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Del porgere l’altra guancia

Ne sono convinto: il disprezzo della vita degli innocenti priva, colui che quella vita calpesta, di ogni ragione etica, di ogni legittimazione politica e, aggiungerei, di ogni aspirazione a una dimensione religiosamente superiore. La violenza su un solo innocente si sostanzia in una violenza sull’umanità intera. Chi uccide esseri inermi e incolpevoli non ha più il diritto di proclamarsi vicino a Dio. Per dirla alla Kierkegaard, l’uomo pervaso da una dimensione perversamente ‘’estetica’’, schiava dei sensi e della cieca reazione al loro comando, non può che precipitare nell’abisso di un’angusta finitudine. Di conseguenza, egli non è più, responsabilmente ed eticamente, parte di un Tutto, e non può più proclamarsi legato a una dimensione trascendente, religiosa ed eticamente alta. In un gioco a somma zero, in cui alla vincita sostanziale di una delle parti corrisponde una perdita della stessa entità dell’altra, si fa strame dell’idea stessa di umanità. In un mondo dell’ ‘’occhio per occhio, dente per dente’’ non c’è posto per l’idea di giustizia, di pace, di convivenza.

 

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Ma allora, come dovremmo reagire nei confronti di chi ci ha feriti? Tradizionalmente, si pensa che quel ‘’porgere l’altra guancia’’ a chi ci ha offesi sia retaggio evangelico e della tradizione cristiana. Non a caso, l’opinione pubblica israeliana attribuisce a questa massima dell’apostolo Matteo una certa pericolosità in quanto ‘’porgere l’altra guancia’’ finirebbe per incoraggiare la violenza ed il sopruso. Eppure, questa idea precede il pensiero cristiano e si ritrova già nella Tanakh, cioè nei testi sacri dell’ebraismo. Sarebbe interessante leggere la terza Lamentazione della Tanakh e scorgervi riferimenti all’utilità di sopportare il Male (tôv laGever Kiy-ysä olBin’ûräyw s: è bene che un uomo sopporti un giogo in gioventù) e alla necessità che yiTën I’maKëhû lechiy yis’BaB’cher’Päh s, cioè che si sappia porgere l’altra guancia. In queste settimane, assistiamo nella più totale impotenza, ad un’ennesima espressione della banalità del Male (come direbbe Hannah Arendt). Ancora una volta, uomini freddi eseguono diligentemente ordini da un Leviatano che non sembra più rappresentare l’idea di popolo. La Storia sembra non riuscire ad insegnarci nulla. Manzoni direbbe, anche meglio, che ‘’la Storia insegna che la Storia non insegna nulla’’. E soprattutto non si riesce a capire che da questa polveriera non usciranno vincitori. Solo vinti.

 

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