni bella” che aspetta il ritorno del “bell’alpin’’, alla fine risultano essere esaltazioni rivolte alla montagna. Nei cori più celebri e le loro formidabili partizioni è evidente il riferimento alle “voci della montagna”: l’eco, il vento, il fruscìo delle foglie, vaghi richiami aquilini e improvvisi fragori e schianti, trasportati dall’eco e dal vento, animano il silenzio vigilato da immani portali di roccia. Assieme ad un’anima rurale, questo in genere l’ambiente da cui proviene la maggior parte dei componenti delle truppe alpine dell’esercito italiano: l’Arco alpino e le immacolate vette appenniniche. L’altra compagine militare del nostro esercito, anch’essa riflesso della nostra gente, è senz’altro la figura del Bersagliere. L’ambiente che ha determinato l’ “anima bersaglieresca” è differente da quello alpino. Ubertose e ridenti campagne, un’anima permeata da una millenaria e severa tradizione rurale del passato ha forgiato l’anima di centinaia di migliaia di giovani dello Stivale, future “Penne al vento”. Una natura pur essa ammaliatrice, però rigida nelle regole e dagli imprevisti climatici e atmosferici, ha determinato una volontà di rivincita sugli elementi imprimendo nell’animo di queste popolazioni il senso di sfida, caparbia e dell’osare! 

(Continua)

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