Una sfida più che ambiziosa oggi è rappresentata dall’aumentare la produzione agroalimentare globale per una popolazione che arriverà presto a quota 10 miliardi di persone. Ma non solo. Bisogna produrre di più garantendo anche un’elevata qualità delle produzioni e realizzare tutto questo minimizzando l’impatto ambientale. Ciò è possibile solo con un forte gioco di squadra da parte di tutti gli attori della filiera agricola ed agroalimentare e soprattutto con il decisivo contributo dell’innovazione tecnologica. Una leva che è alla base di qualsiasi nozione di progresso e che in agricoltura, per molto tempo, è stata lasciata un po’ in disparte o peggio, vista con qualche sospetto per un settore legato alla tradizione e al territorio.
Adesso però le prospettive sono completamente cambiate e l’entità delle sfide in campo non rende più possibili tentennamenti quanto piuttosto una chiara sterzata verso l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche in agricoltura.
È in questa ottica che si è tenuto a Napoli, lo scorso 16 maggio, il Meeting Italia-Israele “Techagriculture, l’agricoltura incontra l’innovazione”. Una location tutt’altro che casuale visto che proprio a Napoli dovrebbe nascere, con il contributo dei fondi del PNRR, l’hub nazionale di ricerca in agricoltura con un budget di 400 milioni di euro di investimenti, 30 Università italiane coinvolte e 17 grandi aziende.
Parlare di innovazione tecnologica in un momento in cui le tensioni legate alla guerra stanno riproponendo le difficoltà nell’accesso ai prodotti agroalimentari in tutto il mondo è di fondamentale importanza. Difficoltà che si possono risolvere solo con il ricorso all’innovazione tecnologica in agricoltura. Un terreno sul quale sono stati compiuti grandi passi avanti negli ultimi anni. Infatti, solo tra il 2020 e il 2021 gli incentivi erogati nell’ambito di Agricoltura 4.0 in Italia sono passati da 540 milioni a 1,6 miliardi.
Ma, nonostante questi progressi, solo il 6% delle aziende agricole italiane vi ha potuto accedere. Le problematiche di accesso a questo tipo di incentivi sono legate in gran parte alle limitate dimensioni aziendali. In Italia la dimensione media delle aziende agricole che percepiscono gli aiuti della Politica agricola Comune (PAC) è di 14 ettari. Estensione che scende a soli 8 ettari se si considera anche chi non accede agli aiuti agricoli dell’Unione Europea. Si tratta di dimensioni troppo limitate per sostenere investimenti importanti come quelli che l’innovazione tecnologica richiede. La prospettiva non può quindi che essere quella di creare strutture ad hoc che forniscano servizi tecnologici anche agli imprenditori più piccoli.
Per questo è fondamentale la food security che non è solo assicurare prodotti alimentari in quantità e a costi accessibili ma evitare anche problemi maggiori in termini sociali e politici. Come emerso dal Meeting di Napoli solo l’innovazione tecnologica può consentire di avere cibo a sufficienza in modo sostenibile e sicuro.
Il Meeting di Napoli, inoltre, ha rinsaldato la partnership Italia-Israele cominciando a discutere di come aiutare gli agricoltori e le aziende del Sud Italia nella gestione dell’acqua e delle piante attraverso l’introduzione di innovazioni tecnologiche, partendo dal fatto che le condizioni climatiche dei due Paesi sono simili.
L’obiettivo degli organizzatori è quello di far diventare, con il tempo, l’incontro di Napoli un evento annuale per tutti i paesi del Mediterraneo fino a sviluppare un modello agroalimentare specifico di quest’area del pianeta.
Italia e Israele rappresentano l’eccellenza e devono guidare lo sviluppo agroalimentare del Mediterraneo garantendo un futuro anche a chi oggi rischia di non averlo. Ci sono oggi cittadini del mondo che fanno fatica a procurarsi prodotti alimentari di prima necessità e altri che invece ne hanno troppi. Non si può lasciare nessuno indietro. L’unica possibilità di produrre più prodotti agroalimentari, di qualità e in modo sostenibile è quella di accelerare l’innovazione tecnologica. Pandemia e guerra hanno insegnato l’importanza della sicurezza alimentare. In questa ottica occorre immaginare anche un G20 dell’alimentazione nel quale ragionare di una food policy a livello globale.